Danno sanitario, come cambia il decreto salva Ilva | Intervista a Ermete Realacci
Fra gli emendamenti al decreto Ilva approvati dalle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera c'è anche l'obbligo di affiancare l'AIA a un rapporto di valutazione del danno sanitario, che potrebbe obbligare lo stabilimento ad attuare piano di riduzione degli inquinanti entro 12 mesi. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, la produzione verrebbe sospesa. Ne parliamo con l'on. ermete Realacci
14 December, 2012
La valutazione del danno sanitario introdotta dalla Regione Puglia sbarca alla Camera: fra gli emendamenti al Decreto Ilva approvati dalle commissioni Ambiente e Attività produttive ha trovato posto anche quello presentato da Realacci, Bratti, Braga e Margiotta (PD), in cui si inserisce l'obbligo di stendere un rapporto di VDS contestuale all'AIA in tutti i casi in cui uno stabilimento industriale venga individuato (con decreto del Presidente del Consiglio) come "stabilimento di interesse strategico nazionale". Per il via libera definitivo alla Camera però, bisognerà attendere la votazione in Aula prevista per la prossima settimana. Se il testo del decreto venisse approvato così come emendato dalle Commissioni, che cosa cambierebbe nel caso Ilva? E quante possibilità ci sono che la Camera approvi il testo con questo emendamento? L'abbiamo chiesto all'on. Ermete Realacci: "Il testo passerà, ne sono convinto. Sull'emendamento che inserisce la VDS però sono tranquillo, è un punto condiviso anche dal Governo. E' presto per dire cosa cambierà per l'Ilva in sè, ma questo resterà un punto saldo, che non riguarda più solo Taranto".
Il decreto viene chiamato "salva-Ilva", ma in realtà è stato esteso e a tutti gli stabilimenti in condizioni analoghe. Un passaggio un po' controverso, che per gli ambientalisti rischia di creare un precedente pericoloso. "Può la classificazione di uno stabilimento di interesse strategico nazionale (quando tra l’altro l’interesse non viene definito) da solo consentire di autorizzare l’attività produttiva di impianti inquinanti e nocivi per la salute in deroga alle norme in vigore?" chiede il WWF.
"Il decreto è stato esteso oltre i confini dell'Ilva per un problema di costituzionalità- continua Realacci - e noi abbiamo cercato, anche attraverso un emendamento non approvato, di restringere un po' il campo d'azione, intervenendo sui requisiti che deve avere un impianto per essere interessato dal decreto, in modo da ridurre il numero di stabilimenti definibili di interesse nazionale (per esempio aumentando il numero minimo di dipendeneti che deve avere, da 200 a 1000) ma purtroppo non è stato possibile. Con questi emendamenti sono stati fatti tanti passi avanti, anche se noi puntiamo a migliorarlo ancora".
Nel testo dell'emendamento si legge anche che gli stabilimenti obbligati dalla VDS alla è stato esteso oltre i confini dell'Ilva per un problema di costituzionalità, dovranno presentare al Ministero dell'ambiente un piano di riduzione da attuarsi entro i successivi dodici mesi, che deve essere approvato dal Ministero stesso. Durante questo periodo la produzione si ferma o no? "No, il piano di riduzione è pensato nell'ottica di un regime produttivo ridotto, ma continuo. Se gli obiettivi non vengono raggiunti, però, il Ministero provvede a sospendere le attività industriali dell'impianto. Si tenga conto di una cosa: chiudere gli stabilimenti non significa purtroppo azzerare l'inquinamento. Abbiamo visto tanti brutti casi in cui le bonifiche degli impianti dismessi non sono mai avvenute, e gli eco-mostri sono rimasti abbandonati sul terriritorio. Meglio allora cercare di fare tutto il possibile per evitarlo, riqualificando gli impianti, senza sacrificare né il lavoro ne l'ambiente".
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