Urbanistica - la lezione della Norvegia
Ma per il Prg di Napoli il sottosuolo non è ancora una risorsa - da Il Denaro del 26.11.2004
02 December, 2004
Gerardo Mazziotti La Carta di Atene del 1932, elaborata da Le Corbusier, introduce un principio in grado di rivoluzionare la cultura e la prassi urbanistica dei nostri tempi. ”Il pedone deve potere usare strade a lui riservate, diverse da quelle destinate alle auto… e ciò costituisce una riforma radicale del traffico urbano”. Il corollario, introdotto dagli urbanisti nordeuropei e giapponesi, postula la convenienza di destinare il sottosuolo delle grandi città alle strade carrabili e ai parcheggi e a tutte quelle attrezzature che non necessitano di aria e luce naturali. E di riservare gli spazi urbani “en plain air” esclusivamente alle persone. E, nei casi di emergenza, ai mezzi di soccorso. Città con tanto verde e silenzio, senza rumori e senza smog, dove i pedoni tornano ad essere i padroni assoluti dei viali alberati e dei parchi, delle strade commerciali, dei lungomari e dei centri antichi, città a misura d’uomo sono già prossime a diventare una realtà nei paesi nordeuropei che hanno applicato i princìpi della “urbanistica a tre dimensioni”. E che sono all’avanguardia nelle metodologie di utilizzo del sottosuolo. Nelle città europee e giapponesi il sottosuolo è sempre più al centro di ogni scelta urbanistica, perché rende possibile realizzare strade e parcheggi, centri commerciali, teatri e cinema, palestre e discoteche, day-hospital e pronto-soccorsi anche nelle aree urbane più densamente edificate. E, in particolare, nei centri storici dove le memorie del passato e il rispetto ad esse dovuto non consente, spesso, inserimenti di nuovi manufatti edilizi. Tanto meno demolizioni per far posto a strade e parcheggi. A Londra, a Parigi e a Mosca sono state realizzate strutture edilizie che raggiungono i cento metri di profondità con venti livelli di utilizzazione. Nei paesi scandinavi sono finiti nel sottosuolo inceneritori, depositi alimentari, rifiuti industriali e la parte robotizzata delle industrie, oltre a strade urbane ed extra-urbane e grandi parcheggi. In Norvegia c’è la struttura sotterranea più grande del mondo: lo stadio del ghiaccio per 4 mila spettatori costruito a Lillehammer per le Olimpiadi del 1994. In molte altre città europee, hanno già realizzato nel sottosuolo, oltre alle metropolitane, anche strade, parcheggi, ipermercati, cinema multisale, day-hospital, discoteche, centri congressuali. In Giappone sono già una realtà interi quartieri immersi a diecine di metri di profondità anche come difesa dai catastrofici terremoti di quel paese. Da decenni i giapponesi lavorano, studiano, si divertono, si spostano nel sottosuolo delle grandi città. A Napoli siamo all’anno zero, se non addirittura alla preistoria. A dispetto del fatto che il sottosuolo cittadino sia “naturalmente” propizio (anche per l’esistenza di grandi cavità e per la sua natura tufacea) ad accogliere, non solamente le linee del metrò (e le discutibilissime stazioni dell’arte, ispirate al cattivo gusto di quelle staliniane di Mosca degli anni ’30), ma anche strade carrabili a scorrimento veloce (come l’autostrada da Bagnoli a San Giovanni, progettata da Crisci, Guizzi, Rosi e da me), nuove reti fognarie, parcheggi e tutte quelle attrezzature urbane necessarie per migliorare la qualità della vita. E’ perciò motivo di forte critica il fatto che gli urbanisti comunali, alle prese per dieci anni col razionale assetto del territorio, non abbiano pensato di inserire nel nuovo Prg (che alcuni sprovveduti esaltano come uno strumento di grande importanza per i destini dei napoletani) uno studio dedicato all’utilizzo del sottosuolo per trasformarlo da “problema” (e che problema) a “risorsa”. E pensare che Antonio Cederna, in un momento di cedimento mentale, ebbe a definirli “i giganti dell’urbanistica”. Ma và !