Grimaldi: "Con il nuovo regolamento sugli orti meno steccati e più condivisione"
Intervista al presidente della Commissione Ambiente del Comune di Torino Marco Grimaldi dopo l'approvazione del nuovo regolamento comunale sugli orti urbani: "E' il primo passo verso il vincolo dei 2 milioni di metri quadri di aree agricole non previste dal piano regolatore"
28 March, 2013
Le realtà che sotto la Mole praticano l'agricoltura urbana, dalle associazioni ai singoli cittadini, sono ormai tante e in costante crescita. Forse una delle più evidenti risposte alla crisi economica, ma anche la testimonianza che cresce il senso di appartenenza al territorio. Partendo dall'osservazione di questo fenomeno sociale e culturale è nato il nuovo Regolamento per l’assegnazione e la gestione degli orti urbani di Torino. Il regolamento, che sostituisce quello redatto nel 1986, è stato approvato in Sala Rossa lo scorso 25 marzo. Ne parliamo con Marco Grimaldi, presidente della Commissione Ambiente del Comune di Torino.
Marco Grimaldi, il nuovo regolamento sugli orti urbani ha richiesto un lungo e faticoso percorso di condivisione sul territorio di cui Lei è stato uno dei principali promotori. Quali sono i motivi che hanno spinto l'Amministrazione a riscrivere il regolamento del 1986?
La deliberazione dell'86' valutava l'opportunità di "addivenire a regolamentare nell'ambito del territorio cittadino la coltivazione di un terreno fino ad oggi coltivato abusivamente" sulla base di indagini pluriennali svolte dal Politecnico di Torino e dai quartieri (Vallette, Lucento, Rebaudengo, Falchera e Villaretto) che avevano censito i mq. occupati dagli appezzamenti abusivi in circa 2.000.000 e l'interesse attorno ad essi di circa 20.000 famiglie.
Con le circoscrizioni abbiamo valutato prima di tutto l'opportunità di superare la mera esigenza di regolarizzare le coltivazioni abusive legate al "ritorno alla terra" dei nostri concittadini e la necessità di cogliere i cambiamenti culturali avvenuti in questi anni. L'orto può servire a sostenere la socialità e la partecipazione dei cittadini e la relativa possibilità di aggregazione, favorendo la coesione e il presidio sociale, insegnare e diffondere tecniche di coltivazione, sostenere la produzione alimentare biologica e le essenze ortive tradizionali locali, favorire attività didattiche nei confronti di giovani o di quanti desiderino avvicinarsi a questo tipo di attività (prevenzione ed educazione ambientale) e terapeutiche di supporto a processi di riabilitazione fisica e psichica .
Con il nuovo regolamento, dunque, si vorrebbe che gli orti, da "luogo privato", diventassero il più possibile spazi di condivisione. Attraverso quali accorgimenti si raggiunge questo obiettivo?
Abbassando gli "steccati" fisici e immateriali, prendendosi cura degli spazi di tutti, costruendo frutteti e spazi di aggregazione aperti al quartiere. Come ci insegnano le esperienze come MiraOrti, serve maggiore condivisione, a partire dagli spazi in comune.
Al di là della valenza sociale, la cura di questi spazi rappresenta un impegno della Città per contrastare il consumo di suolo?
E' il primo passo verso il vincolo dei 2 milioni di metri quadri di aree agricole non previste dal piano regolatore. In più il primo obiettivo dell'articolo 1 recita così: "valorizzare gli spazi sottraendoli al degrado ed alla marginalità e attribuendo loro la qualità di "aree a destinazione agricola", contro il consumo del territorio e per la tutela dell’ambiente ed il miglioramento della qualità urbanistica dei luoghi".