Le Regioni Italiane alla sfida dell'ambiente
Trasporti, energia, rifiuti, cemento: ecco dove le politiche regionali segnano il passo. Il rapporto di Legambiente
28 February, 2005
Forse per la prima volta la questione ambientale non è la cenerentola di queste elezioni, anche perché i grandi temi come il trasporto, il consumo di energia, i rifiuti o lo smog sono temi sempre più rilevanti a livello regionale e centrali rispetto alle politiche territoriali messe in campo. Ecco perché questa è forse l’occasione, alla vigilia delle prossime consultazioni di aprile, per valutare gli esiti dell’operato delle amministrazioni regionali in campo ambientale provando, come ha fatto Legambiente, a tracciare un identikit di questi territori sulla base di oltre 50 indicatori e a proporre strategie per renderli più sostenibili. L’indagine di Legambiente, di cui qui riportiamo una sintesi, propone infatti una approfondita fotografia delle Regioni italiane, dei problemi e dei ritardi, ma anche dello straordinario intreccio di risorse e di “diversità” ambientali, culturali, sociali che sono il vero valore aggiunto del territorio italiano. Il rapporto “Sogni e Bisogni: le Regioni Italiane davanti alle sfide della sostenibilità”, è stato presentato questa mattina a Roma nel corso di un convegno al quale hanno partecipato, oltre a Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente e Ermete Realacci, presidente onorario dell’associazione ambientalista; il governatore della Regione Campania, Antonio Bassolino; il candidato alla presidenza della Regione Lazio, Piero Marrazzo e l’assessore alla mobilità del Comune di Roma, Mario Di Carlo. Il primo elemento che balza agli occhi è una questione Nord Italia. Si vede nella fotografia satellitare della Pianura Padana come area vasta più inquinata d’Europa, perché li si trovano oltre il 50% delle auto in circolazione nel nostro Paese e si consuma la metà del carburante. La risposta ai problemi dei trasporti è però affidata ancora oggi a centinaia di chilometri di nuove autostrade. Spicca ancora la questione Mezzogiorno. Ritardi infrastrutturali e incapacità di uscire dalla crisi nella gestione dei rifiuti (non arriva all’8% la raccolta differenziata e si smaltisce in discarica più del 90% dei rifiuti). Ritardi sulla rete ferroviaria (al Sud la maggioranza della rete è ancora a binario unico e in larga parte non elettrificata). Risalta la abnorme crescita del settore edilizio. E qui non c’è una netta discontinuità tra la caotica diffusione insediativa della Pianura Padana e l’abusivismo costiero delle Regioni del Centro Sud. Molte tendenze negative che riguardano le questioni ambientali si sono aggravate. In questi anni i governi regionali hanno fatto troppo poco per incentivare il grande valore aggiunto sia ambientale che economico, competitivo del territorio. La nuova economia ad alto tasso di innovazione e ad alta qualità territoriale – la ferrovia invece della strada, l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili, gli investimenti nella ricerca, la raccolta differenziata dei rifiuti, l’agricoltura e il turismo di pregio, la manutenzione dell’ambiente naturale e di quello costruito – è rimasta al palo. In questi anni di bassa crescita economica, con i migliori risultati registrati nelle Regioni del Sud, sono cresciuti dappertutto i tradizionali indicatori della vecchia economia – i consumi di rifiuti (+4,6% pro capite nel triennio 2000-2003), di carburante (+7,5%), la domanda di energia elettrica (+5,4%) – e anche, dato ancora più inquietante, tutti i fenomeni di illegalità ambientale (+32% nel 2003), dall’abusivismo edilizio, rilanciato dal condono, allo smaltimento clandestino dei rifiuti. “E’ chiaramente tempo di bilanci per le Regioni italiane che in questo periodo si preparano ad affrontare le elezioni, – afferma il presidente nazionale di Legambiente, Roberto Della Seta – e non è affatto secondario il contributo che possono dare le istituzioni regionali per sottrarre l’Italia ai rischi di declino. Scommettendo ad esempio molto di più sulle due principali “risorse tipiche” dei territori italiani. Da una parte i saperi, la ricerca, la