Letti per voi Brasile, tutte le virtù della spazzatura
Dalle discariche ricavano specchi e tavoli: i «catadores» recuperano così l’85% dei rifiuti - da L'Unità del 03.05.2004
04 May, 2004
SAN PAOLO Quando scende la sera Praça da Sé è un pullulare di uomini stanchi e carretti di legno a due ruote, ricolmi di ogni genere di rifiuto, stipati degli scarti di una giornata di vita in una megalopoli da dieci milioni di abitanti. A tirarli non ci sono cavalli, ma braccia asciutte e nervose, coperte di una patina di polvere, incollata sulle pelle dal sudore. I piloti di questi «risciò del riciclaggio» sono i catadores. Uomini e donne che appartengono alla strada e che in strada hanno trovato il modo di sopravvivere. E di trasformare la loro povertà in una risorsa per il Paese. I catadores sono i mattoni insostituibili della piramide del riciclaggio in Brasile. Trattano o raccolgono il 90 per cento dei materiali riciclabili. A loro le grandi compagnie pagano complessivamente ogni anno 35 milioni di reais, cioè circa 10 milioni e 600 mila euro. Un bravo catador riesce a guadagnare anche tre volte il salario minimo, che ammonta a 240 reais, pocomeno di 80 euro. Su 5500 municipi verdeoro, 3800 possono contare sui catadores mentre non arrivano a 100 quelli che hanno un programma ufficiale di riciclaggio. Se il Brasile riesce a riciclare l'85 per cento delle lattine di alluminio entro un mese dal loro consumo è grazie al lavoro fatto dalle mani semplici dei catadores. Tirando il loro carretto che sembra fuori del tempo, come aspirapolveri umane tirano a lucido le vie. Passano al setaccio ogni centimetro quadrato, ripulendolo dal lixo, cioè dai rifiuti solidi. E nelle loro mani la spazzatura diventa vita. Come in ogni creazione che si rispetti, dal caos indistinto del lixo i catadores infatti fanno nascere materiali riutilizzabili. In grandi sacchi di plastica nera separano il legno dalla plastica, dal vetro, dal ferro. Prendono la carta, la pressano, e dopo il lifting le regalano una seconda identità. Poi vendono il frutto del loro lavoro a depositi e magazzini che venderanno i materiali già separati ad altri depositi e magazzini e così via. Ma c'è chi non si contenta di preparare «l'impasto» di una creazione che mani diverse trasformeranno in quaderni, bottiglie e lattine. Così qui a San Paolo, grazie a un progetto della Rete Radiè Resch di Quarrata (PT), i ragazzi della Casa «Cor da Rua», cioè «Colore della strada», invece di ammucchiare l'argilla da cui altri tireranno fuori un Adamo, trasformano quella che a un occhio non lungimirante parrebbe irrimediabile immondizia in specchi, appendiabiti, tavoli e sedie finemente decorati con mosaici. Poi sottovasi, scatole e scatolette di ogni forma e dimensione. E se un portacenere può nascere da una lattina come dal copri-cerchione di una Bmw, gli «omini» per appendere impeccabilmente pantaloni e giacche possono essere figli legittimi del matrimonio tra una stampella e l'anta di una credenza. Oppure essere eredi unici di un pezzaccio di legno non meglio identificabile al momento del rinvenimento in strada. Solo poi la bacchetta magica dei ragazzi lo trasformerà da ranocchio in appendiabiti o in un principesco tavolo da giardino. Una tempesta di colori e grazia, come nei cugini italiani di Deruta, con un mosaico di toni e tinte fatto dei mille materiali della strada invece che di ceramica. La presenza del presidente Lula all'inaugurazione della Casa «Cor da Rua» il 23 dicembre scorso è stata un segnale forte sulla via del riconoscimento del lavoro svolto dai catadores. Dopo il primo Congresso nazionale nel giugno 2001 - cui hanno partecipato 1700 persone, in rappresentanza di 16 stati del Brasile – i catadores stanno infatti lottando per essere riconosciuti come categoria professionale. Anche se di sindacati e contratti collettivi non ne vogliono sapere e preferiscono declinare la loro professionalità secondo le numerose realtà delle cooperative. Sia per valorizzare il lato associativo, il «fare insieme», sia per la fitta rete di rapporti lavorativi già consolidati nella storia di ogni coop. Infatti, se è vero che il lavoro dei catadores rappresenta il presente e il domani del riciclaggio in Brasile – tanto da rischiare la concorrenza, in un futuro prossimo, dei giganti del settore - è altrettanto vero che la strada che i catadores hanno già sotto le suole è molto più lunga dei chilometri collezionati ogni giorno. Negli ultimi vent'anni hanno difeso con le unghie e coi denti la dignità del loro lavoro. Per esempio quando il sindaco Jânio Quadros (che rinunciò alla presidenza del Brasile, in favore di Joao Goulart, prima del golpe) tentò di mettere i bastoni tra le ruote dei carretti dei catadores, ostacolando il loro lavoro coi pretesti più vari. Regina Maria Manrel, della Organizacao de Ausilio Fraterno ricorda: «Il sindaco diceva che i carretti non erano “belli a vedersi” e che il “lixo” era prodotto dalla città e quindi apparteneva alla prefettura». In quegli anni la polizia sequestrava i carretti e i catadores si caricavano i rifiuti sulla testa pur di continuare a lavorare. La prima cooperativa, la Coopamare (Cooperativa dos Catadores Autônomos de Papel, Aparas eMateriais Reaproveitáveis), è nata nel 1989. E come un sasso nello stagno, attraverso circoli virtuosi, questa esperienza di San Paolo si è trasferita nel Minas Gerais e nel Rio Grande do Sul. Gli anni '90 sono serviti a gettare le basi per i primi incontri tra le organizzazioni popolari che lavorano con materiali riciclabili. Dai semi gettati nel primo Congresso è nato poi il Movimento nazionale che oggi, oltre a chiedere il riconoscimento professionale, forma i catadores. Insegnandolo loro l'abc del mestiere (come riconoscere e separare i materiali) ma anche a comunicare, a relazionarsi. E molto spesso, più semplicemente, a leggere e scrivere. A sinistra, il deposito della Casa «Cor da rua».