Rifiuti ritorna la tensione Acerra, bruciano tremila ecoballe
Incendio doloso nell'area di stoccaggio. La pista: tensioni legate ai lavoratori Cub. Sono oltre 850, attendono sei mesi di paga - da La Repubblica del 20.08.2012
21 August, 2012
di Conchita Sannino
L'incendio è tornato, in tutti i sensi. Per la terza volta. E molti temono, da Acerra agli uffici di Napoli, che difficilmente sarà l'ultima.
Il fuoco delle tensioni sociali ha lasciato solo che passasse la pausa di Ferragosto. Poi è tornato a puntare sugli obiettivi più in vista, quelli di sempre: il grande "forno" di Acerra, l'impianto che ingoia circa 2 mila tonnellate al giorno di rifiuti, e le montagne (molto vagamente) ecologiche di balle usate come combustibile, in mezzo al deserto di capannoni e piazzole di un'ex area industriale. Acerra è simbolo, ad un tempo, dei conti da saldare con vecchie promesse legate ai rifiuti, con le aspettative di lavoratori che nessuno sa dove sistemare. E di una macchina dell'emergenza che non si è mai davvero interrotta. Erano già avvenuti due incendi in quello stesso sito di stoccaggio: tre mesi fa, e sette mesi fa. Una volta, quel posto aveva la definizione di impianto Cdr. Poi è diventata una piazzola di parcheggio come tante. Cambiano i nomi, ma i nodi restano inestricabili.
Il fuoco, stavolta, divampa su circa 3 mila balle nel sito di stoccaggio che dista solo pochi metri dall'inceneritore. Ci sono telecamere in azione, nei paraggi, ma chi agisce probabilmente sa come schivarne l'occhio. Anche perché i due precedenti e analoghi assalti non hanno, per ora, portato ad alcuna denuncia.
È buio quando le prime scintille crepitano tra l'immondizia messa a stagionare. Bastano, presumibilmente, un paio di panni imbevuti di benzina e lanciati in quel recinto, che è solo uno dei diciotto siti di stoccaggio disseminati nella provincia di Napoli. L'incendio dilaga in meno di mezz'ora. Fa molti danni. A cominciare dalla diossina che sprigiona e dalle spese che occorreranno per smaltire le ceneri, roba che era destinata a finire come combustibile secco nella pancia del grande forno.
La collinetta diventa, invece, un'enorme torcia larga oltre venti metri, i fumi neri vengono immediatamente
segnalati dalla popolazione ed è il sindaco di Acerra, Raffaele Lettieri, tra i primi, a chiedere soccorsi. È stato eletto da pochi mesi e in questa occasione scopre, peraltro, che non c'è un impianto autonomo antincendio, ma occorrono le cisterne dei vigili del fuoco. Che hanno davanti un lungo lavoro. Oltre quindici ore di intervento. Che finirà solo nel tardo pomeriggio.
Indagano i carabinieri, nessun dubbio ovviamente sulla natura dolosa dell'assalto e sull'implicita minaccia che quelle fiamme recano: risolvere le situazioni in sospeso. Ovvero? Per gli inquirenti, non si esclude un legame diretto tra quel rogo e le manifestazioni di rabbia e protesta delle ultime settimane, da parte dei lavoratori del cosiddetto Cub, il Consorzio unico di bacino in attesa degli stipendi di sei mesi, ma soprattutto di una "sistemazione" stabile che nessun ente è in grado di garantire.
Storia paradigmatica, quella dei lavoratori del Consorzio unico: figure di lavoratori che nascono nel 2001, erano 2300, molti dei quali "indultati". Oggi sono oltre 850, attendono sei mesi di paga, ma soprattutto di essere "sistemati", eppure si tratta di operai senza mercato e senza competenze specifiche, se non la peculiarità di essere sempre stati pagati con corsi di formazione per una futura mega- differenziata, mai partita.
Di fatto, destinatari dell'ingranaggio del consenso collegato alla lunga stagione commissariale dei rifiuti. Per le loro rimostranze, per le promesse mancate, Acerra e le sue dependance - proprio l'impianto che, appena pochi mesi fa, lo Stato ha pagato con 350 milioni di euro ad Impregilo - sono sempre stati nel mirino.
È sempre lì, a ridosso dall'inceneritore, che il primo agosto scorso i manifestanti del Consorzio unico hanno bloccato oltre cento tir carichi di immondizia. Nello stesso sito, una settimana dopo, sono riprese le ostilità da parte dello stesso cartello. È la loro battaglia finale. Il 31 dicembre scadrà il regime di proroga. Intanto qualcuno dovrà trovare il denaro necessario a smaltire le ceneri delle balle. Fuori Campania, ovviamente.