Ilva, con il disastro ambientale scatta l’obbligo del sequestro
Il Procuratore Generale della Corte d’Appello di Lecce, Giuseppe Vignola ha spiegato come si è arrivati al sequestro dell’Ilva di Taranto: “Le conclusioni delle perizie chimiche ed epidemiologiche hanno determinato l’accusa di disastro ambientale, regolato dall’articolo 321 del codice penale, che stabilisce l’obbligatorietà del sequestro da parte della magistratura”
27 July, 2012
Il Procuratore Generale della Corte d’Appello di Lecce, Giuseppe Vignola e il procuratore della Repubblica di Taranto Franco Sebastio, sono entrati nel merito dei provvedimenti disposti dal giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco circa il sequestro (notificato, ma non ancora esecutivo, ndr) dell’area a caldo dell’Ilva e delle misure cautelari personali nei confronti di 8 indagati per spiegare alla stampa i provvedimenti “estremamente sofferti” adottati dalla magistratura.
“Di fronte ad una serie di denunce circa la mortalità e l’insorgenza di gravi patologie - ha detto Vignola - la magistratura non si è trovata davanti ad un bivio ma ad un dettato preciso della carta costituzionale che indica la necessità di reprimere i reati ed individuare i responsabili".
Dopo la nomina dei consulenti, si è proceduto all’indagine attraverso l’incidente probatorio, “condotta in modo ineccepibile” dal punto di vista scientifico.
“Quando si sono lette le conclusioni dei periti, terrificanti, si è parlato di disastro ambientale e ci si è trovati di fronte all’articolo 321 del codice di procedura penale che stabilisce l’obbligatorietà del sequestro da parte della magistratura”.
Il procuratore della Repubblica di Taranto Franco Sebastio ha aggiunto che “la storia giudiziaria sui problemi dell’inquinamento è remota”. ”Va dato atto”, dice Sebastio, “al sindaco di Taranto di aver mostrato estrema sensibilità quando presentò una denuncia (poi inserita nel procedimento già in corso) in cui sollecitava la magistratura a fare qualcosa perché morivano le persone, i bambini, ed indicava anche i reati di disastro colposo e plurimo.
“Oltre a questo, c’erano centinaia di esposti delle associazioni ambientaliste da tenere in considerazione. La strada individuata fu quella dell’incidente probatorio e non la consulenza del pm. Al termine della richiesta al gip, la procura scrisse, nel novembre 2010, di avviare l’indagine “anche in vista di eventuali futuri sviluppi”.
Il procuratore Sebastio ha ricordato sue sentenze, datate luglio 1982, trent’anni fa, e 2005. Sentenze relative al caso Ilva che condannavano i dirigenti per inquinamento su cui e’ tornato l’avvocato generale Ciro Saltalamacchia. La prima sentenza riguardava l’articolo 647 sul getto pericoloso di sostanze inquinanti, che “venne distrutta anche perché non sostenuta dal consenso popolare e dai politici. Quella del 2005 portò alla condanna dei responsabili, venne confermata in appello e in cassazione ma in quest’ultimo grado di giudizio, senza motivazione concreta, non venne confermata la parte relativa alla confisca dei parchi minerali. Pertanto, l’appello di Saltalamacchia e’ quello di un forte impegno da tutte le parti. L’indagine, dicono i magistrati, verrà allargata ad altre industrie potenzialmente inquinanti.
Nel frattempo gli operai hanno confermato lo sciopero ad oltranza e bloccato gli accessi principali alla città, le statali 100 e 106 per Bari e Reggio calabria. Bloccato anche il ponte girevole.