Circumvesuviana 2012, odissea sui binari
Mentre il Comune di Napoli punta forte su Ztl e piste ciclabili, nell'hinterland il trasporto pubblico è nel caos e molti pendolari sono costretti a tirare fuori l'auto dal garage. Emblematico il caso della ferrovia Vesuviana, da fiore all'occhiello della Campania ad azienda sull'orlo del fallimento. E a rimetterci è anche l'ambiente
09 February, 2012
La dicitura esatta sarebbe Ferrovia Circumvesuviana, ma per i napoletani, da sempre, è semplicemente “la Vesuviana”. Così radicata è l'abitudine quotidiana a viaggiare sui suoi treni, tale è la familiarità con questa linea ferroviaria che dal 1890 serve una porzione sempre più ampia del territorio urbano e suburbano di Napoli, che quasi nessuno degli oltre 40 milioni di passeggeri che ogni anno sale sui suoi convogli la chiama con il suo nome completo. Non è facile da capire per chi vive altrove: qui i treni bianchi e rossi con la “chiocciola” della storica compagnia sono una specie di istituzione, praticamente l'unico sistema di trasporto pubblico (ad eccezione di qualche autobus perennemente imbottigliato nel traffico e degli sporadici treni delle Ferrovie dello Stato, che servono una rete molto meno capillare), in un territorio sovrappopolato e ferocemente urbanizzato, per milioni di giovanissimi alunni, lavoratori, studenti universitari e finanche turisti diretti a Pompei, Ercolano o Sorrento. È sopravvissuta brillantemente a due guerre mondiali, una eruzione del Vesuvio e svariati terremoti ed è cambiata negli anni insieme ai suoi passeggeri (da qualche tempo, ad esempio, basta salire su un treno qualsiasi la domenica mattina per iniziare un viaggio esotico tra i volti, le voci e le acconciature dell'Europa dell'est). Ma adesso la Vesuviana rischia di crollare sotto i colpi dei tagli al trasporto pubblico e della mala-gestione. Per il momento, per lo meno, stanno crollando i suoi pendolari.
Mesi di odissea
Riduzione delle corse, ritardi, treni soppressi, biglietterie chiuse e stazioni non presidiate. E ancora, carrozze affollate come carri bestiame, scioperi improvvisi e scoppi d'ira tra i passeggeri: queste le condizioni con cui i viaggiatori sono costretti a convivere ormai da mesi. «I disagi sono iniziati l’estate scorsa – racconta Valentina, impiegata precaria nel settore culturale che viaggia ogni giorno sulla tratta Napoli-Baiano – Hanno cominciato a sopprimere treni e ridurre vagoni e, col caldo, la cosa era davvero pesante. Molti si sentivano anche male». Col tempo, purtroppo, la situazione non è migliorata, anzi. L'emergenza è stata in un certo senso istituzionalizzata e sul sito della Vesuviana, alla fine di settembre, è comparso un pdf con l'elenco delle biglietterie chiuse, delle corse giornaliere “temporaneamente” soppresse e di quelle che “potrebbero subire variazioni”. A cui, quasi quotidianamente, si aggiungono spiacevoli sorprese. La direzione, naturalmente, si scusa per il disagio arrecato, ma intanto molti pendolari sono stati costretti a cambiare le proprie abitudini. «Uscire di casa la mattina presto non mi conviene più, perché ora la prima corsa utile è alle 6.50, per cui sono costretto ad arrivare più tardi in ufficio», racconta Giuseppe, progettista informatico che “pendola” sulle tratte Sarno - Napoli e San Giorgio - Centro Direzionale - Napoli. Già, perché le fasce orarie più colpite da cancellazioni e ritardi sono proprio quelle cruciali per chi il treno lo prende per andare a lavorare. «Gli orari più problematici mi sembrano quelli tra le 7.30 e le 8.15 del mattino e la sera intorno alle 18», denuncia Marina, giornalista di Casalnuovo, che ora è costretta, almeno nel viaggio di andata verso il capoluogo, a prendere l'autobus, perché «se la porta della stazione è chiusa, resto fuori e non posso prendere il treno, la zona è desolata e non c’è nessuno, inoltre di mattina i treni sono affollatissimi e non si respira».
