Oileco: gli autobus possono andare a olio fritto
"L'olio e' un combustibile a tutti gli effetti, assimilabile per esempio all'olio di palma" afferma Michele Faberi (Ecosoluzioni) che parla di Oileco, il progetto che riunisce partner europei per la raccolta e valorizzazione energetica degli oli alimentari usati, per esempio come carburante per i mezzi pubblici
Una nuova vita per l'olio fritto. Recuperandolo e ripulendolo i benefici sono sia ambientali che economici. E da una stima, tra olio industriale e domestico, della raccolta media pro-capite annula si pensa di poter arrivare fino a 4,5 kg. Punta a questo il progetto 'Oileco' raccontanto da Michele Faberi, esperto di valorizzazione energetica di Ecosoluzioni.
Con quello che tecnicamente viene definito Olio alimentare post consumo (Oapc), spiega Faberi, un comune ci si può ripagare l'illuminazione pubblica, oppure rifornire i serbatoi degli autobus, riscaldare la piscina o la scuola comunale. E tutto grazie all'olio 'fritto'. Basta raccoglierlo, pulirlo, e riutilizzarlo: "E' un combustibile a tutti gli effetti, assimilabile per esempio all'olio di palma - osserva l'esperto - che può essere utilizzato subito sia per le caldaie che per i motori diesel (anche se è più acido) oppure può essere trasformato in biodiesel".
Ecosoluzioni è partner per l'Italia, soprattutto nel centro, del progetto 'Oileco' (finanziato in parte da Intelligent energy for Europe e che riunisce partner europei per la raccolta e valorizzazione energetica degli oli alimentari usati). Secondo Faberi "c'é la disponibilità da parte delle famiglie alla raccolta (con contenitori adeguati ma anche semplici bottiglie dell'acqua vanno bene) ma non tutti i comuni sono pronti". Inoltre, "servirebbero degli incentivi".
Nel recuperare l'olio, osserva l'esperto, c'é un duplice beneficio, ambientale ed economico. La raccolta e la pulizia dell'olio - per Faberi - deve "inserirsi all'interno di una catena virtuosa, di una filiera", che è poi l'intento di Ecolsuzioni in un'ottica di insieme tra comuni che dovrebbero federarsi. Insomma, dice Faberi, servono "politiche di bacino".
Questo anche perché per esempio i comuni perdono il controllo degli oli industriali (tipo ristoranti e catene alimentari) dal momento che non è un rifiuto urbano. In ogni caso tra industriale e domestico si stima di poter arrivare a 4,5 kg a testa all'anno; affinché l'investimento sia conveniente serve comunque un bacino di 150-200.000 abitanti "puntando alla filiera corta". In un anno un'azienda può pensare di sfiorare il tetto delle 600 tonnellate di olio (con 4 kg a testa di olio all'anno) recuperando "un bene che altrimenti sarebbe disperso".
Infine, per incentivare i sindaci a federarsi, conclude Faberi, si può puntare a incentrare la discussione sullo strumento amministrativo del 'patto dei sindaci', specie sul versante della riduzione delle emissioni e dell'uso minore dei combustibili fossili, anche per avere la possibilità di accedere a finanziamenti europei.