Nucleare - La Germania potrebbe fare marcia indietro
ANDREA TARQUINI
23 June, 2004
Il vento dei grandi ripensamenti e dei dubbi di fondo soffia forte sulla politica energetica tedesca. Il caropetrolio, le minacce poste dal terrorismo internazionale e dai conflitti in Medio Oriente all'approvvigionamento di greggio, la congiuntura debole hanno rilanciato in Germania un dibattito che sembrava chiuso col cambio di governo nell'ormai lontano settembre 1998: il dibattito su un eventuale futuro dell'energia nucleare. L'opposizione conservatrice chiede di rinunciare all'addio dolce all'atomo civile, costruttori di centrali (in testa Siemens) e produttori d'energia fiutano già la speranza di megacontratti. Il governo rossoverde fa muro, ma la problematica contagia gli esperti nei suoi ranghi. Tanto più che il grande alleato francese ha fretta di rilanciare il nucleare ammodernando, anche insieme a Siemens, i suoi 59 reattori atomici. E secondo la lobby atomica il tempo stringe: il mercato mondiale dell'atomo civile, dal Regno Unito alla Finlandia, dall'Europa orientale fino all'Estremo oriente e al Sudafrica, promette un decollo di commesse e di profitti. E' un dibattito che investe il cuore del sistema. La rivolta contro le centrali nucleari, sull'onda dell'emozione per il disastro di Cernobyl, fu una spinta decisiva nel ritorno della sinistra al potere. E la decisione di chiudere per legge, di qui al 2021, i 19 reattori atomici tedeschi che nel 1998 fornivano il 33% del fabbisogno energetico nazionale, resta un momento costitutivo del programma della maggioranza rossoverde. Ma mentre anche le elezioni europee hanno mostrato la crescente fragilità della coalizione, il caroenergia rimette quasi tutto in discussione. "In politica non c'è nulla di irreversibile", afferma Klaus Rauscher, presidente di Vattenfall Europa. Il messaggio è chiaro: secondo i produttori, quella legge andrebbe riscritta. "Ogni generazione ha la sua coscienza, non vuol lasciarsi dettare dalle generazioni precedenti ogni scelta sull'energia", dice malizioso Walter Hohlefelder, numero uno dell'Atomforum (la potente lobby del nucleare) e membro della presidenza di Eon, uno dei massimi produttori di energia elettrica del paese. Il messaggio è chiaro: i giovani di oggi non devono lasciarsi condizionare dai giovani di ieri, gli ex sessantottini al potere con Schroeder e Fischer. Nessuno sa, in effetti, come dal 2020 in poi la Germania ce la farà a sostituire la produzione di energia elettrica che viene dalle centrali nucleari con altre fonti energetiche. L'incertezza è tale che già oggi alcuni produttori di energia, come EnBW, importano massicciamente l'elettricità atomica fornita da Electricité de France, o dai paesi dell'Est. E colossi industriali del calibro di Volkswagen progettano di trasferire parte della produzione ad Abu Dhabi (la monarchia del Golfo vuole entrare nel pacchetto Vw come secondo azionista) perché laggiù l'energia è di oltre un terzo meno cara. Come meno cara è anche in Francia (i reattori di EdF forniscono quasi l'80% del fabbisogno) a vantaggio dell'industria esportatrice transalpina. Il governo ufficialmente fa muro. "Costruire nuove centrali oggi è illegale", avverte il ministro dell'Ambiente, il verde Juergen Trittin, un ispiratore dell'addio all'atomo. Ma di parere opposto è un uomo forte dell'opposizione, il premier bavarese Edmund Stoiber: "Secondo me è bene lasciarsi aperta l'opzione di costruirne di nuove, se sarà necessario". La CduCsu ha più volte detto che, se tornerà al potere con le legislative previste per il settembre 2006, rivedrà la scelta di spegnere i reattori. Sarà forse un caso, ma una voce molto ascoltata nella CduCsu è il numero uno di Siemens, Heinrich von Pierer. Kwu, la branca di Siemens che costruisce centrali atomiche, è unita ai francesi di Framatome insieme a cui è il primo produttore mondiale. Il rinnovo dei 59 reattori della Quinta repubblica è un affare da non perdere. E la lobby atomica francotedesca guarda agli ambiziosi progetti inglesi, cinesi, sudafricani, alla possibilità che gli Usa riprendano a costruire centrali, all'est che ha fretta di sostituire le sue vecchie e pericolose centrali di tipo sovietico. La lobby atomica si fa furba, usa argomenti ecologici. Le centrali nucleari, dice, non surriscaldano la temperatura del globo, non inquinano. Oggi i reattori attivi in Europa riducono le emissioni di 830 milioni di tonnellate di CO2 l'anno, cioè dell'insieme dell'inquinamento provocato nel Vecchio Continente dal traffico automobilistico. Finlandesi e sudafricani cercano assistenza nei loro progetti di reattori di nuova generazione, anche Pechino bussa alla porta francotedesca. Sono scelte da mentalità del passato, ribattono Spd e Verdi. Il cancelliere Schroeder propone invece di aumentare drasticamente e in fretta gli investimenti nelle energie ecologiche e rinnovabili, da quella eolica alla geotermica, dall'energia solare alle biomasse. Eppure il dubbio serpeggia a sinistra. Il professor Fritz Vahrenholt, ex ministro socialdemocratico nella cittàStato di Amburgo, chiede di cominciare almeno a rallentare le scadenze di chiusura dei reattori tedeschi, "per consentire alla politica energetica di guadagnare tempo". E lo stesso Schroeder ammette che occorre ridurre la dipendenza economica e politica dal petrolio. Sullo sfondo ci sono le previsioni sull'esaurimento delle risorse di greggio e sul fabbisogno energetico mondiale, che di qui al 2030, secondo uno studio euroamericano citato da Stern, aumenterà di almeno il 70%. Eppure i rischi del nucleare continuano a fare paura, nella Germania del crepuscolo politico dei rossoverdi. Primo, c'è il problema delle scorie radioattive: già adesso i depositi sono al limite delle capacità. Reattori del futuro, capaci di consumare molto meno e di funzionare anche con buona parte del combustibile nucleare già usato, sono una promessa lontana. Secondo, il timore di incidenti non è fugato. Terzo, c'è la minaccia del terrorismo. L''intelligence tedesca teme che Al Qaeda lanci aerei dirottati non su grattacieli a Francoforte, ma contro centrali atomiche. Sarebbe una catastrofe da far impallidire Cernobyl. Una minaccia che francesi e britannici prendono sul serio: dopo l'11 settembre la difesa dei reattori è una priorità della loro contraerea missilistica e delle squadriglie della difesa aerea. Ma Berlino non ha le stesse risorse militari di Parigi e Londra, e questo la rende potenzialmente più vulnerabile.