Cibi scaduti: distinguere tra vera data di scadenza e termine minimo di conservazione
Abbiamo intervistato Giorgio Donegani, nutrizionista e direttore di Food&School, sulle notizie di questi giorni riguardanti il consumo di alimenti dopo la scadenza prescritta, evitando gli sprechi di cibo. “Sono d’accordo con l’iniziativa greca: sono poche le scadenze imposte per legge, tanti invece i termini minimi di conservazione. Consumare dopo questi prodotti non comporta rischi per la salute, al limite caratteristiche organolettiche diverse”
03 September, 2013
A luglio abbiamo parlato del sondaggio comunitario dell’Eurobarometro, che su 27 paesi europei colloca quello italiano tra i più diffidenti nel consumare prodotti alimentari già scaduti, piuttosto che gettarli nei rifiuti, soprattutto rispetto ai paesi nord-europei. Questa settimana si è discusso della notizia arrivata dalla Grecia, dove una legge ad hoc da settembre autorizza il regolare smercio nei supermercati di prodotti già scaduti, offrendoli a metà prezzo, purché opportunamente evidenziati in scaffali a parte.
Abbiamo intervistato Giorgio Donegani, tra i più conosciuti nutrizionisti italiani, direttore scientifico di Food&School. Donegani si occupa di progetti di educazione alimentare, è docente di Merceologia degli alimenti, membro dei Comitati scientifici “Scuola e Cibo” del MIUR, EXPOScuola 2015 e di “Verso Expo 2015”, il tavolo d’indirizzo delle iniziative sull’educazione alimentare legate all’evento milanese.
Prof. Donegani, qual è il suo parere sul sondaggio di Eurobarometro e sulla recente notizia che è arrivata dalla Grecia?
Personalmente ritengo che l’iniziativa di vendere liberamente prodotti oltre il TMC – termine minimo di conservazione - (il “best before” inglese, NdR) con sconti sino al 50% sia lecita e accettabile. In fondo l’atto di acquisto è un contratto tra il consumatore e il produttore; in questo caso il produttore dice "ti offro un articolo per cui non ti posso garantire la piena qualità organolettica (le caratteristiche percepite dagli organi di senso), ma te lo offro a metà prezzo". Siccome stiamo parlando di termini ampiamente cautelativi, rischi per la salute non ce ne sono. Solo un "rischio condiviso" su possibili sapore e aroma diversi, rispetto a quelli del prodotto consumato entro i TMC prescritti.
Ma allora il termine minimo di conservazione è ben diverso dalla data di scadenza, come si può orientare il consumatore ?
Sono due cose molto diverse. La data di scadenza è un termine oltre il quale davvero il prodotto può non essere più sicuro per la salute. Comunque anch'essa, tranne qualche eccezione, è sempre decisa dal produttore. Solo per alimenti come le uova fresche e il latte fresco c’è una data di scadenza imposta dalle legge, che per le uova è 28 gg e per il latte fresco 6 gg.
Tutto il resto (scatolame, biscotteria, pasta, conserve) è sottoposto al TMC, termine minimo di conservazione, indicato con "da consumarsi preferibilmente entro" o "best before", che rappresenta il termine secondo il quale, per il produttore, l’alimento conserva tutte le sue proprietà specifiche, naturalmente in adeguate condizioni di conservazione. Va da sè che le aziende alimentari hanno convenienza a fare girare il più possibile i prodotti e quindi i TMC sono spesso a breve termine. Ma anche allontanandosi dalla data di superamento del TMC, se vengono meno i requisiti della qualità organoelettica del prodotto, non vengono intaccati quelli della sicurezza.
Cosa dovrebbe fare il consumatore per evitare di buttare e sprecare cibi ancora commestibili senza rischi?
In Italia andrebbe più promossa l’educazione alimentare che insegna come riconoscere la qualità di un alimento, riattivando la sensibilità del gusto, dell’olfatto, attraverso l’assaggio. L’esempio del latte è emblematico. Da tempo la lavorazione del prodotto è tale che il latte è garantibile come "fresco" sino a 6 giorni, è stata Parmalat ad attivare questa rivoluzione, per farlo inserire nello "spesone settimanale", venendo infatti combattuta dai produttori di latte fresco. Il latte, come gli yoghurt, basta osservarli, annusarli e assaggiarli; se non sono intervenute modificazioni avvertibili con i sensi e il prodotto è stato conservato regolarmente in frigo, l’esperienza ci di dice che latte scaduto di qualche giorno e yoghurt anche di più, sono ancora buonissimi.
E la carne?
Naturalmente è un alimento fortemente deperibile, soprattutto la carne di pollo che è più delicata. Comunque 4 giorni per la carne, se ben conservata, sono un termine che si può aspettare senza problemi, per il consumo. Anche qui la nostra sensibilità olfattiva, gustativa e visiva ci fa capire benissimo se la carne è ancora commestibile o meno. E la risposta è spesso "sì", anche se la data di scadenza indicata è già superata.
Anche per la carne andrebbe ancora più diffusa la conservazione sottovuoto, un sistema molto semplice e ormai sempre più economico anche a livello industriale, che permette - in assenza di aria – la non proliferazione della maggior parte dei microorganismi e dei batteri. Con il sottovuoto il tempo di conservazione degli alimenti freschi può triplicarsi. E’ il sistema più consigliabile anche a livello domestico.