Le polveri restano il primo nemico
IL RAPPORTO DELL’ARPA: IL PM 10 CONSIDERATO IL MAGGIORE RESPONSABILE DEI DANNI ALLA SALUTE
23 October, 2003
Alessandro Mondo Calano biossido di zolfo e monossido di carbonio; diminuisce il benzene, che pure resta sopra il limite di legge; stabile l’ozono; aumentano biossido di azoto e polveri inalabili. Alle soglie dell’ennesimo inverno scandito dagli stop alla circolazione, la qualità dell’aria resta un miraggio. Basta scorrere il «borsino» dello smog, riepilogato dall’Arpa nell’ambito del voluminoso rapporto annuale sullo stato ambientale del Piemonte (dati 2002), per rendersi conto di come il «cocktail» di veleni quotidiani respirati dai torinesi continui a dominare la classifica delle priorità: varia il dosaggio degli ingredienti, resta la pericolosità. Né è casuale che il problema abbia caratterizzato molti interventi, a partire da quello del sindaco (presente con Enzo Ghigo e Mercedes Bresso, presidenti di Regione e Provincia. Assente il ministro per l’Ambiente Matteoli). Mentre i proprietari dei veicoli non catalizzati vivevano il loro primo giorno di esilio dal territorio comunale, Chiamparino ha elencato le «criticità» della situazione torinese. «Partendo dal traffico, l’obiettivo è completare entro l’estate il controllo elettronico della Ztl allargata attraverso un sistema di accessi flessibile», ha spiegato il sindaco. Segue l’estensione del teleriscaldamento ad opera dell’Aem, potenziato grazie alla prossima realizzazione della centrale di riserva nei pressi del Politecnico. Un’opzione «pulita», oltre che economica, se non fosse che - ha fatto notare Chiamparino sollecitando l’azienda - resta ancora scoperta tutta la zona Nord di Torino. Gli ultimi due nodi sottolineati in rosso nell’agenda del sindaco sono la presenza ingombrante dei superstiti impianti a carbone (pur essendo scesi al 5% bruciano 5 mila tonnellate annue di combustibile) e la realizzazione del controverso inceneritore: «Le valutazioni di impatto ambientale del Politecnico sono in dirittura di arrivo, l’impianto segnerà una svolta per Torino e per l’area metropolitana anche sul fronte energetico». Resta l’emergenza vissuta anche quest’anno dalla città e dai Comuni limitrofi, alle prese con un inquinamento più parcellizzato e per questo ancora più insidioso. «Nell’ultimo decennio sono diminuite le fonti primarie di emissioni come le industrie - spiega Enrico Garrou, direttore del Dipartimento di Torino -, ma sono aumentati i volumi di traffico». L’estensione delle catalitiche ha attenuato i sintomi senza eliminare la malattia. Fanno fede i dati contenuti nel dossier ambientale presentato ieri al Lingotto da Vincenzo Coccolo, direttore generale Arpa Piemonte. Le fonti inquinanti rapportate al territorio dell’area metropolitana superano di gran lunga quelle riferite all’intero Piemonte: la densità di emissioni di alcuni composti nocivi ricollegabili alla presenza di attività industriali ed artigiane, oltre che del traffico su strade urbane e tangenziale, supera di oltre 12 volte la media regionale. Aumenta l’allarme per le ricadute del «particolato», cioè dell’insieme delle polveri, sulla salute. L’emergenza riguarda soprattutto quelle inalabili (Pm10) e quelle respirabili (Pm 2,5): secondo l’Arpa, che recepisce stime dell’OMS, «a Torino il 3% del totale dei decessi è attribuibile all’esposizione a concentrazioni di Pm10 superiori a 20 microgrammi per metro cubo, il 6% circa dei decessi per cause respiratorie ed il 3% per cause cardiovascolari». Ancora: «Se le concentrazioni di Pm10 fossero contenute a valori inferiori ai 20 mg/mc, il limite medio annuale previsto dall’Unione Europea per il 2010, si avrebbe la diminuzione di circa 490 decessi l’anno nei soli capoluoghi di provincia». Numeri e prospettive che fanno impallidire il blocco ai non catalizzati, senza però rimetterlo in discussione. «Intervenire sui mezzi più obsoleti offre un contributo non risolutivo ma importante - spiegano Francesco Pavone e Mauro Grosa per l’Agenzia -. E’ stato calcolato che, in occasione della circolazione a targhe alterne disposta negli inverni passati, la riduzione quotidiana delle auto circolanti non superava comunque il 20%. Se la stessa media sarà confermata anche quest’anno, ma a fronte di veicoli più vecchi e quindi più inquinanti, il gioco varrà la candela. Certo, l’ideale sarebbe estendere il divieto a cinque giorni la settimana». Questo perché, spiegano, «in termini di emissioni il rapporto tra una vecchia vettura a benzina ed una catalizzata è di cinque a uno. Sui Pm10 prodotti dai diesel, invece, sale da venti ad uno». Significa che qualsiasi strategia anti-smog non può prescindere dalla presenza di un parco veicoli non eco-compatibile che in Provincia, sono dati Aci, raggiunge valori significativi: preoccupa il 32% di vetture private, ma ancora di più il 58% dei veicoli commerciali in circolazione (la metà dei quali supera i 15 anni di vita).