Roma e le multe a chi viene sorpreso a rovistare nei rifiuti
A Roma se si rovista nei cassonetti bisogna farlo di nascosto dai vigili. Eppure esiste un modello lanciato anni fa da "Occhio del riciclone" (e approvato all'unanimiyà in Giunta nel 2005) per consentire di andare oltre il rovistaggio per dare spazio alle economie informali
31 October, 2012
“Il recupero informale degli scarti è da sempre e in tutto il mondo un assorbitore sociale ed economico che consente ai più disperati di attivare meccanismi di sopravvivenza che non includano reati contro la persona e contro il patrimonio. L’attività di queste persone può essere incubata e regolamentata per entrare in una filiera che abbia come punto di partenza le isole ecologiche e non il rovistaggio”, è quanto afferma il Direttore del Centro di Ricerca Economica e Sociale Occhio del Riciclone, Pietro Luppi.
A Roma effettivamente, non si contano più le zone della città dove è all’ordine del giorno intravedere persone che frugano nei cassonetti alla ricerca di qualcosa di recuperabile: se ciò non accade in zone centrali e più turistiche come Campo de Fiori o rione Monti, basta spostarsi un po’ più fuori che il copione è sempre lo stesso. Al Pigneto c’è una sorta di comitato di zona che si occupa di rovistare nell’immondizia per i più poveri, e presto ne sorgeranno altri anche al Quadraro, a Talenti e al Tufello. Dove il degrado è maggiore, maggiore è anche la presenza di chi si trova in indigenza e costretto a prendere ciò che gli altri scartano.
“La notizia delle ondate di identificazioni dei raccoglitori informali a Roma, da parte della Polizia Municipale, è una risposta repressiva che non sortirà effetti di dissuasione sul fenomeno, perché non ne vengono eliminate le ragioni e i bisogni profondi che lo animano”, afferma Gianfranco Bongiovanni, Responsabile Sociale e Lavoro dell’associazione, che spiega che “i rovistatori selezionano merci riusabili che altrimenti andrebbero a smaltimento e le rivendono, ottenendo reddito, in mercatini e spazi che continuano a essere abusivi data la scarsa o nulla disponibilitá del Comune e dei Municipi a regolarizzare questo fenomeno”. “Un nostro studio del 2008 chiamato Impatti occupazionali di un riuso sistemico nella città di Roma dimostra che il tesoretto custodito dai 45.000 cassonetti della capitale ha un valore di mercato non inferiore a 33 milioni di euro all’anno”. Eppure, delle vie alternative sono state fornite ma mai prese in considerazione.
“Occhio del Riciclone a partire dal 2003 ha progettato e messo a punto, anche grazie al contributo dei microimprenditori dell’usato rom, un modello operativo e commerciale fondato sulla selezione delle merci riusabili conferite nelle isole ecologiche e la loro vendita all’ingrosso agli operatori, in base a proposte commerciali che tengano conto della loro debolezza socio-economica. Oggi i beni riusabili conferiti nelle isole ecologiche romane e avviati incomprensibilmente e costosamente allo smaltimento, se piazzati sul mercato all’ingrosso genererebbero 13 milioni e mezzo di euro ogni anno e impiegherebbero in modo diretto 300 persone per la preparazione al riutilizzo; ma se vigesse un sistema di porta a porta e le isole ecologiche fossero più numerose, il potenziale all’ingrosso sfiorerebbe i 24 milioni di euro annui e 600 le persone impiegate, senza contare il grande risparmio nello smaltimento e migliaia di posti di lavoro nell’indotto”. L’applicazione del modello sarebbe determinante nel far scomparire il fenomeno del rovistaggio e risolverebbe in gran parte l’emergenza occupazionale del popolo rom, generando impiego diretto presso le isole ecologiche e negli impianti di preparazione al riutilizzo e impiego indiretto nella distribuzione. Produrrebbe inoltre risorse economiche e benefici ambientali a favore della collettività cittadina”, prosegue Bongiovanni.
“É quindi inspiegabile”, dichiara ancora Bongiovanni, “come mai il Comune di Roma e l’AMA non abbiano mai voluto procedere all’applicazione dell’Ordine del Giorno 45 del 12 Maggio 2005, che fu votato dall’unanimità dei consiglieri comunali e che vincola l’amministrazione capitolina ad applicare il modello”.