Macao, Milano e i grattacieli vuoti. Parola al professor Gabriele Pasqui
Gabriele Pasqui insegna Architettura al Politecnico di Milano ed è il direttore del Diap, il dipartimento di Architettura e Pianificazione dell'Università. L'istituto sta conducendo un censimento degli spazi urbani vuoti per il Comune di Milano. Con lui continuiamo la riflessione sui tanti, troppi edifici cittadini inutilizzati
16 May, 2012
Dopo l'intervento di Luca Beltrami Gadola vi proponiamo un altro contributo che prende spunto dall'occupazione, ormai terminata, della torre Galfa a Milano. Con Gabriele Pasqui, professore del Politecnico di Milano e direttore del Diap, il dipartimento di Architettura e Pianificazione dell'Università. Le domande che gli poniamo sono le stesse: com'è possibile che un grattacielo di 31 piani nel centro di Milano rimanga sfitto per 15 anni? Com'è possibile che con tutti questi spazi vuoti si continui a costruire?
Professor Pasqui, l'istituto che lei dirige sta realizzando per il Comune di Milano un censimento degli spazi vuoti a Milano. La vicenda della torre Galfa quindi immaginiamo che lei la conosca bene.
Sì, certo. Conosco questo spazio. E' uno dei tanti: il patrimonio di immobili di varia natura, ma anche di intere aree dismesse da tempo o sottoutilizzate nella nostra città è davvero ampio. Un patrimonio straordinario che è stato lasciato troppo spesso all'abbandono, dai privati come dal pubblico.
Quanto c'è di concretamente recuperabile di questo patrimonio? Torre Galfa ad esempio, che futuro può avere?
Ogni immobile ha una sua storia e dei suoi problemi specifici. Ad esempio per quanto riguarda la torre Galfa nell'edificio era presente l'amianto, poi tolto in modo parziale con un'operazione di ristrutturazione da parte della proprietà. Io penso che si tratti di reinventare completamente uno spazio di quel tipo. E' uno spazio particolare, una torre alta che ha anche un valore storico e architettonico rilevante.
Per tutti gli altri il primo passo è sapere quanti sono e dove. In questo direzione va il censimento che, come Diap, stiamo portando avanti con il Comune di Milano e con l'associazione Temporiuso. Per ogni spazio vanno trovate strategie specifiche: individuare i possibili utilizzatori e le risorse che possono essere messe in campo. Solo così è possibile avviare progetti buoni per il riuso di parti di città molto consistenti.
Sembra costare parecchio. Tanto che alla fine i palazzoni vuoti rimangono.
E' indubbio. Infatti io invito a pensare a strategie diversificate che lavorino sugli usi temporanei. Prendiamo le palazzine, spesso di proprietà pubbliche o di partecipate del comune di Milano, che vengono lasciate abbandonate. Bisogna immaginare degli strumenti gestionali che permettano ad associazioni, soggetti economici, operatori del mondo della cultura come quelli che hanno messo in campo l'esperienza di Macao, di utilizzare questi spazi anche per tempi non lunghi e in attesa di un completo recupero e riuso. E' quanto accade in numerose città europee: ad Amsterdam, a Bruxelles, a Londra esistono agenzie pubbliche che hanno lo scopo di identificare specifici modelli gestionali per utilizzare queste risorse, così interessanti da un punto di vista architettonico.
Impedire le costruzioni inutili, invece è possibile? Insomma, perché si è costruito e si continua a costruire così tanto senza un reale bisogno, almeno apparente?
Sono i meccanismi del mercato. Spesso ci sono aspettative che non sono realizzate. In tutti i campi, nel settore terziario forse ancora di più che in quello residenziale. Ci sono state fasi in cui pareva emergere una forte richiesta nel settore e gli operatori hanno dato fondo a risorse provenienti anche dal mondo finanziario per attivare questi progetti. Salvo poi trovarsi di fronte a problemi di varia natura. Ci sono tanti progetti al palo a Milano. E' l'esito della finanziarizzazione del settore: conta quasi di più mettere in campo ipotesi progettuali di natura finanziaria che costruire davvero per le esigenze del mercato. E poi pesa molto la crisi, che oggi nel mercato immobiliare determina una sovra-offerta enorme. Lo ripeto, bisogna inventare modi e forme adeguate al miglior uso possibile del patrimonio immobiliare. Se lasciato al solo mercato, rimarremo con edifici vuoti per molti anni.
Chiudiamo con una piccola provocazione, che già avevamo posto a Luca Beltrami Gadola. Perché anche il pubblico continua a costruire? Palazzo Lombardia è lì, sotto, o meglio sopra, gli occhi di tutti.
C'è pubblico e pubblico innanzitutto. Ho sempre ritenuto il cosiddetto Pirellone Bis un'operazione dal forte carattere speculativo. C'era bisogno di un'operazione di razionalizzazione degli spazi della Regione, che però poteva essere fatta anche con strumenti e operazioni diverse. Un problema simile oggi ce l'ha anche il Comune di Milano. L'ente ha forte disponibilità di spazi, di scuole, di luoghi di servizio. Invece di pensare a nuove urbanizzazione si potrebbe concepire il riuso di parti importanti della città. Certo c'è un problema di costi, ma c'è anche la possibilità di mobilitare risorse sociali di cui torre Galfa è un buon esempio. L'amministrazione deve porre se stessa all'avanguardia nelle politiche di riuso e di riabitazione delle risorse che Milano già ha.