Dopo la rissa e le polemiche su Acea, ecco la mappa delle privatizzazioni
Il municipalismo ai tempi della crisi: i Comuni pronti a vendere di tutto o quasi. Dagli aereoporti alle società di trasporti, dalle società idriche ai Casinò. Napoli e Verona però resistono
13 June, 2012
Acea ha fatto notizia. Non tanto per la volontà di privatizzare del sindaco Gianni Alemanno, ma per le botte che i consiglieri di maggioranza e minoranza si sono dati fin dentro l'aula Giulio Cesare del Campidoglio. I tafferugli di lunedì scorso hanno fatto il giro del web e il tema della vendita delle azioni di una spa comunale ha fatto sicuramente scalpore. In attesa che a Roma si calmino le acque, la vendita di pezzi di società pubbliche o, in termini più corretti, della privatizzazione o, come preferiscono i liberisti, della valorizzazione dei beni pubblici sta rianimando il dibattito pubblico-privato nella fase acuta della crisi economica italiana. Una crisi che da alcuni anni sta colpendo duramente proprio gli enti locali, i Comuni in particolare. Che per far quadrare i conti mettono in vendita i gioielli di famiglia: pezzi di patrimonio pubblico accumulato in anni di investimenti nei settori più svariati: dalle autostrade agli aereoporti, dalle metropolitane alle società del servizio idrico e, dove ci sono, anche ai Casinò. Da Nord a Sud l'impostazione non cambia. Per continuare a fornire servizi di qualità ai cittadini, a fare investimenti e, nello stesso tempo, a garantire il patto di stabilità, i sindaci mettono all'asta servizi di ogni tipo, più o meno essenziali.
Milano, guidata dal duo Giuliano Pisapia - Bruno Tabacci, il primo sindaco, il secondo assessore al Bilancio, l'operazione di dismissione di quote di società, in questo caso aereoportuali, è già iniziato: alla fine dello scorso anno infatti il 30 per cento delle azioni di Sea, la potente società che gestisce gli aereoporti di Malpensa e Linate, sono state messe all'asta e acquistate dal fondo F2i di Vito Gamberale. Ma non è finita qui: il dibattito all'interno della maggioranza, alle prese con complicatissimo bilancio, non è ancora terminato e sullo sfondo appare il rischio di un'altra vendita di azioni della società, con Tabacci che spinge e la sinistra della maggioranza che frena.
Ma anche Torino, con il sindaco Piero Fassino, non scherza: l'intenzione del primo cittadino targato Pd è di conferire le quote di diverse società (Amiat, che si occupa di rifiuti, Gtt, di trasporti, e Trm, dell'inceneritore) nella Finanziaria del comune di Torino, la Fct. La quale comprerebbe e, successivamente, metterebbe sul mercato le quote dell'holding comunale. Valore dell'operazione 200 milioni di euro. Gli acquirenti? Si parla di San Paolo e Crt. E anche a Torino non mancano le proteste della sinistra cosiddetta radicale e di quel mondo variegato dei movimenti che si richiama ai beni comuni e alla loro tutela.
Sul fronte est, a Venezia, il tema che assilla il sindaco Giorgio Orsoni è un altro. L'oggetto è differente, ma la sostanza non cambia. Il Comune non ha i soldi per la necessaria ricapitalizzazione del Casinò municipale ed è così costretto ad aprire ai privati.
A Firenze il sindaco rottamatore Matteo Renzi vuole privatizzare l'azienda dei trasporti fiorentina, l'Ataf, con grande subbuglio di comitati, pendolari e "benecomunisti". Ma, non basta, per reggere il bilancio del comune di Firenze, il sindaco ha pensato di esternalizzare il servizio di asilo nido, mandando in allarme numerose famiglie del capoluogo toscano. La stessa cosa che è avvenuta a Bologna, dove il sindaco Virginio Merola vuole imitare il collega fiorentino. A Roma Alemanno, oltre ad Acea, vuole mettere mano anche alla consistenza patrimoniale di Atac, la società capitolina di trasporto pubblico. Immediate le proteste di sindacati e comitati pendolari della Capitale.
A Palermo sono invece anni che si discute di privatizzare l'aereoporto Falcone-Borsellino: il predecessore di Leoluca Orlando, Diego Cammarata, in compagnia del presidente della Provincia di Palermo, Giovanni Avanti, stavano per concludere un affare di 500 milioni di euro poco prima delle elezioni. Ma non se ne é fatto nulla. Ora il plurisindaco del capoluogo siciliano avrà il suo bel d'affare per far quadrare i conti. Insomma, nella crisi che avanza i Comuni vendono (secondo alcuni svendono) i gioielli di famiglia.
Tutti tranne due, pare. Il primo al Sud, a Napoli, il secondo, al Nord, a Verona. Luigi De Magistris e Flavio Tosi, sindaci parecchio tenaci, si muovono differentemente dai loro colleghi sparsi un po' in tutto il Paese. Il primo, sul tema dell'acqua, ha proposto addirittura una sorta di "manifesto" dei beni comuni con la costituzione di "Abc Acqua bene comune", che da società per azioni è ritornata ad essere, come una volta era, azienda muncipalizzata comunale. Il secondo, invece, mettendo insieme destra sociale veneta e leghismo tardo democristiano, resiste agli assalti su temi delicati e importanti come l'apertura ai privati dell'aereoporto Catullo o della rassegna fieristica della città scaligera.
Insomma, il municipalismo ai tempi della crisi spinge sull'acceleratore delle privatizzazioni, ma, nonostante i tempi difficili, le resistenze non mancano. E pensare che tutto era iniziato una decina di anni fa dalle farmacie comunali e dalla loro vendita ai colossi privati del settore. Oltre 200 farmacie pubbliche cedute in alcune delle principali città del Nord solo nell'arco di pochi anni. Sembrava finita lì.