Milano, riorganizzazione sosta a pagamento: una perdita di credibilità?
Enrico Fedrighini: "Per ridurre le perdite da mancati introiti e mancati controlli, si preferisce offrire in abbonamento gli spazi a tariffa agevolata, sperando che almeno qualcuno paghi. Una resa non dichiarata ma percepibile dal cittadino. E' davvero inevitabile tutto questo? Io credo di no". - da Il Fatto Quotidiano.it del 27.07.2013
01 August, 2013
Le cronache locali ci hanno fornito un puntuale resoconto dello scontro avvenuto in Consiglio comunale in occasione della recente deliberazione sulla riorganizzazione della sosta urbana: pugni battuti sul tavolo, urla e imprecazioni, flash mob, tute bianche. Tutto davvero molto emozionante.
E tutto molto inutile, dato che le questioni essenziali risultano, ancora una volta, ignorate. La riorganizzazione della sosta prevede, per gli spazi di sosta a pagamento situati nell’intera fascia di territorio urbano compresa fra la circonvallazione esterna e il confine urbano, la concessione di abbonamenti mensili o annuali a tariffa fortemente agevolata.
Scelta giusta o sbagliata? Dipende dal parametro di riferimento che si utilizza. Se riteniamo (io sono fra quelli) che ogni intervento debba rispondere a una logica coerente di sistema, ritengo che questa scelta sia profondamente sbagliata. Cerco di spiegare perché. La regolamentazione della sosta urbana non è uno strumento per fare cassa (o meglio: può esserlo: ma in questo caso rivela una preoccupante miopia da parte di chi lo utilizza a tal fine). La regolamentazione della sosta è anzitutto un fondamentale strumento di governo della mobilità urbana e, come tale, risponde a logiche precise di funzionamento del sistema della mobilità. Questo avviene in tutte le città europee che si dotano di due strumenti: regole e controlli. Teniamo a mente queste parole, ci torneremo dopo.
Nel Pums presentato dall’Amministrazione comunale di Milano leggo (cito letteralmente): “La sosta su strada occupa 3 milioni di mq di spazi pubblici sottratti ad altri possibili usi“. Obiettivo del Pums è : “Ridurre l’occupazione degli spazi pubblici, con l’estensione della sosta regolamentata“. Un abbonamento mensile o annuale a tariffa agevolata per consentire l’occupazione di spazi pubblici per la sosta è esattamente il contrario di quanto il Pums si ripromette (a parole) di fare: l’abbonamento infatti “fidelizza” l’utente, certificando nel caso in questione il diritto a perenne occupazione dello spazio di sosta in carreggiata sottraendolo ad altri usi (piste ciclabili, corsie riservate Atm, percorsi pedonalizzati).
La concessione di abbonamenti agevolati nelle aree urbane che dispongono di maggiori spazi per la sosta (e minore efficienza del servizio di trasporto pubblico), è in aperto contrasto con l’obiettivo dichiarato dal Pums di liberare spazi pubblici dalla sosta. Possibile che nessuno se ne sia accorto? Tutto questo avviene nella cerchia periferica della città che dunque, agli occhi dell’Amministrazione, assume la funzione di un enorme e diffuso parcheggio di interscambio: infatti, mentre in centro aumenta la tariffa al fine di disincentivare la sosta “parassitaria” prolungata e garantire spazi e ricambio di sosta a beneficio delle funzioni commerciali e di interesse pubblico esistenti, nelle aree esterne si utilizza un altro metro. Curioso.
Peraltro, l’uso di questo territorio periferico come “Area di interscambio” presupporrebbe un adeguato potenziamento del servizio di trasporto pubblico: ma di questo non vi è traccia nei piani dell’Amministrazione. Ora. siccome nel Settore Mobilità dell’Amministrazione lavorano fior di professionisti (gli stessi che sono stati capaci di mettere in piedi Ecopass tra il fuoco incrociato di maggioranza e opposizione al tempo della Giunta Moratti), la domanda è: perché è stata presa questa misura così contraddittoria con gli strumenti di pianificazione della stessa amministrazione comunale?
A cosa serve realmente? A fare cassa? Dubito: se la sosta regolamentata venisse controllata avremmo entrate ben superiori. I mancati introiti al Comune derivanti dalla mancata riscossione della sosta tariffata ammontano a circa 40 milioni di euro/anno. Allora diciamo che è una misura che serve a tentare di ridurre in parte le perdite, partendo da una situazione non dichiarabile pubblicamente, ma reale: a differenza di quanto avviene in ogni città civile europea, Milano non riesce a controllare la sosta su strada.
Allora, per ridurre le perdite da mancati introiti e mancati controlli, si preferisce offrire in abbonamento gli spazi a tariffa agevolata, sperando che almeno qualcuno paghi. Una sorta di resa non dichiarata, ma perfettamente comprensibile agli occhi del comune cittadino. Ma è davvero inevitabile tutto questo? Io credo di no.
Perché non riorganizzare il sistema di controllo della sosta, trasferendo da Atm ad un apposito Settore dell’Amministrazione comunale (o ad Amat) questa funzione di controllo che, lo ricordo, ha una rilevanza strategica per il sistema della mobilità urbana? Ormai mi sembra chiaro che tutte le funzioni che negli anni sono state delegate ad Atm (dal car sharing agli ausiliari) e che non rientrano nella mission aziendale, soffrono di scarsa attenzione da parte del management e non decollano.
Non c’è niente di peggio che stabilire regole e dimostrare di non essere in grado di farle rispettare. Gli abbonamenti agevolati per la sosta possono essere una furba e pericolosa scorciatoia: possono fare incamerare qualche euro in più nel breve periodo, ma la perdita di credibilità delle politiche per la mobilità sostenibile annunciate è un prezzo a mio avviso troppo elevato.