Il grattacielo è arrivato in vetta. Dov’è il mostro?
L’edificio di Renzo Piano tocca quota 166 metri, e se da una parte sembrerebbe meno invasivo delle simulazioni del comitato Non Grattiamo il Cielo di Torino, dall'altra ha irrimediabilmente cambiato il panorama della città; nello skyline con la Mole e le montagne, ora c’è anche “lui”. I residenti del quartiere si dividono, tra estimatori, critici e indifferenti - da La Stampa del 01.09.2013
03 September, 2013
Beppe Minello
Questione di punti di vista. Il tricolore che sventola sulla sommità segnala che il grattacielo di Intesa-Sanpaolo ha raggiunto il punto più alto: 166,26 metri, una decina di centimetri in meno della Mole come voluto dall’archistar e neosenatore a vita Renzo Piano.
Duemila impiegati
Il «mostro», come l’hanno definito i contestatori, è a buon punto: dovrebbe essere finito nella primavera del 2014 mentre in inverno dovrebbero entrare i primi impiegati della banca: ce ne possono stare 2 mila negli uffici tra il 9° e il 33° piano. La realtà, ammettiamolo, non ha superato la fantasia di chi, quando infuriava la polemica contro il «mostro», diffondeva simulazioni per provare il devastante impatto che l’opera avrebbe avuto sullo skyline di Torino. Alcuni rendering si sono rivelati abbastanza vicini alla realtà come quelli che provavano ad anticipare il nuovo panorama torinese dalla collina pre-collina. Dove le quote sono state clamorosamente «inciuccate» è nelle simulazioni di particolari viste e angolazioni cittadine come quella da corso Matteotti angolo corso Galileo Ferraris. Nella realtà, infatti, il grattacielo spunta appena dalle fronde degli alberi mentre nel disegno il palazzo sembra Godzilla. In corso nemmeno si vede.
«Non grattiamo il cielo»
E di esempi ce ne sono altri. Un fatto sottolineato anche nel blog del sito «Nongrattiamoilcielo. org» dal nome del movimento nato sull’onda della protesta ambientalista. «Il grattacielo di Renzo Piano ha ormai raggiunto la sua vetta... - scrive il 26 agosto un anonimo sul blog del sito - il “mostro” come viene ignorantemente definito non gratta il cielo nemmeno da lontano. È un edificio ecologico e nulla ha a che vedere con i veri mostri orizzontali che si vedono in città... case e palazzi grigi e scorticati che cadono a pezzi!». Opinioni anche queste. La realtà è sotto gli occhi di tutti: l’impatto più forte del grattacielo è, paradossalmente, sulla periferia. In alcune strade che puntano verso il centro, per esempio via Borgaro nella lontana Madonna di Campagna, il grattacielo sembra lì, a un passo, esaltato dall’illusione ottica. Che scompare appena si esce dall’imbuto della via e si entra in largo Borgaro. L’unica strada dove la mole del grattacielo è incombente, è in via Sant’Antonio da Padova. Altrove, nell’elegante quartiere Cit Turin e Cenisia, quasi nessuno bada più al «mostro». Anche il timore che la mole dell’edificio potesse togliere il sole al quartiere è accolta dai più con spallucce. L’attenzione generale è sull’andamento dei lavori curati dalla Rizzani De Eccher che nei momenti di maggior lena ha visto impegnati agli ordini dell’ingegner Mauro Turrini, direttore del cantiere, e Edoardo Verri della Jacobs, ben 400 persone. Cantiere, su cui veglia per conto della banca l’ingegner Vincenzo Turini, e che ora lavora a ritmo ridotto ma che comunque ha chiuso solo tre giorni a Ferragosto. Ai piani più bassi sono stati già montati i serramenti che da un lato offrono una protezione in caso di pioggia e vento (nel nubifragio del 29 luglio sono state registrate raffiche di 120-130 km orari con un picco di 160 km/h) e dall’altro permettono di montare gli uffici. Quasi tutti i vetri sembrano avere una tenda: sono solo pannelli di protezione. Com’è noto i piani sono 37 più il piano terra. Due piani sopra il 33°, quello dedicato ai servizi tecnici, ospiteranno il ristorante panoramico. Alla base una hall aperta e alta 6-7 metri permetterà il libero passaggio tra corso Inghilterra e i giardini Grosa che saranno rifatti.
«Ma l’orizzonte di Torino è irrimediabilmente cambiato». Domande a Paolo Hutter leader No Grat
«I rendering erano esagerati? Il primo, ma fu un errore fatto in buona fede. Ebbe però un merito: fece partire la discussione». Paolo Hutter, indimenticato assessore all’Ambiente che si buttava in Po per dimostrarne la balneabilità, è uno dei leader «No Grat» che si opponevano e si oppongono al grattacielo.
