Vendere GTT: un privato risolverebbe i problemi? Intervista a Dario Balotta (Onlit)
Dario Balotta, presidente dell'Osservatorio nazionale delle liberalizzazioni Infrastrutture e Trasporti: "Il problema non sta nel gestore pubblico o privato, in Europa ci sono ottimi esempi in entrambe le categorie, il problema è la regolazione pubblica: quel che il Comune di Torino richiederà all'azienda di trasporti"
25 September, 2013
Esiste un rischio oggettivo nella privatizzazione delle aziende dei trasporti urbani?
Il rischio è quello che la crisi del trasporto pubblico (alti costi d'esercizio, bassa efficienza delle aziende e scarso
utilizzo dei servizi dei cittadini) resti tale e quale, a prescindere dal fatto che le quote pubbliche passino ad aziende private...
Appunto. Cerchiamo di chiarire: se è vero che è praticamente impossibile riuscire a coprire i costi del servizio con i ricavi dei biglietti pagati dai passeggeri, che margini di guadagno ha un'azienda privata che decida di investire su GTT?
L'esperienza italiana ci dice che il più grosso operatore straniero, Arriva, che è presente in modo massiccio da anni nel nord Italia (a Bergamo,Brescia e Trieste per esempio), dopo l'acquisto di diverse aziende, ha finito per adattarsi al sistema italiano. Efficiente all'estero, dove gli Enti Locali compratori dei servizi di trasporto richiedono alle aziende alti standards di servizio, e dove i contributi pubblici non sono assicurati ma devono essere "conquistati" dalle aziende di trasporto, producendo buoni servizi. In Italia Arriva (che nel frattempo da public company inglese è passata nelle mani pubbliche delle ferrovie tedesche DB) in Italia ha fatto né più né meno di ciò che facevano i vecchi operatori sostituiti. Arriva ha preso gli stessi contributi e fatto le stesse percorrenze (KM/bus) che facevano gli operatori sostituiti. In sintesi si può dire che chi è venuto in Italia lo ha fatto per assicurarsi gli alti e garantiti sussidi pubblici al Trasporto pubblico locale.
Nel panorama italiano la maggior parte delle grandi città continua a mantenere un controllo forte sulle aziende dei trasporti, ad eccezione di Firenze, dove il Comune - tra molte proteste - ha scelto di privatizzare l'Ataf. Torino fa bene a tentare questa strada?
I tagli non derivano esclusivamente da scelte aziendali, ma dal fatto che sono diminuite le risorse pubbliche per gestire i servizi delle varie città. Tutti sanno che Torino ha bisogno di soldi, anche i potenziali compratori di GTT. Vendere ora qualsiasi asset pubblico significa abbassarne il valore. Bisogna sapere quali asset il Comune vuole vendere - la sede, i mezzi, le infrastrutture - per giudicare la privatizzazione.
Comunque l'esperienza europea ci dice che le aziende sono efficienti se chi compra, e paga quindi i servizi, "regola" con efficacia i rapporti con le aziende.
Come?
Stabilendo apporti chiari: "Ti do questi soldi, ed in cambio tu mi dai questi servizi". In Italia purtroppo spesso funziona così: "Ti dò questi soldi" senza condizioni. E le aziende fanno quello che vogliono, magari sopprimendo servizi e riducendo le corse, senza che nessuno batta ciglio. Le aziende pubbliche subiscono un rapporto consociativo con il proprietario pubblico (Stato, regione o Comune) con assunzioni, acquisti ecc. ma poi pretendono di non avere concorrenza, di operare in regime di monopolio. Ed è quello che sta succedendo, anche se da 16 anni il legislatore ha introdotto elementi di concorrenza nell'affidamento dei servizi. Tornando a noi, a GTT, il problema non sta nel gestore pubblico o privato (in Europa ci sono ottimi gestori appartenenti a entrambe le categorie) ma nella regolazione pubblica, e cioè nelle politiche che il Comune di Torino richiede all'azienda di trasporti.
Leggi anche:
Trasporti pubblici privatizzati:in Italia finora solo a Firenze. Una soluzione o un ossimoro?
Torino, le reazioni alla vendita dell'80% dell'azienda di trasporto pubblico Gtt
Torino, Fassino deciso a vendere l'80% di Gtt, l'azienda del trasporto pubblico