"Viva le erbacce", il prato all'inglese è insostenibile
“In città ci sono giovani che si meravigliano per una farfalla e si spaventano per un millepiedi, manco fosse un alieno”. Beti Piotto, ricercatrice all'ISPRA (Istituto Superiore Protetazione e Ricerca Ambientale) ha arricchito il convegno “Corona Verde = Parchi X Territorio” con la sua esperienza sulla riqualificazione degli ambienti antropici-umanizzati attraverso l'utilizzo di “piante erbacee spontanee”. Un vero e proprio elogio dell'erbaccia e del reintegro della natura autoctona in città
11 October, 2013
di Fabio Zanchetta
“Il verde urbano è spesso incomprensibile e omologato”. “Quale senso possa avere un prato all'inglese, economicamente insostenibile e climaticamente fuori luogo nelle città mediterranee me lo chiedo costantemente”. “E' un ecosistema assetato che non racconta nulla del luogo in cui viene forzatamente radicato”.
Sono alcune delle considerazioni di Beti Piotto, ricercatrice dell'ISPRA (Istituto Superiore Protetazione e Ricerca Ambientale), intervenuta al convegno sullo Sviluppo Urbano Sostenibile nell'ambito del progetto "Corona Verde", svoltosi mercoledì 9 ottobre al Castello della Mandria di Venaria Reale. Insieme a Stefano Benvenuti dell'Università di Pisa, Piotto ha contribuito al dibattito “Il verde spontaneo come congiunzione tra paesaggio naturale e paesaggio antropizzato”, uno degli appuntamenti più interessanti di un convegno che ha visto la partecipazione anche del Direttore Attività Produttive della Regione Piemonte, Giuseppe Benedetto, e dell'assessore alle Aree Protette sempre della Regione Piemonte, Gianluca Vignale.
I parchi della Corona Verde, il progetto strategico a regia regionale che interessa l’area metropolitana e la collina torinese coinvolgendo il territorio di ben 93 comuni e 160.000 ettari di parchi della cintura Torinese, sono portatori di una biodiversità locale incapace di entrare in armonia con il “verde urbano”. E siccome il sistema Parchi non gode propriamente di un forziere d'oro illimitato, almeno a quanto emerso durante il convegno, c'è da riflettere.
È necessario chiedersi, si interroga Beti Piotto, se un Paese in difficoltà possa permettersi spese cospicue derivanti da irrigazioni e da cure eccessive del verde o se non debba, invece, trovare il modo di portare la semplicità, la biodiversità, il “verde di casa nostra” dentro le zone urbane non solo per ridurre i costi ma anche per rendere la scena urbana una naturale continuazione del paesaggio che non può essere più pensato come corpo estraneo.
Tutto questo è ben raccontato da un manuale presentato a Roma lo scorso giugno e intitolato “Specie erbacee spontanee mediterranee per la riqualificazione di ambienti antropici". Il testo, redatto da un equipe di ricercatori di cui Piotti fa parte, fa un vero e proprio elogio dell'erbaccia autoctona. La cosa più interessante che viene sottolineata di questi "pratoni spontanei" è che, oltre a raccontare qualcosa del luogo in cui vivono, non hanno quasi bisogno di manutenzione (falciatura e innaffiatura) ed è sufficiente ripristinare un meccanismo ri-naturalizzazione su strisce urbane anche non eccessivamente grandi e il resto va da se. Tuttavia, conclude Piotto, portare una natura “autoctona” in città è una continua sfida. Ed è sufficiente dare una lettura dell'introduzione del documento redatto dall'ISPRA per farsene un'idea.