Domeniche a piedi, avanti in ordine sparso
IL PIANO DELLA PROVINCIA APPLICATO IN MODO NON OMOGENEO RIAPRE IL PROBLEMA DEI PROVVEDIMENTI ANTI-SMOG. E Chiamparino attacca il governo: un bluff i soldi promessi da Matteoli
24 February, 2005
Alessandro Mondo Alcuni, come Chivasso e Volpiano, non vogliono sentir parlare né di targhe alterne né di domeniche a piedi. Altri, come Nichelino, negano il primo provvedimento e si convertono al secondo. Altri ancora, è il caso di Chieri, aderiscono ma in prospettiva. Fermare i motori il 27? Nemmeno per sogno. Eventualmente se ne riparla per le prossime due edizioni. E’ di ieri la notizia che Vinovo, pur avendo dato il suo assenso alla domenica pedonale, si tira indietro. Comune che vai, usanza che trovi, con la Provincia a rincorrere giorno dopo giorno gli esponenti delle singole amministrazioni a colpi di telefonate: una volta è il sindaco; un’altra il vicesindaco o l’assessore all’Ambiente. Sia come sia, per un motivo o per l’altro alla fine non ci si capisce mai. Fino al giorno prima tutto può essere ridiscusso. Rendere la mappa dei Comuni che condividono lo stesso provvedimento diventa un’impresa quasi impossibile. A Palazzo Cisterna se ne sono accorti non più tardi di ieri, quando Vinovo e Chieri hanno dato forfait dopo aver figurato nel comunicato di Palazzo Cisterna fra i Comuni del «sì» alle domeniche pedonalizzate. Solo un equivoco o l’inizio di una defezione su larga scala? I corsi e ricorsi delle targhe alterne insegnano. Anche per questo Dorino Piras, assessore provinciale alla Qualità dell’Aria, non dispera: «Certo che sono perplesso. Entrambi i Comuni mi avevano assicurato la loro adesione. Domani (oggi per chi legge) voglio capire cosa è accaduto. Non è escluso che ci siano ancora margini per un ripensamento». Eppure tutto pareva chiarito: venerdì si era tenuto il tavolo politico sulle domeniche a piedi, alla presenza di sindaci ed assessori; martedì ha fatto seguito il tavolo tecnico, quello nel quale i funzionari rappresentativi delle amministrazioni interessate avrebbero dovuto lavorare ai dettagli di una linea già concordata. Così è stato, fino a un certo punto. In quella sede alcuni Comuni hanno chiesto di poter applicare l’ordinanza con una serie di deroghe legate a specifiche esigenze territoriali: assenza o carenza di trasporti pubblici; necessità di garantire il collegamento a borgate isolate; libertà di traffico sulle strade provinciali (peraltro sancita dalla legge), e via di questo passo. Richieste per certi versi legittime, che però hanno provocato l’immediato altolà di Torino. «Vada per le domeniche a piedi - aveva commentato il sindaco Chiamparino nei giorni scorsi -, a patto che il provvedimento sia omogeneo sul territorio». Da qui l’aut-aut arrivato da Palazzo civico nella giornata di martedì: o tutti o nessuno, è stata l’obiezione; perchè Torino dovrebbe chiudere ai motori una città di 900 mila abitanti quando i Comuni più piccoli si prendono delle licenze? Ad accrescere il nervosismo, il braccio di ferro che contrappone Torino e le altre grandi città italiane al Ministero sul tema delle politiche ambientali. «Da fonti parlamentari risulta che il decreto per gli autobus ecologici in realtà non conterrebbe nemmeno uno dei 350 milioni di euro promessi per il 2005 in quanto l\'intero ammontare dell\'aumento delle accise sarebbe destinato alla copertura dei costi contrattuali per gli autoferrotranvieri», ha avvertito ieri Chiamparino. Per il 2006, ha aggiunto, ci sarebbero solo 140 milioni sui 350 stimati. Conclusione: «Se dalla riunione di Palazzo Chigi non verranno modifiche sostanziali al decreto, riproporrò ai colleghi sindaci di attuare un blocco del traffico coordinato in un giorno infrasettimanale».