«Costretti a prendere l'auto»
Una vera e propria odissea quotidiana per decine di migliaia di persone che ogni giorno devono spostarsi per lavorare o studiare, un'emergenza cronica che ha finito con l'avere conseguenze anche sul piano dell'inquinamento e della mobilità generale. «Moltissimi pendolari stanno optando per l’automobile – racconta Valentina – Quando funzionava come si deve, la Vesuviana non era solo economica ma anche molto comoda, mentre ora molti preferiscono affrontare il caro-benzina e le difficoltà di parcheggio pur di non vivere i disagi del viaggio in treno. Io stessa, negli ultimi tempi, mi sono organizzata con un'amica per raggiungere Napoli in auto insieme a lei». Non dev'essere facile, di questi tempi, scegliere di cominciare a viaggiare in macchina, ma per molti è diventata davvero l'unica alternativa possibile. «Negli ultimi tempi – spiega Giuseppe – ho notato che pur in presenza di meno corse i treni sono meno affollati: probabilmente i viaggiatori ricorrono ad altri mezzi di trasporto». Un suo omonimo, insegnante di liceo, racconta che molti suoi colleghi «hanno preferito rinunciare ai mezzi pubblici vista la scarsa probabilità di arrivare sul posto di lavoro in orario» e che la stessa scelta obbligata è stata fatta da gruppi di studenti dell'Università di Salerno. Tutti in auto verso Napoli, dunque. Col paradosso che invece, in città, l'auto bisogna lasciarla, perché proprio in queste settimane è entrata in vigore la maxi Ztl del Centro Antico.
La scure dei tagli
Da una parte, dunque, si prova ad incentivare la mobilità sostenibile, mentre dall'altra si tagliano i treni. Eppure, per decenni il trasporto pubblico su ferro è stato uno dei (pochi) vanti della Regione Campania, almeno fino a quando l’Ente autonomo Volturno, la holding che attualmente controlla al 100% le principali aziende del settore (Circumvesuviana, ma anche Sepsa e Metrocampania Nord Est) non ha cominciato ad accumulare lo spaventoso buco di bilancio che ora avrebbe raggiunto i 500 milioni di euro. Di qui i drastici tagli all'intero settore e la crisi di liquidità della Vesuviana, che non ha soldi per pagare i manutentori, i pezzi di ricambio e neanche il personale.
Personale insufficiente
Già, il personale. Nemmeno i ferrovieri, in effetti, se la passano benissimo, come racconta un dipendente che preferisce rimanere anonimo. «Spesso veniamo pagati in tempi molto superiori ai 30 giorni previsti – racconta – con conseguenze immaginabili per tutti quelli che hanno un mutuo o altre scadenze fisse». Ma come è possibile che si sia arrivati fino a questo punto? «I disservizi dipendono dai mancati finanziamenti regionali previsti per tutto ciò che riguarda la manutenzione dell’intero sistema ferroviario – aggiunge il ferroviere – I problemi riguardano soprattutto il personale specializzato: la Regione Campania ha attuato numerosi prepensionamenti senza bandire nuovi concorsi e questo comporta una mole di lavoro considerevole assegnata a poche persone, che dovrebbero riuscire a smaltirla con le stesse tempistiche previste dalle normali attività lavorative». Un problema, quello della carenza di personale, che ovviamente «non riguarda la dirigenza». In queste condizioni, la qualità del servizio offerto, inevitabilmente, non può che calare. «Diventa un vero e proprio “terno al lotto” riuscire a far circolare sull’intera rete ferroviaria lo scarso materiale rotabile della precedente tecnologia ancora utilizzabile, aggiunto ai nuovi elettrotreni acquistati su progetto europeo – spiega il ferroviere – E l’informazione da fornire ai viaggiatori è spesso carente». Viaggiatori che tra l'altro, a differenza della Regione, continuano a pagare il biglietto, che anzi negli ultimi tempi è pure aumentato.
Quali prospettive?
Ma cosa accadrà, nei prossimi mesi? I pendolari hanno inviato reclami all'Urp dell'azienda, raccolto firme e parlato col personale, i sindaci dei comuni interessati hanno scritto alla Regione e all'azienda, ma per ora nessuna risposta certa. Sul fronte finanziario, proprio in questi giorni è stato raggiunto un accordo tra la Regione Campania e la Circumvesuviana (ma anche Eav, Metrocampania Nordest e Sepsa) per la cessione alle banche dei crediti vantati dalle aziende. Le società di trasporto, in altri termini, dovrebbero ottenere dagli istituti di credito le somme loro dovute da Palazzo Santa Lucia, utilizzando fondi sbloccati per il completamento di infrastrutture già in fase di cantiere. Quanto ai tempi, potrebbero passare anche 12-18 mesi e comunque non è detto che questa boccata di ossigeno consenta di risolvere i problemi. Anzi, la Campania potrebbe diventare solo il primo esempio di quanto potrebbe accadere presto alle altre regioni in conseguenza dei tagli al trasporto locale.