formazione, la grande capacità creativa e innovativa che ha fatto la fortuna del “made in Italy”; dall’altra l’intreccio unico al mondo tra natura e cultura, tra paesaggio e le città storiche. Insomma, serve più slancio al tessuto produttivo italiano”. Lo dimostrano quegli indicatori regionali che raccontano anche una realtà diffusa in cui l’ambiente è già presente dentro i processi più interessanti che vengono dall’economia e dal territorio. Gli straordinari segnali di diffusione dell’agricoltura biologica (con in testa Sicilia e Sardegna), la leadership europea nei prodotti tipici con oltre 145 prodotti a marchio Dop e Igp distribuiti in tutte le Regioni (15 si sono anche dichiarate libere da Ogm), un serbatoio di biodiversità con 2700 siti che fanno parte della Rete Natura 2000 dell’Unione Europea (il sistema di aree protette copre quasi l’11% del territorio italiano) profondamente intrecciato con la storia e la cultura dei territori (un record i 39 Siti riconosciuti dall’Unesco). Ma anche dal settore edilizio, e qui ci sono i maggiori rimpianti non solo per le occasioni mancate ma anche per il condono edilizio che ha ulteriormente reso pesante l’impatto ambientale e legale, arriva un segnale importante: l’ottimo risultato (eccezion fatta per il Sud) degli incentivi alla manutenzione. Trascurato dalle grandi opere promesse dal Governo vive invece un autentico boom il trasporto marittimo (+6,7% per i passeggeri, +8,2% per i container nel 2003) e riprendono fiato i boschi. La cronaca di queste settimane poi, racconta una situazione di inquinamento atmosferico che ha raggiunto livelli insostenibili nelle Regioni del Centro Nord e provocato un diffuso stop alla circolazione delle auto nelle città. La spiegazione è nei numeri: nel 2003 sono state immatricolate oltre 2milioni e 580mila nuove autovetture, portando il parco circolante di autovetture a 38,4 milioni di mezzi, con una densità di 59,3 auto ogni 100 abitanti: la più alta a livello europeo. Gli effetti della grande densità di autovetture si possono leggere nei confronti dei consumi di carburante in costante crescita a livello nazionale e regionale. In Lombardia - dove circolano il 16% delle auto di tutto il Paese e nel 2003 sono state immatricolate quasi il 20% delle auto totali -, l’aumento dei consumi di carburante tra il 2000 e il 2003 è stato pari al 7,5%. Una tendenza che accomuna tante Regioni, dall’Emilia Romagna (+4,6% nelle auto immatricolate e +10,5 nei consumi di carburante) al Lazio (+8,9% auto immatricolate, + 23,8 nei consumi di carburante). Come è purtroppo noto infatti in Italia le emissioni di anidride carbonica sono aumentate di circa il 10% rispetto al 1990 e questa tendenza non verrà certamente invertita dai provvedimenti presi in questi anni in materia di energia (31 nuove grandi centrali per 19mila MW a fonti fossili già approvate, che si sommano a 7 trasformazioni e ripotenziamenti di centrali esistenti), trasporti (le 250 opere della Legge Obiettivo, in maggioranza nuove autostrade). “A chi governerà le Regioni italiane – dice ancora Roberto Della Seta - Legambiente chiede politiche di attacco su cinque grandi fronti: risparmio energetico e fonti rinnovabili come impone il Protocollo di Kyoto, una nuova politica dei trasporti fatta di ferro e di infrastrutture importanti per il trasporto pubblico nelle città. E poi ancora la piena applicazione della Legge Ronchi sui rifiuti che mette al centro la raccolta differenziata, e il superamento nel Sud della stagione fallimentare dei commissariamenti che non hanno sconfitto le ecomafie e tanto meno hanno creato le basi per una gestione corretta ed efficiente del settore. Prioritaria in agricoltura, nel turismo, nella gestione delle aree protette la scelta vocazionale dell’Italia per produzioni e offerte di alta qualità. Infine le politiche urbanistiche: centrali dovranno essere la manutenzione e il recupero del patrimonio esistente piuttosto che nuovo cemento. Fino a qualche anno fa molti pensavano che questo fosse uno sviluppo da libro dei sogni, un ragionare col cuore anziché col cervello. Oggi è chiaro che questi obiettivi sono bisogni prima ancora che sogni”.