Diffidate di chi parla di provvedimenti strutturali
17 January, 2005
“Le targhe alterne e le domeniche a piedi non servono a nulla, ci vuole ben altro, occorrono provvedimenti strutturali” : quante volte lo avete sentito dire? Al termine “provvedimenti strutturali” segue in genere la richiesta di potenziamento del trasporto pubblico, ma talvolta anche quella di infrastrutture parcheggi sotterranei e sottopassi che rendendo il traffico più snello e veloce diminuirebbero lo smog. Quest’ultima ipotesi è la frontiera, la bandiera, degli automobilisti incalliti, spesso rappresentati anche culturalmente dall’Aci (Automobil club). La loro tesi è ampiamente contestabile: è impossibile snellire il traffico ovunque, e quindi il cosiddetto snellimento, cioè la velocizzazione qua o là del traffico si traduce solo in un incentivo a usare la macchina, quindi in ulteriori consumi di carburante: e l’imbottigliamento si produce poi più a valle, da qualche altra parte. Invece rispettabile e fondata è ovviamente la richiesta di potenziamento dei trasporti pubblici, ma invito a sospettare quando viene presentata in contrapposizione, in alternativa ai provvedimenti temporanei e coercitivi tipo quelli di questi giorni. Sotto sotto, o anche esplicitamente, chi si oppone a targhe alterne e domeniche a piedi considera del tutto giustificato l’abuso quotidiano di automobili e motorini che ci fa soffocare nell’inquinamento. La colpa sarebbe tutta del fatto che i trasporti pubblici sono carenti. Questa posizione è particolarmente sfacciata da parte degli esponenti del Polo, il cui governo ha praticamente bloccato – e come minimo assai rallentato – gli investimenti per il potenziamento delle infrastrutture di trasporto pubblico locale, e recentemente ha tagliato i fondi per il potenziamento dell’esercizio. Eppure quando nelle città amministrate dal centro-sinistra sono i sindaci a bloccare almeno parzialmente il traffico, gli esponenti del Polo fanno a gara a protestare e a dire che “altre devono essere le soluzioni”. Non cadiamo nell’errore di imitarli. Forse avrete già capito dove voglio arrivare. L’attuale abuso di auto e moto in città non è solo l’effetto della carenza del trasporto pubblico, ma è anche prima di tutto e in buona parte una perversione italica, un malcostume, che oltretutto si autoalimenta perché le tante auto ostacolano i mezzi pubblici e scoraggiano l’uso della bici. Al contrario, anche con tutti i limiti attuali, la rete del trasporto pubblico funziona molto meglio quando è protetta, o quando si blocca il traffico delle auto. E l’uso della bici viene enormemente facilitato. Le giornate di targhe alterne e le domeniche a piedi, se episodiche ovviamente non sono la soluzione al problema. Ma in realtà stanno dimostrando che nonostante qualche disagio si sopravvive benissimo anche col traffico privato limitato. Tanto da far venire voglia di pensare che alcuni dei “provvedimenti strutturali” potrebbero essere proprio delle semplici regole permanenti di limitazione e selezione del traffico privato. La discussione è intrigante perché non riguarda solo il traffico ma i limiti e le storture del modello di sviluppo in generale. Dietro al ragionamento di chi protesta contro i blocchi invocando provvedimenti strutturali c’è un po’ la filosofia di chi pensa che la colpa dei mali del mondo sia sempre e solo di qualcun altro, dei delinquenti o dei governi o delle multinazionali, e non si rende conto che c’è invece anche spesso qualcosa da cambiare nel nostro modo di vivere. A scanso di equivoci : sacrosanta è la richiesta di un potenziamento deciso dei trasporti pubblici locali. E inutile sarebbe la predica di “usare meno l’auto” senza pretendere che si fissino regole. Purchè non ci si illuda di poter avere una sorta di taxi gratuito che ci porti da casa a qualunque parte senza neanche pedalare o camminare un pochino. E purchè la battaglia sia fatta coerentemente, contestando innanzitutto al governo la logica per cui privilegia le “grandi opere” poco utili e devastatrici dell’ambiente alle “piccole grandi opere” per far andare nuovi tram. *** C’è qualche piccolo parallelo tra quanto sopra e il conflitto sul fumo nei locali pubblici ed uffici. La vicenda del fumo sembra essere del tutto apolitica, ma forse è solo trasversale. Si scontrano forse due principi particolarmente presenti nella sinistra, la libertà trasgressività dei piaceri del corpo e la tutela della salute pubblica e dell’ambiente. Dato poi che le sigarette poco incidono sui macroequilibri ambientali, è forse anche comprensibile che le associazioni ambientaliste non scendano in campo contro il fumo. Mi resta però il dubbio che la questione del fumo resti fuori dalla politica e dall’ambientalismo solo perché scomodamente ci costringe a fare i conti con noi stessi e/o con le persone a cui siamo più vicini.