Ma anche gli altri rendering sono sballati...
«Quello che nessuno può contestare è che il grattacielo ha irrimediabilmente cambiato il panorama di Torino: là dove un tempo c’erano la Mole e le montagne, oggi c’è anche “lui”».
Indiscutibile. La vostra battaglia però s’è rivelata una sconfitta su tutta la linea: il grattacielo è arrivato in cima... Con il senno di poi cosa non rifarebbe?
«Rifarei tutto, ma partirei prima. La nostra battaglia è iniziata troppo tardi quando si voleva alzarlo a 200 metri dai 150 ipotizzati. Renzo Piano ci diede ragione».
Il Piano nominato senatore a vita...
«Già, mannaggia. Però sono convinto che sa di non aver fatto una bella cosa e non posso perdonargli la difesa a oltranza del grattacielo».
“Macché ombra, i problemi sono vent’anni di cantieri”. Gli abitanti di Cit Turin: “L’abbiamo visto crescere, ci si abitua”
Il signor Giulio, detto, chissà perché, il «magnifico» («No, il cognome non glielo dico») ha 88 anni portati straordinariamente. Abita in via Cavalli, «laggiù oltre la scuola», da decenni. Ha nostalgia di quando davanti casa c’erano il macello e la caserma e non ricorda con dispiacere «i passeggiatori» come definisce i ragazzotti che si vendevano da quelle parti. Il Palagiustizia per lui è motivo di preoccupazione: «Con tutti quei galeotti che vanno e vengono...». Indovinate un po’? A Giulio «Il magnifico» il grattacielo ’sta sui «cabasisi» come direbbe Montalbano. Renzo Rossotti, 82 anni, scrittore e indimenticato cronista di Stampa Sera, vive in via Beaumont da decenni. Ha un ricordo schifoso del macello, trova «brutto» il Palagiustizia ma apprezza la sicurezza che la presenza di tanti poliziotti e carabinieri hanno portato nel quartiere. Indovinate un po’? A Rossotti il grattacielo non dispiace anche se, specifica, «l’Empire State Building e il Big Ben sono un’altra cosa, o no?».
Vent’anni di cantieri
Il libraio Antonino Di Pasqua, 55 anni, astutamente trasferitosi da via Del Carmine in via Principi d’Acaja un po’ prima che si aprisse il nuovo Palagiustizia, forse è quello che meglio rappresenta il sentire comune del quartiere. Di Pasqua deve pensarci un po’ per rispondere al cronista: «Problemi? Il sole batte ancora? La gente si lamenta?». «Macché - dice Di Pasqua - qui i veri problemi sono vent’anni di cantieri che, speriamo, finiscano presto anche se, laggiù, dov’era l’ex-Westinghouse, vogliono fare un altro supermercato per ammazzare definitivamente il piccolo commercio». Non lontano c’è Mario Fortunato, 53 anni, proprietario dell’elegante bar «Rendez vous» che deve fare affari d’oro con il fiume di persone che frequenta il Palagiustizia. Fortunato di nome e di fatto perché i 2 mila teorici dipendenti del SanPaolo «rivitalizzeranno la zona. L’edificio neanche lo noto più: é come veder crescere un bambino, dopo un po’ ci si abitua a tutto». L’effetto, il grattacielo lo fa dall’altra parte del Passante, in via Sant’Antonio da Padova. Sembra di essere a NewYork dove i grattacieli incombono. È l’unica zona di Torino a «patire» così il «mostro». Nel deserto di fine agosto è tutto chiuso. L’anziana signora che trascina un pesante borsone, scaccia ogni diffidenza per lo sconosciuto pur di dar sfogo alla sua ira: «Un mostro, è un mostro! Non vedo più le montagne, non fosse per un angolo di appena 15 gradi lasciato libero da quella roba».
Correnti d’aria misteriose
Dall’altra parte della strada Federico Mallone, 32 anni e un sorriso da orecchio a orecchio per il suo primo giorno di lavoro da «consulente di appalti internazionali», non ha dubbi: «Meglio un grattacielo qui che uno scempio in aree naturali. Detto ciò, considero il grattacielo in genere un edificio più speculativo che di valorizzazione del territorio». All’angolo con corso Inghilterra c’è il bar di Bruno Casarin, come l’arbitro suo parente. È soddisfatto perché non s’è avverata la profezia
di un docente del Politecnico che gli aveva anticipato un disastro: «Il flusso d’aria che arriva dalla Val di Susa verrà diviso dal grattacielo e per lei, per voi saranno guai». «Boh» sorride Casarin.