La modernità che stravolge piazza San Carlo
20 May, 2004
di Paolo Pejrone VIVERE una città antica in modo moderno è molto difficile, spesso impossibile. Non ci sono leggi né teorie che possano venire in aiuto, ogni città ha la sua storia e la sua architettura, ha le sue abitudini, le sue tradizioni e la sua cultura. Soltanto il «buon senso», così raro e così estinto, può dare una valida mano a salvare il salvabile… E' importante decidere a monte quali sono le priorità: o l'aspetto esterno ed il suo uso o l'anima di un posto. Far diventare una piazza affascinante e dal delicato ed armonico equilibrio come Piazza San Carlo un coperchio traforato da griglie, graticole e bocche d'aria è sicuramente una scelta senza ritorno. Si pensa veramente con sincerità di non poter fare in altro modo? Siamo e lo sappiamo bene nel secolo dei «liftings»: non c'è più rispetto per il proprio aspetto né per quello degli altri… Dobbiamo per forza sembrare a qualcun altro e apparire sempre più giovani ed efficienti! La finzione e la fruizione si sovrappongono, con dinamico modernismo, a qualsiasi azione, pensiero e rimorso. Le sovrintendenze, attente e precise nei loro compiti, dovrebbero tutelare e difendere con maggior vigore un patrimonio che è totalmente affidato alle loro mani… Perché non sono, a scapito di una superficiale modernità e di una demagogica efficienza, più consapevolmente e tranquillamente conservatrici? Una piazza così bella, così autentica e così perfettamente conservata e così completamente d'autore non si deve toccare in modo irreparabile senza una priorità essenziale ed assoluta. Sono forse essenziali ed assoluti i posteggi sotto il Caval ‘d Brons? Sarà inderogabile per i cittadini futuri avere le proprie automobili sotto i negozi ed i bar della più caratteristica ed elegante delle piazze di Torino? Si può esser moderni senza rinnegare il proprio passato: una città intelligente e all'avanguardia non distrugge ma protegge lasciando integri gli esempi più speciali del proprio patrimonio.