Rincari ATM: il presidente Rota risponde a Morganti
Il costo del servizio per il 2013 è 660 milioni, non 700 come si è detto erroneamente, e l'aumento per l'inflazione è stato del solo 1,5% annuo. E' il committente, cioè il Comune, a gestire la politica tariffaria, ma l'unica verità è che purtroppo dopo 17 anni di blocco del prezzo degli abbonamenti non era più possibile rimandare - da Corriere.it del 26.09.2013
26 September, 2013
di Bruno Rota
L'intervento di Franco Morganti sul Corriere di venerdì scorso («Tram e tariffe elastiche») consente di fare un approfondimento sull'effettivo funzionamento del contratto che regola il trasporto pubblico di Milano. Atm sviluppa la sua attività sulla base di un «contratto di servizio», in cui sono contenute tariffe e modalità di erogazione dell'attività che viene richiesta dal committente, cioè il Comune. A fronte del servizio reso viene riconosciuto ad Atm un canone annuale. Il corrispettivo iniziale, posto a base della gara internazionale vinta da Atm nel 2010, era di 610 milioni di euro. Così come previsto inizialmente l'importo è cresciuto fino a 660 milioni per il 2013. Una cifra ben diversa dai 700 milioni di euro di cui si è continuato a parlare nei giorni scorsi (a proposito: o qualcuno, sbagliando, continua a confrontare l'importo del 2010 senza Iva con un ammontare del 2013 gonfiato dall'Iva o aggiunge il canone per la M5 che non è di Atm: in entrambi i casi un erroraccio da matita rossa).
LE CIFRE - La crescita in quattro anni è pari all'8,2%, per 50 milioni di euro, di cui 25,5 milioni per maggiori km richiesti (i nuovi metrò di Assago e Comasina, le maggiorazioni per Area C, etc) e 9,4 milioni di euro per recupero dell'inflazione, cioè un modesto 1,5 l'anno. Si badi: un modesto 1,5 di incremento annuo a fronte del quale, per restare in equilibrio, Atm deve coprire, recuperando efficienza, incrementi ben più cospicui di costi quali ad esempio energia elettrica (+42,1% nel triennio) e gasolio (+27) che fanno muovere i mezzi (nonostante i minori consumi).
«CONTRATTO GROSS COST» - E ora veniamo ai prezzi di biglietti e abbonamenti. La modalità del contratto è il Gross Cost. Il gestore, cioè Atm, riceve un canone pattuito ex ante. A lui la capacità di assorbire l'incremento dei propri costi con il solo ricordato cuscinetto dell'1,5% annuo. Deve «starci dentro» comunque mantenendo i propri conti in equilibrio. In dottrina (si veda l'ottimo documento sul tema dell'Ue «Better Public Transport through competitive tendering» del 2003) si dice a riguardo che il rischio industriale d'impresa è a carico dell'operatore mentre quello commerciale rimane all'ente affidante, che incassa i proventi di abbonamenti e biglietti e ne fissa l'ammontare. Quindi nei contratti Gross Cost (che regolano il servizio di città non proprio piccole, come Londra, Helsinki, Copenaghen, Madrid per la parte bus, e città medie ma con formule avanzate di trasporto come la nuova metro di Brescia e Varsavia) è il committente a gestire la politica tariffaria. Contiamo così di aver spiegato ai lettori perché gli amministratori di Atm, pur avendo ben chiaro il concetto di «elasticità al prezzo della domanda» ricordato da Morganti (fin da quando nel seminario del corso del prof Alberto Quadrio Curzio lo spiegavano agli studenti del I anno di Economia) non hanno fatto nessuna delle scelte paventate. E non solo in quanto in tutta evidenza non è Atm a decidere modalità e tempi, ma perché Atm ha molto a cuore i suoi utenti, giovani e anziani, e in un quadro generale di grande difficoltà mai e poi mai si sognerebbe di scoraggiarli o renderseli nemici.
«PREZZI BLOCCATI DA 17 ANNI» - L'unica verità è che nessuno avrebbe voluto rincari che purtroppo dopo 17 anni di blocco del prezzo degli abbonamenti non era più possibile rimandare. Nel servizio dei trasporti pubblici locali non è prevista la prassi di indicizzazione annua delle tariffe che tutti scontiamo e accettiamo per esempio per servizi essenziali e tanto pesanti per i nostri cittadini come gas ed energia elettrica. In passato non si sono toccate le tariffe per anni. Poi il povero amministratore pubblico - in carica nel momento in cui l'aumento diventa inevitabile - deve assumersi l'impopolarità di una decisione spesso frutto del ritardo di anni.