Emergenze climatiche e amministrazione delle città. Intervento di Mariangela Danzì del Comune di Genova
"La mancanza di una legge organica di protezione civile e le diverse legislazioni regionali creano sovrapposizioni di ruoli istituzionali". Così la segretaria generale del Comune di Genova Mariangela Danzì sul tema dei fenomeni atmosferici che mandano in tilt le nostre città e sulla tanto discussa chiusura delle scuole: "Le polemiche politiche e mediatiche a cui è stato esposto il Sindaco di Roma per aver disposto la sospensione e non la chiusura delle scuole sono il frutto della mancata percezione del complesso contesto in cui i Sindaci in prima persona si trovano ad agire".
05 February, 2012
Nevica, è tutto gelato: il Sindaco chiude le scuole primarie, il Presidente della Provincia quelle superiori, per lo stadio chi ci pensa? La Lega calcio, o forse l’arbitro, il Prefetto o il Sindaco.
A Novara la Provincia ha disposto la chiusura delle scuole secondarie per problemi inerenti la viabilità, le primarie sono rimaste aperte ed è uscito il sole, stavolta ha avuto ragione il Sindaco!
I fenomeni causati dal cambiamento climatico evidenziano la nostra impreparazione a programmare e gestire l’emergenza. La mancanza di una legge organica in materia di protezione civile e le diverse legislazioni regionali -non sempre complete e coerenti- creano sovrapposizioni di ruoli istituzionali.
E’ noto che l’apertura delle scuole comporta un aumento del traffico, incompatibile con nevicate e ghiaccio sulle strade. Se la scuola ha problemi strutturali si chiude, ma se il problema non è l’agibilità o l’accessibilità della struttura sorge il dilemma. Chiudere una scuola significa mettere in difficoltà i genitori, che non possono raggiungere il proprio posto di lavoro, creando altro pregiudizio alla collettività. Immaginiamo quanti lavorano nei servizi pubblici essenziali: i vigili
urbani, forze di polizia, addetti ad attività sanitarie ed ai trasporti pubblici ect., proprio nel momento in cui, per ovvie contingenze, è necessaria la loro presenza. In un Paese normale, il problema potrebbe risolversi utilizzando il buon senso. Il personale insegnante e ausiliario svolge un servizio pubblico, il relativo contratto di lavoro prevede che, in assenza di attività didattica, il personale è a disposizione dell’Ente per attività analoghe al profilo di appartenenza. Le scuole nei piani di protezione civile sono definiti luoghi sicuri. Tali piani dovrebbero prevedere che, qualora se ne rilevi la necessità, l’Autorità di protezione civile disponga, ove ne ricorrano i presupposti, la “sospensione dell’attività didattica” e che le strutture restino aperte per la cura e la custodia dei bambini, che, per esigenze familiari o per intempestiva informazione di tali misure, si rechino
comunque a scuola.
E bene hanno fatto il Sindaco di Roma e di Genova a disporre la sospensione delle attività scolastiche e non la chiusura delle scuole, in modo che tutte le strutture potessero, comunque, garantire i servizi di cura e accoglienza. Bene ha fatto pure il Sindaco di un piccolo Comune ligure: peccato poi che l’Autorità scolastica statale abbia contestato tale facoltà, mantenendo serrati i cancelli e lasciando i ragazzi sulla strada.
Un Amministratore qualora disponga la chiusura è cosciente di sottrarre alla collettività un servizio e di creare così disservizi anche in altre attività pubbliche o private. Egli quindi pondera gli interessi in gioco, rischiando di far prevalere una scelta, che altri, col senno di
poi, potrebbero giudicare sbagliata, così esponendosi ad eventuali richieste di danno ed al pubblico ludibrio.
Non è, invece, tollerabile che la chiusura o la sospensione si possa tradurre in un giorno di vacanza per chi opera in quel settore. Se fosse chiaro, come dovrebbe essere, che nel caso di impossibilità di prestare la propria attività lavorativa la giornata persa -che costa alla collettività circa € 100- vada recuperata ovvero trasformata in impiego utile alla collettività, le scelte sarebbero più serene e cesserebbero le polemiche corporative e/o strumentali. L’obiezione che la scuola esercita una funzione prettamente educativa non tiene conto che in caso di chiusura della scuola tale funzione viene, comunque, meno.
Il personale che non può raggiungere la sede di lavoro deve essere messo nella condizione di usufruire di permessi, ferie o di recuperare altrimenti la mancata prestazione lavorativa. Le Autorità scolastiche hanno, nella loro autonomia, la capacità di organizzare un servizio ridotto, richiedendo, ove occorra, il supporto della protezione civile.
Se ciò non si ritenesse compatibile con i diversi livelli di contrattazione, sarebbe allora opportuna una norma di legge che lo chiarisca, prevedendo espressamente che “in presenza di rischi connessi alla incolumità e /o di emergenza, l’Autorità di protezione civile dispone, di norma, la sospensione dell’attività scolastica nelle scuole di ogni ordine e grado, e che il personale in esse impiegato, sia esso ausiliario o insegnante, rimane a disposizione dell’Autorità scolastica per svolgere le funzioni che sono richieste dalla predetta Autorità di P.C., o per ogni altra attività d’istituto”.
Nei Comitati comunali o provinciali di Protezione civile è prevista, solo in rare eccezioni, la presenza di un Rappresentante delle Autorità scolastiche, presenza invece importante per garantire un’effettiva collaborazione e per prevenire difetti di comunicazione che possano
mettere a repentaglio l’incolumità dei bambini.
Le polemiche politiche e mediatiche a cui è stato esposto il Sindaco di Roma per aver disposto la sospensione e non la chiusura delle scuole, o quelle che hanno investito il Sindaco di Genova in occasione della tragica alluvione, sono il frutto della mancata percezione del complesso contesto testé riferito, in cui i Sindaci in prima persona si trovano ad agire e sulle scelte dei quali grava pur sempre e inevitabilmente il giudizio della collettività.