Vendita di Gtt, perché i sindacati temono che con la privatizzazione il servizio peggiori
Si preannuncia un autunno caldo per il trasporto pubblico cittadino a causa della scelta del Comune di cedere ai privati quote di Gtt (si parla del 49 e dell'80%). I sindacati, che il 7 ottobre hanno scioperato per 4 ore, si oppongono alla vendita temendo tagli al personale e un peggioramento del servizio. Cgil e Uil: “Il privato se non ha convenienza taglia le corse, senza badare alle esigenze dell'utenza”
07 October, 2013
Lunedì 7 ottobre Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uil Trasporti, Faisa Cisal, Ugl e Fast Confsal hanno dato corso a uno sciopero dei mezzi pubblici, che stando alle sigle sindacali rappresenterebbe solo il primo di una serie, contro la scelta di Palazzo civico di vendere l'azienda di trasporto pubblico Gtt. La sospensione del servizio è stata di 4 ore, ma per le prossime occasioni i rappresentanti dei lavoratori annunciano di volerlo estendere a tutta la giornata. Tra le preoccupazioni più sentite per l'ingresso dei privati, i possibili tagli al personale e il peggioramento delle condizioni di lavoro, ma anche per la qualità del servizio. Eco dalle Città ha raccolto le posizioni dei rappresentanti del settore trasporti di Cgil e Uil, per comprendere perché ci siano timori che il servizio per gli utenti con la privatizzazione possa peggiorare.
«C'è molta confusione – dice Francesco Bernardo della Filt-Cgil –, non si sa nemmeno quante saranno realmente le quote che verranno cedute, se il 49 o l'80%; si pensa solo a fare cassa, non al servizio. Gli utenti già sono stati penalizzati con la drastica riduzione dei fondi per il trasporto. Gtt è un'azienda sana, che rischia di fare la fine di quelle di Firenze o Genova; chi non ha una cultura di servizio pubblico, va a tagliare. Il privato se non ha convenienza non fa un servizio, lo elimina. E allora chi lo garantirà? Abbiamo già vissuto l'esperienza con le corse affidate ai privati nel trasporto extraurbano: le stiamo garantendo noi di Gtt. È vero che c'è un contratto di servizio, ma il privato non accetta corse che non rendano, e allora per non togliere il servizio dovrà supplire il pubblico, per questo ci chiediamo perchè vendere. Perché piuttosto non facciamo rete con altre città, come Milano, con sinergie di mezzi e strutture che consentano di ridurre i costi? Non è la volontà del sindacato di dire No a tutto, è che sono situazioni che viviamo tutti i giorni. Siamo disposti a fare dei sacrifici, ma per un piano di sviluppo».
Sulla stessa linea Antonio Mollica, rappresentante della Uil Trasporti di Gtt. «Se la proprietà è pubblica c'è attenzione alle utenze deboli; un privato difronte a corse non redditizie vorrà un tornaconto o non le farà, così come non farà nulla di più del contratto di servizio, ma solo ciò che è concordato col soggetto pubblico, senza badare a esigenze dell'utenza che possano emergere. Il contratto di servizio prevede per legge che il finanziamento pubblico copra il 65%, mentre il 35% deve venire dalla vendita di biglietti; se un servizio rende, comprensibilmente il privato lo farà, e realizzerà profitto, se ci deve rimettere rinuncerà togliendolo al cittadino, e/o per contenere i costi penalizzerà i lavoratori. Si guardi ai casi di Genova e Firenze. Non è che il pubblico sia sempre meglio del privato, ma nel caso del trasporto lo è, parlano le precedenti esperienze. Se l'anno scorso potevamo ancora comprendere la scelta del Comune di vendere, quest'anno Torino è rientrata nel patto di stabilità, per questo ora siamo tanto contrari alla vendita di qualunque quota. Gtt è efficiente, è in attivo, che senso ha per il Comune vendere un gioiello? Sarebbe una perdita per tutti».