Intervista a Roberto Biscardini: riapriamo i Navigli senza fondi pubblici
Il presidente della Commissione consiliare Urbanistica e dell’associazione "Riaprire i Navigli" propone di raccogliere i 150 milioni per la riapertura dei Navigli dai privati, con un project financing, che potrebbero poi sfruttare le opportunità tecnologiche (anche energetiche) dell’opera per recuperare i soldi investiti. Gli enti pubblici dovrebbero solo concedere le autorizzazioni e garantire il rispetto dei tempi. Ma per Expo 2015 è già tardi ...
12 July, 2013
di Marco Puelli
Da 30 anni si parla di riaprire i Navigli milanesi, interrati tra il 1929 e gli anni ’60, che scorrono sotto il cemento da via Melchiorre Gioia alla Darsena, passando per la Cerchia dei Navigli. Nel giugno 2011 i milanesi si sono espressi a favore della graduale riattivazione idraulica e paesaggistica del sistema Navigli, obiettivo del quinto referendum consultivo. Il Comune ha firmato la convenzione per lo studio di fattibilità col Politecnico. Tuttavia, l’11 giugno scorso, durante l’incontro organizzato a Palazzo Marino per valutare risultati e attese a due anni dai referendum consultivi, sono emerse difficoltà e ritardi nel portare avanti l’opera.
Roberto Biscardini, Presidente della Commissione consiliare Urbanistica ed edilizia privata del Comune di Milano e Presidente dell’associazione Riaprire i Navigli, ci sono concrete possibilità che i navigli, o parte di essi, siano riaperti entro maggio 2015?
Sicuramente i Navigli non saranno riaperti in tempo per Expo 2015. Il Comune avrebbe dovuto far partire i lavori anni fa e noi non abbiamo pensato di collegare, fin dall’inizio, questo progetto a Expo. Quel che possiamo offrire ai turisti che verranno è mostrare come sarà Milano una volta che i Navigli saranno riaperti e cosa significa per la città riaprirli.
In questo periodo di riduzione della spesa, tagli dei contributi statali agli enti locali, di difficoltà per le casse comunali, l’amministrazione sarà in grado di trovare i fondi necessari?
Non è una grande opera. Si tratta di riaprire un canale lungo 8 km che già esiste, coperto da terra e cemento, e, dal punto di vista ingegneristico, non è molto complicato. Noi abbiamo stimato in 120-150 milioni di euro il costo del canale e di tutte le operazioni di contorno. La nostra idea è quella di un’opera alla quale le istituzioni partecipino in modo diverso: senza fondi pubblici, ma soltanto concedendo le autorizzazioni necessarie. I pochi fondi pubblici verrebbero dall’Ue e dal Cipe, in quanto opera di interesse nazionale. Il resto dei finanziamenti, o anche il 100%, possono fornirlo i privati, attraverso un project financing, i cui investimenti verrebbero premiati dai vantaggi economici che produrrebbe l’opera completata. Stiamo anche prendendo contatti con le banche per una grande sottoscrizione popolare: se tutti i 450.000 cittadini che hanno votato SÌ ai referendum ambientali donassero 10 euro, avremmo 4,5 milioni di euro, una piccola cifra ma un inizio.
Se chiediamo ai privati di finanziare il progetto, devono essere chiari i tempi e i vantaggi economici dell’opera.
L’opera è complessa e siamo ancora nella fase di studio. Tuttavia la riapertura dei Navigli è una grande opportunità tecnologica. Realizzare questo canale significa rimettere in moto una rete di 150 km di Navigli. Significa riattivare un sistema idraulico di grande importanza per l’agricoltura lombarda e per i collegamenti, dato che il progetto punta molto sulla navigabilità. I salti d’acqua di tutte le conche collocate lungo i 150 km dell’intero sistema navigli potrebbero essere sfruttati per produrre energia idroelettrica, la cui potenziale entità va ancora analizzata, ma credo che sia abbastanza rilevante. Un’altra possibilità, di cui vanno verificati i pro e i contro, potrebbe essere l’installazione di pompe di calore per riscaldare, in inverno, o raffreddare, in estate, le abitazioni circostanti. Non dimentichiamo poi il turismo: si può fare un confronto con Parigi, dove il canal Saint Martin, non molto diverso dal nostro, garantisce navigabilità sia per i mezzi di trasporto turistico come i bateaux-mouche, che potremmo utilizzare anche qui, sia per i mezzi privati. Per quanto riguarda la tempistica, dal momento in cui iniziano i lavori, quando abbiamo tutte le autorizzazioni, il progetto può essere completato in un anno e mezzo, massimo due. I costi principali di qualunque opera sono quelli finanziari: se il cantiere dura 20 anni, tutti i vantaggi economici dell’opera grazie ai quali l’investitore pensava di ammortizzare le spese, vengono mangiati dagli interessi bancari. Se l’ente pubblico si limita a concedere le autorizzazioni e i soldi li mettono i privati, i tempi si accorciano drasticamente.
Il naviglio interferirà con la costruzione della M4? Quale sarà il suo impatto sulla viabilità urbana?
Il tracciato della M4 cammina talmente sotto il letto del naviglio che tra i due si potrebbe costruire una strada interrata. L’unico problema da studiare sono le intersezioni con le scale di uscita dalla metro e con i mezzanini, ma è una cosa facilmente risolvibile.
L’attuale Cerchia dei Navigli sarebbe a traffico limitato, riservata ai residenti e al passaggio dei mezzi pubblici di superficie per i quali rimarrebbe lo spazio per costruire una corsia, ma sul lato opposto, perché il Naviglio seguirebbe il percorso dell’attuale corsia preferenziale. In via Melchiorre Gioia ci sarebbe spazio sufficiente per il Naviglio al centro e due corsie di traffico laterali.