Milano zona 30, botta e risposta tra Claudio Schirinzi (Corriere della sera) ed Eugenio Galli (presidente Fiab Ciclobby)
Riportiamo l'editoriale di Claudio Schirinzi pubblicato sul Corriere della sera di giovedì 28 giugno e la risposta di Eugenio Galli, responsabile Servizio legale FIAB e presidente Fiab Ciclobby
28 June, 2012
IL TRAFFICO E LA QUOTA 30
di Claudio Schirinzi - da Il Corriere della sera del 28.06.2012
L' amministrazione comunale si appresta a rallentare il traffico cittadino con una serie di provvedimenti destinati a ridurre rumori ed emissioni inquinanti e a garantire maggiore sicurezza a ciclisti e pedoni. In concreto verrà introdotto il limite di velocità di 30 chilometri all' ora in alcune aree (si parla, per cominciare, di 25 «spicchi») e qualche strada sarà ristretta per allargare i marciapiedi. Magari si potesse andare a 30 all' ora. Sembra un miraggio da fantascienza come lo zaino dell' uomo volante. In realtà i tempi di trasferimento a Milano sono analoghi a quelli del 1800, quando si circolava in carrozza. La velocità media dei tram è di 10-11 chilometri orari, i bus raggiungono i 13, mentre le auto sfrecciano addirittura a 15. Il mese scorso è stato presentato il «Libro bianco dei trasporti» di Confcommercio nel quale, fra l' altro, viene esaminato il cosiddetto «indice di connettività» che misura la capacità di spostamento all' interno di una città. Ebbene, a Milano, negli ultimi dieci anni, questo indicatore è sceso del 34,11 per cento a riprova di quanto sia peggiorata la situazione e di quanto sia difficile muoversi. Se con l' attuale limite di 50 all' ora, la velocità media diventa 15, portando il limite a 30 c' è da temere la paralisi. E invece ci sono rispettabili studiosi i quali ritengono che il traffico opportunamente incanalato e gestito può essere molto più fluido e addirittura raggiungere una velocità media più alta di quella attuale, pur con limiti più bassi. Può darsi che abbiano ragione, ma di fronte al rischio di un ulteriore peggioramento della circolazione vorremmo sommessamente avanzare una proposta. Prima di adottare provvedimenti definitivi, perché non fare delle simulazioni? Per esempio, prima di restringere altre strade (già la passata amministrazione è intervenuta in questo senso sostenendo che era una direttiva europea a imporlo. Mah!) sperimentiamo con ostruzioni temporanee l' effetto che questi nuovi «imbuti» creeranno sulla viabilità. Allo stesso modo collaudiamo il limite dei 30 installando minacciosi autovelox: non per andare a caccia di contravvenzioni, ma per scoraggiare le infrazioni. Basterà infatti pubblicizzare la presenza delle telecamere per far sì che il limite venga rispettato realmente; si potranno così valutare gli effetti sulla circolazione e si potrà verificare se effettivamente il traffico diventerà più fluido e più silenzioso. L' importante è che non si facciano scelte ideologiche, ma si proceda con sereno pragmatismo ricordando che Milano per vivere ha bisogno della mobilità. Forse far osservare davvero il limite dei 50 all' ora sarebbe sufficiente per conseguire gli obiettivi ai quali puntano le nuove restrizioni. Non sempre le scorciatoie funzionano: si è pensato che per fare una pista ciclabile bastasse disegnare una riga sulla strada e i risultati (per esempio in via Carducci o in via De Amicis) sono lì da vedere: auto in sosta o moto che sgommano facendo lo slalom fra i ciclisti. E come non basta una riga sull' asfalto per creare una pista ciclabile, allo stesso modo non basta un nuovo limite di velocità (difficile da rispettare) per guarire i mali del traffico. clschiri@yahoo.it
La risposta di Eugenio Galli (responsabile Servizio legale FIAB e presidente Fiab Ciclobby)
Egr. dott. Schirinzi,
ho letto il suo interessante intervento sul Corriere di oggi.
Molto velocemente, non avendo il tempo di approfondire qui e ora, vorrei dirle che sono però in disaccordo con quanto scrive. Qui non si tratta di approcciare in modo ideologico la questione, ma di avere una visione della città, questo certamente sì. Occorre ridurre la velocità per migliorare la mobilità e la sicurezza sulle strade: non è solo un tema teorico da studiosi dei flussi di traffico, o da ingegneri della sicurezza stradale, ma una questione politica di buone pratiche diffuse, di modalità applicate e di risultati concreti che sono visibili, tangibili e misurabili, se li si vogliono vedere, toccare e misurare. Ci sono alcuni esempi positivi anche in Italia. Ma il vero, grosso problema è che questi esempi riguardano, in Italia, soprattutto centri piccoli e medi. Perché invece tutte le grandi città (Roma, Napoli, Milano, etc.) sinora non hanno saputo o voluto portare avanti in modo pieno scelte coraggiose e coerenti, con una visione che sia quella della “città per le persone” e non per le auto. Milano sta muovendosi, finalmente, sembra, in una direzione che pare supportata da una nuova consapevolezza: aiutiamola a non fermarsi. Siamo giustamente severi, ma cercando riscontri, facendo confronti, superando il pre-giudizio. Il tema della moderazione del traffico, nel nostro Paese dominato dall’ideologia auto-centrica, viene bistrattato da decenni, ridotto al rango di ideologia tanto che da noi è permanentemente “sperimentale” (d’altronde, quando si parla anche di applicare dei controlli sul traffico veicolare si sollevano puntuali le obiezioni che questo sia un modo per “fare cassa”, o, come diceva un sindacalista dei vigili milanesi qualche settimana fa sul vostro giornale, per tendere delle “imboscate”). In nessun Paese, neppure negli Stati del Nord Europa che oggi sono spesso assunti a modello per le politiche di gestione del traffico, le scelte a favore della mobilità sostenibile sono state accolte con entusiasmo generalizzato, tra ali di folla plaudente. Non ad Amsterdam, né a Copenhagen, e neppure a Monaco. Ma oggi quelle comunità, guidate da una politica che ha saputo essere responsabile, sono consapevoli di essere state lungimiranti, trenta anni fa e oltre, e quelle città risultano vibranti, vivibili e a misura d’uomo. Mentre noi arranchiamo ancora riducendo spesso le nostre vite dentro l’abitacolo di un’auto. Esiste peraltro, anche una evoluzione normativa. Esiste, eccome. Uno dei documenti più recenti è la Risoluzione del Parlamento europeo del 27 settembre 2011 sulla sicurezza stradale in Europa 2011-2020 (2010/2235(INI)) punto 54 e 65. Questo il link diretto.
Se vuole, possiamo approfondire.
Quanto alle corsie ciclabili, realizzate in sola segnaletica, dico solo che esse non rappresentano “una scorciatoia” rispetto al problema. Ma sono uno dei possibili ingredienti della ricetta. Vanno però pensate bene, realizzate come e dove serve, e fatte rispettare. Nel caso della Cerchia dei navigli, l’impronta elettorale della passata Amministrazione è stata abbastanza evidente segnando quell’intervento (e gli altri realizzati negli stessi mesi). Ma questo non può essere un buon argomento per bollare le corsie ciclabili dicendo che sono inutili.
Un saluto cordiale
Eugenio Galli