\"Ma qui per superare la crisi si continua a violare le legge\"
Donato Ceglie, il magistrato titolare di molte inchieste sul traffico dei rifiuti: non solo camorra
29 March, 2004
L´INTERVISTA L´assurdo Si dichiara l´emergenza, nascono strutture fuori norma che poi si chiudono NAPOLI - «Le radici del problema rifiuti sono facilmente individuabili: la colpa è di una gestione da parte della camorra che dura da più di vent´anni». Donato Ceglie, procuratore della Repubblica presso la Procura di S. Maria Capua Vetere, è uno dei magistrati in prima linea sul fronte caldo della Campania. E appare molto preoccupato. Anche le indagini durano da più di vent´anni. Che progressi sono stati fatti? «Già nel 1992 con l´operazione Adelphi sono stati individuati i rapporti tra un certo tipo di imprese, la camorra e la massoneria. E´ stato cioè individuato un cartello di forze che aveva stipulato un patto per dividersi i proventi derivanti dal traffico di rifiuti. E l´indagine Cassiopea ha evidenziato un movimento illecito che riguardava oltre un milione di tonnellate di rifiuti». I progressi dell´analisi del fenomeno non hanno però portato a un miglioramento reale della situazione. Dopo nove anni di emergenza in Campania, il Tar e il Consiglio di Stato hanno dichiarato illegittimo il regime dell´emergenza, ma il loro parere è stato scavalcato da una nuova legge. Ci dobbiamo preparare ad altri dieci anni di emergenza? «Direi proprio di no. Al contrario oggi si tratta di uscire dallo stato di straordinarietà e di tornare ad affidarci alle istituzioni elettive: non si possono imporre strategie in contrasto con le direttive europee. Bisogna condividere le scelte con la popolazione direttamente interessata. Oggi di condiviso c´è solo l´esasperazione». C´è chi vede la mano della camorra dietro le resistenze di fronte a ogni proposta di un nuovo impianto di trattamento. «Quando la camorra si interessava molto ai rifiuti nessuno ne parlava. Ora che è la gente a interessarsi ai rifiuti si parla di camorra. E´ ovvio che occorre prestare la massima attenzione alla possibilità di infiltrazione della malavita organizzata. Ma non si può dimenticare che ci sono paradossi che finiscono inevitabilmente per moltiplicare le proteste». Per esempio? «Per esempio io ho dovuto far sequestrare discariche messe in piedi per far fronte all´emergenza: erano irregolari. La situazione è dunque arrivata all´assurdo: si dichiara l´emergenza e con l´emergenza si creano strutture che a loro volta devono essere chiuse alimentando così l´emergenza». Come si può rompere questo circuito? «Con due mosse. La prima è ripristinare la legalità in maniera rigorosa. Non basta disporre di una discarica autorizzata: bisogna anche che siano autorizzati i camion che entrano in quella discarica». Non è la stessa cosa? «No, perché le discariche autorizzate si riempiono prima del tempo per colpa dell´afflusso di rifiuti di provenienza illegale. In questo modo anche le misure tampone si esauriscono prima di riuscire a produrre benefici». E la seconda mossa? «Si deve chiudere il ciclo dello smaltimento del rifiuto, un ciclo che resta monco per vari motivi. La raccolta differenziata ha valori troppo bassi. La costruzione degli impianti di termovalorizzazione in cui dovrebbe confluire il combustibile da rifiuto è bloccata. E, secondo le indagini di tre procure, la qualità delle cosiddette ecoballe che si sono andate accumulando per due anni non è idonea alla termovalorizzazione». Questa situazione ha portato a un´esasperazione diffusa che a sua volta rende più complicata la soluzione del problema. Come si fa a convincere la popolazione interessata ad accettare i nuovi impianti? «La Campania è piena di rifiuti: non entra più uno spillo. E, calcolando che c´è stata anche un´impennata della malattie tumorali, l´esasperazione è comprensibile. Ripeto che bisogna uscire dalla gestione dell´emergenza e realizzare le condizioni per creare consenso attorno all´intero ciclo dei rifiuti». (a.cian.)