Discarica di Sezzadio (AL). Riccoboni: «E’ ora di fare chiarezza»
Intorno all'impianto per rifiuti non pericolosi di Sezzadio (AL) si è scatenata la protesta di alcuni Comitati di zona: temono che in quella discarica ci possano finire materiali provenienti da aziende che lavoreranno al Terzo Valico. Intervista ad Angelo Riccoboni, amministratore delegato della Riccoboni Holding: «Questo impianto verrà utilizzato esclusivamente dalla Riccoboni per le sue attività»
12 November, 2012
Ha letto e riletto articoli, petizioni e attacchi da più parti. Senza rispondere, nonostante le inesattezze spesso riportate. E ha deciso di aprire, lo scorso 5 ottobre, le porte del suo stabilimento di recupero filtri auto a Predosa, in nome di quella trasparenza che ha sempre ispirato la sua attività, intrapresa dal padre ormai più di 50 anni fa.
Lui è Angelo Riccoboni, amministratore delegato della Riccoboni Holding, l’azienda che sul proprio terreno in località Cascina Borio a Sezzadio ha scelto di costruire una discarica per rifiuti non pericolosi che ha scatenato la protesta di alcuni Comitati di zona, con una quindicina di Comuni che si sono riuniti in un fronte anti-discarica. «E’ ora di fare chiarezza»: così, per la prima volta, Riccoboni ha deciso di dire la sua.
Ci dica, innanzitutto, chi siete e cos’è la Riccoboni Holding...
Operiamo ormai da più di trent’anni nel settore ambientale, su tutto il territorio nazionale, nel pieno rispetto delle normative per la salvaguardia dell’ambiente. Tra i nostri principali partner annoveriamo industrie come il Gruppo ENI, Solvay, Dow Chemical e numerose altre società che, nella loro politica di selezione dei fornitori, richiedono il rispetto assoluto di garanzie di sostenibilità ambientale con parametri ancora più stringenti rispetto alle normative imposte dalla legge.
Avete già gestito, prima d’ora, impianti come quello che avete intenzione di costruire a Sezzadio?
Ne abbiamo gestiti e continuiamo a gestirne. L’impianto di Sezzadio nasce dall’esigenza di recuperare la maggior quantità possibile di rifiuti industriali e di fatto chiude la nostra filiera di attività nell’alessandrino.
Ovvero?
Riccoboni Holding, oltre che nei propri impianti, lavora all’interno di siti di bonifica e impianti di proprietà dei nostri clienti, sempre con l’obiettivo primario del massimo recupero di materia. Dopo il recupero, il materiale non più recuperabile, certificata la sua non pericolosità, verrà portato a Sezzadio. Nell’impianto entreranno solo cinque tipologie di materiali, tutti non pericolosi: terre e rocce da scavo, materiali di demolizione, rifiuti da bonifica, materiali inertizzati e stabilizzati. In generale sono materiali che possono essere assimilati alle terre e rocce da scavo, che non generano percolato né odore né polveri. Questo impianto verrà utilizzato esclusivamente dalla Riccoboni per le sue attività.
Quindi non verranno stoccati rifiuti di origine poco chiara o, in un eventuale futuro prossimo, provenienti da aziende che lavoreranno al Terzo Valico?
Assolutamente no. Materiali che non provengono dalle nostre attività non entreranno nel sito Riccoboni di Sezzadio.
Perché l’azienda ha deciso di realizzare un impianto proprio in quella zona? Che caratteristiche avrà?
L’impianto sorge su quella che ormai è una cava dismessa, che necessitava di un piano di riqualificazione. Noi abbiamo deciso di intervenire per stoccare i nostri materiali e successivamente per riportare il sito alla morfologia originaria. L’area potrà ospitare circa un milione di metri cubi di materiale …non un milione e settecentomila come ci è capitato di leggere più volte sui giornali! Nel nostro progetto sono previste tutte le opere di salvaguardia ambientale imposte dalle normative. Anzi, nella progettazione siamo voluti andare oltre aumentando la dimensione delle protezioni, ad esempio aggiungendo un telo bentonico in più nel fondo della discarica per impermeabilizzare meglio il terreno. Nel corso della realizzazione dell’impianto e durante l’attività ci saranno poi dei costanti monitoraggi gestiti secondo i canoni della certificazione Emas. Per questi motivi Sezzadio si pone quindi come un impianto di eccellenza, esempio di sostenibilità e trasparenza. Inoltre ci rendiamo disponibili a firmare protocolli di intesa con tutti gli Enti della zona proprio per migliorare il dialogo con il territorio.
Cosa ne sarà dell’area quando la cava, di fatto, verrà riempita?
Una volta completato l’iter, in una decina d’anni circa, l’area verrà ri-naturalizzata e tornerà alla sua morfologia originale. A quel punto speriamo di poter studiare con il Comune e gli altri Enti il miglior modo possibile per riconsegnare l’area ai cittadini, costruendo magari una pista ciclabile, un parco o un campo da golf, compatibilmente con la destinazione d’uso del terreno.
