Londra 2012, nuovi impianti: quale destino dopo i Giochi?
Il sindaco Boris Johnson assicura il pieno riutilizzo, ma non tutti sono d’accordo. Il rischio maggiore è che gli impianti costruiti per le Olimpiadi vengano abbandonati ad un destino di inutilizzo al termine della manifestazione, risultando un’eredità ben poco sostenibile per i londinesi
25 July, 2012
Tutta la campagna per i giochi olimpici di Londra 2012 è stata impostata su due parole: “sustainable” e “legacy”. Il primo termine è facilmente traducibile con sostenibilità, concetto molto ampio e articolato, che coinvolge l’ambiente, le finanze, i servizi. Il secondo termine invece significa “eredità”, “lascito” ed è scontato che il lascito con cui maggiormente dovranno fare i conti i londinesi saranno le nuove strutture costruite apposta per i giochi. La zona di Londra maggiormente interessata è quella di Stratford, east-end, dove è stato costruito il villaggio olimpico. Grande quanto 297 campi da calcio, il complesso dell’Olympic Village comprende circa una trentina d’impianti sportivi, oltre 17mila posti letto e numerosi altri servizi per atleti e pubblico.
Il rischio maggiore è che gli impianti costruiti vengano abbandonati ad un destino di parziale o totale inutilizzo al termine della manifestazione. Per evitare che strutture come stadi, palazzetti, piscine, centri d’accoglienza, si trasformino in cattedrali nel deserto, Londra sembra essersi impegnata seriamente. L’8 febbraio 2012 è stata creata la London legacy development corporation (Lldc), un’organizzazione senza fini di lucro responsabile della pianificazione, dello sviluppo, della gestione e della manutenzione a lungo termine del Parco Olimpico e delle sue strutture dopo i Giochi. Da questo punto di vista, alcuni risultati sono già stati raggiunti.
Martedì 17 luglio il Consiglio di amministrazione di Lldc ha deciso di assegnare all’hub digitale iCITY lo status di offerente preferito per diventare l’inquilino a lungo termine del Main media complex, la struttura costruita per ospitare le migliaia di giornalisti, tecnici e videoreporter che sbarcheranno a Londra. Il progetto di iCITY è quello di creare un importante centro per la tecnologia, il design e la ricerca con la promessa di generare più di 4.000 posti di lavoro; previsti anche un centro congressi e una piazza pedonale per trasmettere grandi eventi sportivi, oltre a caffè, ristoranti e bar. L’hub digitale ha qualche mese di tempo per convincere Lldc che il suo progetto sia effettivamente realizzabile; in caso di risposta positiva, per avere il via libera mancherebbe solo la firma sul contratto di locazione. Un altro progetto consolidato è quello relativo alle piscine olimpioniche dell’Aquatic Center, ideato dall’architetta irachena naturalizzata britannica Zaha Hadid, che dopo le gare apriranno al grande pubblico, oltre ad ospitare i futuri allenamenti dei nuotatori britannici. Destino simile per il velodromo olimpico e il circuito per le Bmx che non verranno dismessi, ma continueranno a ospitare competizioni internazionali ed evoluzioni degli appassionati ciclisti locali. Per quanto riguarda gli alloggi del villaggio olimpico infine, al termine delle Olimpiadi verranno riconvertito in 2.800 appartamenti, una parte dei quali disponibile a prezzi popolari. Non verrà smantellata neppure l'Arcelormittal Orbit, la torre alta 115 metri che troneggia a Stratford. Voluta fortemente dal sindaco Boris Johnson, nelle intenzioni dell’amministrazione cittadina dovrebbe diventare un'attrazione turistica, con l’apertura al pubblico della piattaforma panoramica posta in cima. "Nessun altra città ospitante ha mai pianificato in maniera così precisa e soprattutto con così largo anticipo il lascito dei giochi” ha dichiarato recentemente Johnson “Londra lo ha fatto ancora prima che la pistola di partenza abbia sparato."
Non tutti, però, sono convinti che le strutture dei giochi lasciate in eredità ai londinesi saranno realmente utilizzabili. Molto scettici sono ad esempio i blogger di Games Monitor, il principale organo indipendente di monitoraggio sulle Olimpiadi, che cerca di controllare che quanto raccontato dagli organi ufficiali in merito alla sostenibilità di Londra 2012 corrisponda al vero: le spese sostenute, gli investimenti per la costruzione dei impianti nuovi e quelli ristrutturati, e per appunto l’eredità. Delle ricerche di Games Monitor si è avvalso anche l’italiano Enrico Masi, ricercatore della facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna, residente a Londra, per il suo documentario di denuncia “The Golden Temple”. Il tema centrale del docu-film è l'imponente cantiere del villaggio olimpico e le relative ripercussioni sul territorio e sugli abitanti, raccontate grazie ad alcune storie personali raccolte proprio nell'East End di Londra. In una lunga intervista rilasciata al sito nannimagazine, Masi parla di tre “templi” dell’edilizia moderna. Il primo è il nuovo Stadio Olimpico, costruito su un sito contaminato da scorie radioattive, come ampiamente documentato dal fotoreporter Mike Wells, collaboratore di Games Monitor. Dopo una lunga querelle, nell'ottobre 2011 il Locog (comitato olimpico) ha deciso di revocare la scelta di concedere alla squadra di calcio del West Ham l'utilizzo dello stadio per gli incontri casalinghi di Premier league. Per il momento l'impianto da 80mila posti resta di proprietà pubblica con l'unica certezza di ospitare i Mondiali di atletica del 2017. Il secondo "tempio" è il centro commerciale più grande d'Europa targato Westfieldil, che sorge nei pressi della già frequentata stazione che oggi è stata potenziata; per raggiungere il parco olimpico, le persone dovranno per forza passare all'interno del centro commerciale che si trova davanti alla stazione. Il centro commerciale ha aperto i battenti già alla fine di settembre non senza qualche problema; secondo il lavoro di Masi, alcune parti di esso, infatti, hanno chiuso subito dopo, proprio perché pensate e realizzate per una clientela numericamente ed economicamente molto corposa che al momento ancora non si è vista. Il terzo "tempio" sarebbe dovuto essere la moschea più grande d'Europa, ma alla fine il progetto di costruzione è stato abbandonato perché non si sono trovati tutti i fondi che servivano per edificarla.