Ilva, Consiglio regionale: la relazione del Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola
“La battaglia dell’Ilva” così il presidente Vendola intitola la sua relazione di ventitré pagine con la quale “difende la sua biografia individuale, oltre che la storia collettiva” da quella che lui definisce “una calunnia insopportabile che si esercita con lo stile di processo mediatico”
19 November, 2013
Inizia così la seduta monotematica del Consiglio regionale convocata all'indomani della pubblicazione delle intercettazioni telefoniche relative al “caso Ilva”. Con una relazione dettagliata accompagnata da allegati che contengono delibere, atti, rassegna stampa e tutto quello che rappresenta la storia quello che è accaduto dal 2005 ad oggi “un significativo campione documentale che include atti amministrativi e normativi, corrispondenza istituzionale, rassegna giornalistica utile a ricostruire le vicende che hanno rappresentato la svolta nella politica ambientale in Italia” – sottolinea Vendola.
La telefonata
“Vincere sul fondo ambientale senza perdere sul fronte occupazionale”. Questo il credo secondo il quale si è mosso il presidente Vendola: “Chi non comprende questo, che è tanta parte della storia mia di questi anni, può indugiare in analisi dietrologiche, criminologiche, filologiche o semantiche, ma non comprenderà l’essenziale. Può vedere il torbido, anche quando non se ne comprende il perché. Perché svendere la più bella tra le battaglie della mia vita?
Ma cosa vuol dire la proprietà a Vendola tanto da chiedere un incontro al suo rientro dalla Cina? “Mi voleva dire che gli sforamenti non possono essere attribuiti a Ilva, che qualunque equazione è un abuso, che forse i dati sui primi monitoraggi non sono corretti – racconta il presidente in aula.
“E io – dice il presidente - gli dirò che non impediremo di verificare i dati, di non preoccuparsi, che noi vogliamo solo capire la verità e operare per il bene”.
“Mi vorrà spiegare – continua Vendola - che nella direttiva comunitaria sulla qualità dell’aria quando si indica la soglia-obiettivo per il benzo(a)pirene si indica un traguardo da raggiungere e non un limite immediatamente prescrittivo. Noi vogliamo semplicemente guadagnare il consenso della proprietà all’acquisto da parte loro delle centraline per il monitoraggio del benzo(a)pirene, così come ha fatto l’Eni e la Cementir. E vogliamo anche un ripensamento di fondo sul tema dei licenziamenti. Quegli operai, alcuni dei quali intentano azioni di protesta anche clamorose, sono per noi un chiodo fisso. Era questo il tema soprattutto dei documenti e delle telefonate che ricevevo dalla Fiom”.
Ecco spiegata la cordialità con Gerolamo Archinà, “un mediatore indispensabile per raggiungere lo scopo”. “Un modo per riannodare il filo con un’azienda che ha sempre avuto un atteggiamento litigioso con noi e ha impugnato quasi tutti i nostri provvedimenti”- spiega Vendola.
Lo stato dell’arte
Ma cosa era lo stabilimento Ilva nel 2005? Il sito è già da 15 anni ricompreso in area ad elevato rischio ambientale ma non vi sono sostanziali iniziative in atto. Nel 2005 Arpa non ha mezzi, risorse ed attrezzature idonee a consentire di valutare e fronteggiare le pressioni industriali dell’area tarantina, il dipartimento di Taranto ha la metà del personale degli altri dipartimenti.
Nel 2005 Ilva può continuare ad emettere inquinanti senza violare leggi o autorizzazioni anche perché i limiti emissivi sono altissimi e sostanzialmente inutili e non risultano espletate le attività di controllo. Non esiste alcuna attività di controllo al camino già eseguita o in corso di esecuzione.
Nel 2005 a fronte delle prime evidenze di criticità sanitarie, non era attivo alcun sistema di monitoraggio ambientale sistematico né sull’aria ambiente (tantomeno all’interno dello stabilimento) né sulle emissioni dei camini.
