L'Italia non sa riciclare: la metà dei rifiuti finisce ancora in discarica
Numeri e scenario impietosi dallo studio “L’Italia del Riciclo” promosso da Fise Unire e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile: il nostro paese arranca rispetto alle big d'Europa e nonostante questo spende una marea di soldi per la raccolta di rifiuti
06 December, 2012
Terzo mondo forse no, ma di certo non il primo. E comunque, lontani dagli altri paesi d’Europa. In tema di raccolta dei rifiuti, l’Italia resta un paese che arranca. Nel rapporto dal titolo “L’Italia del Riciclo” promosso da Fise Unire (l’Associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, lo scenario descritto del panorama rifiuti italiano è piuttosto complicato. Il rapporto, nato dalle elaborazioni di dati di provenienza europea, emerge chiaramente l’uso indiscriminato che il Belpaese fa dello smaltimento in discarica: sono infatti il 49% del totale i rifiuti che vengono ancora smaltiti con questa obsoleta modalità (l’Europa non fa una figura migliore, attestando una media del 30%), ma nel Mezzogiorno la situazione è veramente limite.
"In Italia solo il 33% dei rifiuti urbani viene recuperato, rispetto alla media europea del 42%; dopo di noi solo il Portogallo (19%) e la Grecia (18%). Quasi la metà dei rifiuti prodotti (il 49%) finisce in discarica, ben 15 milioni di tonnellate ogni anno, mentre in Europa viene mediamente conferito in discarica il 30% dei rifiuti", si legge nel rapporto "L'Italia del Riciclo". Il dossier, presentato ieri a Roma, fotografa una realtà molto lontana dai risultati dei paesi più virtuosi come l'Austria, la Germania, il Belgio e l'Olanda che dai rifiuti urbani recuperano rispettivamente il 70, il 62 e il 61% della materia prima. Si tratta di pratiche virtuose dal punto di vista ambientale, economico e sociale, visto che permettono non solo un notevole risparmio nell'import di materia prima e nello sfruttamento di ricchezze non rinnovabili, ma riducono drasticamente anche la necessità di ricorrere alle discariche (e al loro corollario di conflittualità), dove finisce al massimo il 3% dei rifiuti. Da noi sono ben 9 Regioni italiane che smaltiscono in discarica oltre il 60% dei propri rifiuti (Liguria, Umbria, Marche, Lazio, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia) e diventano 10, con la Campania, se si aggiungono a questi rifiuti quelli inviati fuori Regione o all'estero. Il Lazio, con oltre 2,5 milioni di tonnellate, è la Regione che smaltisce in discarica la maggiore quantità di rifiuti urbani in assoluto, pari al 74% di quelli prodotti.
Questo porta a dei costi abnormi. Il Rapporto ricorda ad esempio come la Lombardia, con una raccolta differenziata al 47,4%, ha un costo di gestione dei rifiuti urbani per abitante di 124,5 euro all'anno e un costo al chilogrammo di 24,65 centesimi di euro, mentre la Sicilia, con una differenziata del 7,3%, ha un costo per abitante di 150,77 euro e al chilogrammo di 29,83 centesimi di euro. Ma le cattive notizie per il nostro Paese non si fermano qui: secondo il Rapporto recuperiamo sotto forma di materia solo il 20% dei rifiuti (escluso il compostaggio), contro una media europea del 26%; anche il compostaggio e il recupero energetico si mantengono sotto la media del "vecchio continente", rispettivamente al 13% (in Europa al 16%) e al 18% (29% in Europa). In questo scenario critico, nel 2011 l'industria italiana del riciclo degli imballaggi si è mantenuta su buoni livelli sia per quantitativi, pari a 7,5 milioni di tonnellate (+2% sul 2010, quando erano 7.346), sia per tasso di riciclo, stabile al 64%: crescono carta (+3%), plastica (+4%) e vetro (+7%), in calo acciaio (-1%), alluminio (-13%) e legno (-5%).
"Il riciclo dei rifiuti – è il parere di Corrado Scapino, presidente di Unire - costituisce una delle priorità strategiche per lo sviluppo della green economy. Gli obiettivi di riciclo europei sono, per alcune filiere, ancora lontani e per raggiungerli è necessario che oggi le strategie di crescita industriale nazionale si coniughino con politiche di sviluppo sostenibile che prevedano l'impegno e la partecipazione di tutti i soggetti economici della filiera, dai produttori ai riciclatori. Resta tuttora prioritaria l'attivazione di nuove leve per stimolare il mercato dei materiali riciclati, evitando politiche ambientali miopi e strumentali che rischierebbero solo di frenare ulteriormente lo sviluppo dell'industria del recupero". Insomma, una situazione di totale arretratezza. "Uno dei motivi principali di questa situazione - afferma Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile - è la bassa tassazione sullo smaltimento in discarica (15 euro a tonnellate in Italia contro le 40 in Germania). Occorre dare effettiva priorità al riciclo, così come obbliga a fare la direttiva europea 98/2008 CE, ricorrendo anche agli incentivi economici o fiscali in quelle filiere, per esempio quella delle plastiche miste, dove il riciclo si trova in condizioni di svantaggio rispetto al recupero energetico".