Firenze, bilancio di un anno di trasporto pubblico privatizzato
A giugno 2012 l'Ataf, azienda del trasporto pubblico locale di Firenze, è stata interamente venduta ai privati, nonostante le proteste di sindacati, società civile e partiti della sinistra. Ad acquistarla una controllata di Ferrovie dello Stato, che nel giro di pochi mesi ha annunciato 200 esuberi. Carminiani (Cgil): “La presenza del pubblico è una garanzia, più quote di controllo mantiene, più i lavoratori e gli utenti sono tutelati”
25 September, 2013
Mentre in città come Torino si parla di cessione ai privati delle quote di controllo dell'azienda dei trasporti pubblici, iniziamo a cercare elementi per un bilancio a poco più di un anno dalla decisione del sindaco Renzi di cedere il 100% dell'Ataf, l'azienda dei trasporti pubblici di Firenze.
Nel giugno scorso l'azienda, controllata dal Comune di Firenze e da altri Comuni dell'hinterland, è stata comprata da una controllata di Ferrovie dello Stato per 18,9 milioni di euro. Un'operazione fortemente osteggiata da società civile, sindacati e partiti della sinistra, che hanno dato vita a manifestazioni di protesta e comitati, tra i quali in prima linea il “Comitato contro la privatizzazione di Ataf - Trasporto pubblico bene comune”, promosso da associazioni, Rsu, Italia Nostra, Cobas, Movimento 5 Stelle, Verdi, Federazione della Sinistra, Prc, Sel e Idv.
Una contrarietà dettata anche dalla gestione dell'operazione da parte di Palazzo Vecchio, senza che venisse inserita nella cessione la clausola sociale di tutela dei 1200 lavoratori. Per quietare gli animi l'Ataf ha offerto rassicurazioni pubbliche sui punti più spinosi: l'impossibilità da parte del gestore privato di aumentare le tariffe, decise da Provincia e Regione; il mantenimento della qualità dei trasporti, senza tagliare quelle linee non redditizie in luoghi non serviti altrimenti, che sarebbero garantite con l'imposizione al gestore da parte degli enti pubblici; il passaggio di tutti i lavoratori al privato con la stessa retribuzione e anzianità.
Sono bastati invece pochi mesi dall'acquisizione perché Mauro Moretti, ad di Fs, iniziasse a parlare di esuberi. Le intenzioni iniziali dell'azienda riguardavano circa 200 licenziamenti per coprire il buco di profitti della gestione, senza ammortizzatori sociali per i lavoratori. Alcuni di loro hanno accettato il trasferimento in altre città, mentre oltre un centinaio attende di conoscere il proprio destino.
A ciò, si aggiungano le minacce ventilate da Ataf di aumentare il costo del biglietto, rincaro per ora in stand by, l'aumento dei costi della mensa per i dipendenti, e un episodio avvenuto a fine luglio che certo non ha giovato all'immagine già poco lucente dell'azienda: Radio libera ventiquattro ha segnalato sul profilo Facebook di Ataf alcuni disservizi, vedendosi rispondere che «il reclamante è, come è molto probabile, un gran coglione». Un fatto nei confronti del quale Ataf si è dovuta dissociare prendendo le distanze dai propri gestori del profilo e annunciando un'indagine interna.
Nonché, al bilancio del primo anno di controllo da parte di Fs va sommata una recente condanna del Tribunale di Firenze per condotta antisindacale nei confronti dei Cobas. «Nei mesi di gestione privata di Ataf – dicono dalla Confederazione dei comitati di base –, mai una sola volta abbiamo sentito dai nuovi manager parlare di “servizio di trasporto pubblico” poiché l'unico obiettivo per loro non è far funzionare il trasporto fiorentino, bensì spendere il meno possibile sul personale, la manutenzione e conseguentemente sul servizio, per ricavare un utile da un bene comune come il trasporto pubblico».
«Risultano ancora in esubero 109 lavoratori – racconta Alessandro Carminiani, che ha seguito la privatizzazione dell'Ataf per la Cgil –; al momento non ci sono soluzioni concordate, stiamo trattando per evitare i licenziamenti. Abbiamo combattuto fin dall'inizio contro la privatizzazione, ma non per ragioni ideologiche, per contrarietà a priori al privato, ma perché essendo un servizio di welfare avremmo preferito che rimanesse una partecipazione pubblica nell'azienda. La privatizzazione è stata fatta male, senza clausola sociale per i dipendenti. L'azienda sui posti di lavoro ha discrezionalità di tagliare, mentre l'aumento dei biglietti e il taglio delle linee devono essere concordate col pubblico. Se delle tre leve due devono essere concordate, c'è l'ovvio rischio che si punti al taglio dei posti di lavoro».
Alcune riorganizzazioni delle linee ci son state, ma anche in virtù della riduzione dei fondi al trasporto pubblico da parte ministeriale. E se è vero che eliminazioni di linee e aumenti delle tariffe vanno concordate con gli enti locali, è altrettanto vero che per fare cassa il privato ha la facoltà di ristrutturare. Un monito per le altre città, Torino in testa, che si appresta a cedere il controllo dell'azienda di trasporto pubblico Gtt. «La presenza del pubblico è una garanzia – chiosa Carminiani –; più quote di controllo mantiene, più lavoratori e utenti possono essere tutelati. Non è un caso se si chiama trasporto pubblico locale...».