Guerra alla diossina
La Regione Puglia è la prima e a tutt’oggi l’unica regione italiana a dotarsi di una innovativa legislazione finalizzata alla riduzione dell’inquinamento tossico, legge votata dalla maggioranza di centro-sinistra, con l’astensione della opposizione di centro-destra. "Il dibattito in Consiglio – ricorda Vendola - è denso di preoccupazioni, particolarmente dell’opposizione, per le prospettive del grande stabilimento e delle sue maestranze".
Viene formalizzata la costituzione del registro tumori attraverso una sinergica collaborazione con la Asl ed una centrale operativa presso l’istituto oncologico.
Sono state avviate in alcune aree di Tamburi e Statte complessi interventi di bonifica e risanamento.
Il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità una legge con la quale si prevede la valutazione del danno sanitario, “finalizzata alla prevenzione dei pericoli gravi per la salute della popolazione e degli habitat potenzialmente provocati dagli stabilimenti industriali insistenti in arre critiche”.
Quale ambientalismo?
“Mi sia consentito di chiudere qui, questa ricostruzione di fatti che permettono anche una più chiara comprensione del ruolo di ciascuno, che consentono di capire quanto dura e complessa fosse la questione Ilva – conclude Vendola nella sua relazione - perché dura e complessa è quella fabbrica, con i suoi persino drammatici rendiconti sempre rinviati con la città, con la sua salute, con i suoi diritti fondamentali. In questo, come in tutti i campi, gli attori istituzionali possono avere valutazioni distorte degli eventi e degli attori in campo, possono sbagliare le scelte”.
“E’ stato giusto chiedere il Registro Tumori – dice il presidente - ma era ed è stato complicatissimo realizzarlo. Da zero. E’ stato corretto proporre una rivoluzione nelle strategie ambientali. Io, e quelli che hanno lavorato con me in questi anni, abbiamo operato non per generare un conflitto fine a se stesso o utile per ragioni politiche e strumentali, abbiamo operato per portare risultati concreti, per schiudere la porta di un cambiamento palpabile e di una speranza nuova per una città stremata”. Vendola parla di una Taranto “stremata dalla paura del cancro ma anche dall’invadenza di dinamiche mafiose ben dentro il recinto della pubblica amministrazione, stremata dalle sue troppe povertà, stremata poi dal dissesto finanziario. Taranto era una città che, negli anni post-dissesto, faticava a trovare le risorse per seppellire i morti, riscaldare le scuole, illuminare le strade cittadine. Ilva appariva come la gabbia di una fatale maledizione: quella che tante volte ha offerto al Sud lavoro in cambio di vita, industria in cambio di bellezza, reddito in cambio di salute. Qui dovevamo dare un segno di svolta. All’inizio fu facile costruire con tutta la città una relazione vitale e feconda: istituzioni, movimenti, popolo tarantino si ritrovarono insieme nella mobilitazione delle coscienze”. “Poi fu la guerra alla diossina – racconta il presidente - ci fu chi disse che ambientalizzare Ilva era l’inganno più grande. La fabbrica andava chiusa, occorreva su questo fare un referendum. Questa spaccatura inghiottì la novità delle leggi ambientali, travolse la discussione politica che si andava alimentando di veleni culturali che si cumulano agli altri veleni. La mia posizione è da sempre contro la chiusura della fabbrica e sono diventato così, per molteplici ma convergenti ragioni, la calamita di tutte le polemiche”.
“Il mio unico reato è stato questo – conclude il presidente Vendola - aver difeso il lavoro, senza mai ammorbidire la mia ambizione ecologista. A certi ambientalisti non interessa tanto ottenere un risultato, quanto avere l’esclusiva della bandiera. E a chi con Ilva ha avuto qualche confidenza di troppo non pareva vero inchiodare me, che non risulto beneficiario di alcunché, per una confidenziale telefonata. Quanti miei fustigatori paiono piuttosto confidenti con la generosità di Archinà. Molti hanno pensato di potersi liberare della loro storica connivenza, del loro decennale silenzio, gustandosi lo spettacolo della messa in stato d’accusa dell’unica classe dirigente che ha inteso operare per il bene di Taranto. Senza soggezione ad alcun padrone. Questa storia non si scioglierà come neve al sole. Abbiamo appena cominciato a raccontarla. Soprattutto vogliamo continuare a scriverla”. /pat.sga