Olimpiadi e ambiente
A due anni da Torino 2006, il punto sui lavori per una kermesse olimpica ecologica. Le interviste a Angelo Saini (Direttore Ambiente del TOROC) e Vanda Bonardo (Legambiente Piemonte)
02 December, 2003
I cantieri sono partiti, la nuova sede del Comitato organizzatore inaugurata, le polemiche infuriano: tutto sembra procedere come previsto nell’organizzazione di Torino 2006. L’ultima querelle nasce dalla finanziaria: oltre allo stanziamento di denaro (inferiore rispetto a quanto ci si aspettava) il governo ha previsto infatti la nomina di tre nuovi rappresentanti presso la cabina di regia, l’organismo che coordina e indirizza una buona parte dei fondi destinati alle Olimpiadi. Una decisione che ha creato grande scompiglio per la rottura degli equilibri istituzionali, ma che porta con sé anche preoccupazioni per le questioni ambientali: “Esiste il rischio che non si riesca a fare tutto quel che è necessario – denuncia Mercedes Bresso presidente della Provincia di Torino - I timori riguardano soprattutto le opere idriche: acquedotti, fognature, impianti di innevamento”. Enti locali, ma anche associazioni ambientaliste come Legambiente, temono che le importanti opere di compensazione previste dal Piano delle acque, opere che dovrebbero risistemare l’assetto idrico e fognario delle zone coinvolte all’evento olimpico, siano le prime a essere “tagliate”, un’operazione che risulterebbe più facile in una cabina di regia in cui il peso dei rappresentanti locali fosse notevolmente ridimensionato. Se il piano delle acque ha riscosso unanimi apprezzamenti, anche la gestione degli inerti nei cantieri sta ottenendo buoni risultati. “Non abbiamo aperto nuove cave-spiega Angelo Saini direttore Ambiente del TOROC -, il fabbisogno di sabbia è supportato senza alcun problema dalle 20 aziende presenti sul territorio con incrementi produttivi lievi, mentre è previsto un riutilizzo interno ai cantieri olimpici degli inerti non pregiati movimentati. Un esempio: la terra sbancata per la costruzione del trampolino è stata riutilizzata per la pista da fondo che si realizza nello stesso sito olimpico, a Pragelato con un trasporto ridotto al minimo” Il TOROC (il comitato organizzatore) si è dotato anche di una seri di strumenti di controllo e monitoraggio che stanno per entrare a regime. In fase di candidatura un ampio dossier, la “Green Card”, fissava i principi ambientali dell’intero progetto di Olimpiadi, oggi lo strumento che accompagnerà il lavoro di organizzazione e realizzazione dell’evento è il Piano di monitoraggio ambientale, che sta alla base del “Bilancio ambientale”, il rapporto che anno per anno descrive l’andamento di Torino 2006. Si tratta di un bilancio che segue le linee guida del GRI (Global Repoerting inziative) e fa anche riferimento al “Regolamento EMAS”, la certificazione ambientale predisposta dall’Unione Europea che il TOROC otterrà nei primi mesi del 2004. Le sigle però non finiscono qui. Torino 2006 sarà presto anche certificata ISO 14001 (lo standard internazionale per i sistemi ambientali), mentre l’intero progetto olimpico ha dovuto sottoporsi alla VAS, la valutazione ambientale strategica, uno strumento di controllo e indirizzo appositamente deliberato. Basta tutto questo perché le olimpiadi, secondo la volontà del CIO, diventino modello di sviluppo sostenibile? “Alcuni aspetti interessanti vanno riconosciuti - spiega Vanda Bonardo coordinatrice di Legambiente Piemonte - come il Piano delle acque e la gestione degli inerti, ma non parliamo di laboratorio di sviluppo sostenibile. Sviluppo sostenibile avrebbe significato prima di tutto non costruire due ecomostri come il trampolino e la pista da bob, utilizzando gli impianti già esistenti ad Albertville. In ogni caso noi continuiamo a fare sentire la nostra voce e abbiamo accettato di essere presenti nella Consulta ambientale per provare a dare il nostro contributo, ma come tutti gli organismi consultivi mi pare che non abbia molto peso”.