Sui giornali locali sono apparse però diverse notizie che hanno alimentato una campagna stampa contro quest’opera
Ce ne dispiace. A nostro avviso queste notizie, così come alcune dichiarazioni, nascano da una conoscenza limitata dell’argomento e da alcune informazioni non corrette. Ciò che più rammarica è che noi condividiamo con tutti l’esigenza di salvaguardare il territorio e le risorse idriche, a partire dalla famosa falda presente proprio nel sottosuolo della discarica. Se noi avessimo avuto anche solo il vago timore di contaminare la falda, non avremmo nemmeno presentato il progetto, perché se ci si approccia a operare nel settore della salvaguardia ambientale senza avere questo spirito si è destinati a fallire. Voglio sottolineare che il nostro progetto ha superato ben due Conferenze dei servizi, con tutte le valutazioni tecniche del caso.
Per rispondere a queste e altre domande tecniche lascio la parola alla dottoressa Francesca Cortemiglia, la geologa che ha collaborato con l’ing. Delucchi alla stesura del progetto per la parte idrogeologica.
Dott.ssa Cortemiglia, inquadriamo il progetto della discarica di Sezzadio: su che tipo di territorio si colloca?
E’ un’ex cava di argilla in zona di piana alluvionale del F. Bormida. Sulla base della litologia dei terreni presenti nel sottosuolo ed all’assetto idrogeologico abbiamo valutato quali accorgimenti utilizzare a protezione della falda acquifera superficiale. E’ stato progettato un sistema di impermeabilizzazione più restrittivo di quanto previsto dalla normativa, infatti, oltre ad uno spessore di 1 metro di argilla con coefficiente di permeabilità di 10-7 cm/s ed al telo in polietilene ad alta densità è stato inserito un materassino bentonico da 6 mm di spessore che consente un incremento notevole dell’impermeabilità stessa del fondo della discarica ed al di sopra della barriera di confinamento artificiale il progetto prevede, come da legge, mezzo metro di strato drenante di ghiaia prima della posa dei rifiuti. La normativa indica inoltre che l’impermeabilizzazione del fondo deve essere ad una distanza di sicurezza di almeno due metri dal livello di massimo innalzamento raggiungibile dalla falda superficiale e nel nostro caso è stato previsto un “franco “ di tre metri, un metro in più di quanto previsto dalla normativa stessa. La discarica ha poi un fondo inclinato e pertanto risulta che circa il 90% di questo fondo è a una distanza di circa quattro/cinque metri rispetto al massimo innalzamento previsto della falda superficiale.
Ma la falda può essere contaminata dai materiali stoccati nella discarica?
I rifiuti conferiti sono rifiuti non pericolosi, solidi inorganici, non pulverulenti, non putrescibili e privi di proprio percolato. I criteri costruttivi devono comunque garantire l’isolamento del corpo dai rifiuti dalle matrici ambientali e pertanto è stato previsto, oltre il sistema di impermeabilizzazione ( argilla + materassino bentonitico + telo HDPE ) un sistema di raccolta alla base e relativo sollevamento di quelle che saranno le acque meteoriche, proprio per evitare qualsiasi rischio di contaminazione. Lungo il perimetro sono stati realizzati piezometri di monitoraggio per le acque di falda superficiale dove verranno eseguite costantemente analisi di verifica.
La polemica delle ultime settimane ha riguardato, in particolare, i pozzi idropotabili…
C’è stato, purtroppo, un mix di disinformazione e qualche idea tecnicamente non corretta sia su come è stata progettata la discarica sia sul contesto idrogeologico sul quale il progetto si andrà a realizzare. Un esempio sono i pozzi idropotabili che più volte sono stati citati dai comitati. Premesso che l’acqua è un bene pubblico che va comunque salvaguardato per legge, tali pozzi possiedono delle aree di salvaguardia, definite in base al criterio e alla profondità del pozzo stesso, all’interno delle quali non possono essere costruite aree destinate a discarica. Sia per i pozzi della zona di Predosa che per quelli di Sezzadio sono state già perimetrate queste zone mediante appositi studi: la discarica di Sezzadio sorgerà nettamente al di fuori di queste aree e più precisamente a circa 2,5 chilometri di distanza dai pozzi di Sezzadio ed ad almeno 4,5 chilometri dai pozzi di Predosa, nettamente superiori ai 200 metri previsti dalla normativa. Inoltre i pozzi di Sezzadio non sono collocati né a monte né a valle, ma proprio su un’altra direttrice di alimentazione e pescano su una falda diversa, una falda “profonda” (come la definisce la stessa Regione Piemonte), posta a più di 50 metri di profondità. Si badi che la Regione, e non la Riccoboni, ha stabilito che quei pozzi pescano da un acquifero diverso e non da quello superficiale. I pozzi di Sezzadio e Predosa sono tra l’altro posizionati a monte rispetto allo scorrimento della falda superficiale.
Nel malaugurato caso di inquinamento della falda superficiale, quindi, non ci sarebbero comunque problemi per i pozzi idropotabili che alimentano, tra gli altri, anche Acqui Terme e dintorni?
Premesso che l’ipotesi di contaminazione della falda superficiale è pressoché nulla, va detto che non potrebbe comunque interessare in alcun modo i pozzi di Sezzadio che vengono alimentati da un’altra falda, quella profonda, e sono fisicamente differenti, oltre a essere collocati a quasi tre chilometri di distanza. Tantomeno i pozzi di Predosa, che comunque sono a monte rispetto alla discarica e si trovano addirittura a più di quattro chilometri di distanza e appartengono pure ad un ambito idrogeologico differente.