Dove vanno a finire le biciclette quando muoiono?
Biciclette in alluminio, ricavate dalle lattine usate, biciclette in plastica PET che arriva dalle bottiglie, e ruote ancora integre assemblate col bamboo: dal Brasile alla Gran Bretagna, una carrellata di esperienze di recupero delle biciclette arrivate a fine vita
Ferro, alluminio, plastica, vetro: ecco di cosa è fatta una bicicletta. Tutti materiali potenzialmente riciclabili , ma che spesso non possono essere intercettati dalle filiere di recupero. Che cosa si può fare allora della vecchia bici? Il negoziante dove compriamo la nuova la prende indietro, pur non avendone l'obbligo, solo se ha anche un giro di usato; e la vendita tra privati non sempre va in porto. La vecchia bicicletta diventa così un problema anche perché è classificabile come rifiuto e quindi può essere rimossa d'autorità, solo se è palesemente in cattive condizioni (senza ruote, catena etc.), ma se è integra (più o meno), legata ad un palo e non crea intralcio, legittimato a prenderla è solo il titolare del lucchetto che può quindi lasciarla lì per tutto il tempo che vuole. L'unica cosa giusta da fare è rivolgersi all'ecocentro di competenza, ma troppo spesso le biciclette vengono invece abbandonate.
Il problema delle bici abbandonate non ha confini ed in Gran Bretagna, un Paese dove ci sono ancora i postini che consegnano la corrispondenza in bicicletta, si sta provando a trovare una soluzione. In primo luogo identificando il responsabile del mezzo e quindi della sua rimozione. La procedura è pragmaticamente semplicissima: i vigili o gli addetti alla pulizia delle strade mettono un cartello sulla bici che si presume abbandonata con il quale si invita il proprietario a farsi vivo e a rimuoverla entro una certa data; trascorso il periodo si procede alla rimozione che sarà a cura del proprietario dell'area se questa è privata o dell'ente pubblico se la bici è stata lasciata in un luogo di sua giurisdizione.
La Città di Oxford l'anno scorso ad esempio ha rimosso 549 biciclette abbandonate, 61 sono state reclamate dai proprietari e delle restanti ben l'85% è stato riciclato. Il progetto Re-ciclo, un'iniziativa nata a Colchester, una città situata nel nord della contea dell'Essex, riceve biciclette usate da tutto il Regno Unito, le risistema, le rivende e finora sono stati trovati 40 mila nuovi proprietari.
"Il bello delle vecchie bici - ha dichiarato Chris Rigby , amministratore delegato della Waltham Bike - è che i pezzi riutilizzabili possono essere trasferiti da una bicicletta all'altra. Ci sono addirittura, continua, dei telai d'epoca che oggi con un paio di ruote sono tornati a fare la loro bella figura per le strade". A risistemare le vecchie bici ci pensa un gruppo di volontari che si occupa di assemblarne di nuove e a smaltire correttamente i pezzi non più utilizzabili.
Ma le strade del riciclo non restano solo nei confini del Regno Unito, molte delle biciclette made in Great Britain tornate a nuova vita vengono infatti spedite ad organizzazioni non governative sparse per il mondo in aree così povere dove la bicicletta fa la differenza tra disperazione assoluta e la possibilità di muoversi per sopravvivere. Diversi sono i Paesi dove vengono esportate le nuove-vecchie biciclette, in Africa soprattutto, nei Paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea.
Uno di questi è il Ghana, un Paese dove vengono esportate non solo le bici ri-ciclate che la popolazione rurale utilizza per trasportare i prodotti dall'interno ai mercati sulla costa, ma che accoglie anche solo parti di biciclette che poi assembla in originalissime bici con il telaio di bamboo. Il progetto (Bamboo bicycles project), finanziato dalla Columbia University e dall'associazione Millennium Cities Initiative, si propone di offrire un'opportunità di sviluppo alla popolazione locale promuovendo nella località di Kumasi sia la diffusione della bicicletta come mezzo di trasporto che la creazione di un vero e proprio brand da poter usare commercialmente nei paesi ricchi.
Juan Muzzi, un cittadino uruguaiano che ha trovato casa in Brasile dove ha fondato la Muzzicycles, fabbrica invece biciclette con un telaio ottenuto riciclando le bottiglie di plastica; per ogni bici si impiegano poco più di un centinaio di bottiglie in Pet. Le bici vengono messe sul mercato ad un prezzo di 140 euro l'una. Secondo i dati forniti dall'azienda la produzione è di 132 mila telai riciclando oltre 15 milioni di bottiglie. Oltre al riciclo la Muzzi risparmia 980.732 chili di petrolio e 2.738.227 kg di CO2.
La 'Ricicletta' (che senza trattino è un marchio registrato) va forte anche in Italia: sono bici che hanno un telaio d'alluminio ricavato dalle lattine delle bibite. Per fare un telaio ce ne vogliono 500 ma con un consumo di energia pari a solo il 5% di quella necessaria per produrre la materia prima. Le RiCiclette (con la 'C' maiuscola) sono invece un progetto della cooperativa estense Nuova-Mente che si occupa dal 2001 di recupero di rottami di biciclette nell'ambito di un progetto di formazione e avviamento al lavoro di persone con disagio psichico. L'obiettivo è quello di formare professionalità nell'ambito dei servizi collegati alla bicicletta da offrire al territorio (residenti, turisti, cittadini in genere).