Ilva Taranto, Archinà sul benzo(a)pirene: la legge regionale «non s’ha da fare»
Nella intercettazione tra Girolamo Archina e il consigliere regionale PDL Pietro LoSpinuso del 29 ottobre 2010 si parla di un disegno di legge che dà fastidio all’Ilva. Due giorni prima, infatti, il 27 ottobre l’assessore all’Ambiente Nicastro aveva presentato il provvedimento sul benzo(a)pirene
01 December, 2013
Due giorni prima della intercettazione tra Archina e Lospinuso, il 27 ottobre 2010 l’assessore all’Ambiente in Puglia Lorenzo Nicastro aveva presentato in conferenza stampa un disegno di legge che andasse a contenere gli sforamenti del pericoloso inquinante killer, il benzo(a)pirene e a introdurre, dopo le evidenze scientifiche ricavate dal monitoraggio diagnostico , il Piano di risanamento per il quartiere Tamburi di Taranto predisposto per le sorgenti delle zone industriali di Taranto e Statte. Dunque come scrive Repubblica.it nella sua recente inchiesta “Prigionieri dell’Ilva” , “un provvedimento normativo che dà fastidio all’Ilva” perché il piano di risanamento una volta attivato, sarà basato per Archinà sulla limitazione della produzione dell’acciaio. Il motivo è spiegato in una frase dello stesso responsabile delle comunicazioni istituzionali Ilva, il quale afferma che la legge regionale avrebbe portato l’Ilva a “diminuire la produzione in relazione alle concentrazioni”. Per questo suggerisce al consigliere Pietro Lospinuso in forza nelle file del Pdl il modo migliore per liberarsi del problema.
La legge contro il benzo(a)pirene, pur se stigmatizzata da Archinà come “legge di facciata”, fatta soltanto per “apparire”, in realtà è da lui piuttosto temuta, tanto che chiede al consigliere di centro destra Pietro Lospinuso di organizzare una controffensiva in Consiglio regionale. Dopo aver ascoltato le parole di Nicastro in conferenza stampa, Archinà sa che questa volta il Governo, a differenza della prima legge salva Ilva dell’agosto 2010, non potrà fare nulla sia politicamente che legislativamente. Infatti la legge regionale ha basato la propria validità normativa sul decreto ministeriale del 25 novembre 1994 che prevedeva già dal 1 gennaio 1999 il raggiungimento del valore di 1 nanogrammo per metro cubo e (cosa non meno importante), individuava il campo di applicazione nella città di Taranto, essendo questa compresa nell’elenco degli agglomerati industriali e urbani con una popolazione superiore a 150.000 abitanti.
Ad un certo punto, Lospinuso prende in contropiede Archinà e gli chiede: “Girolamo, ipotizziamo per assurdo che questa legge fosse approvata, che cosa comporta? Voi verreste accusati di essere la fonte di produzione di cancro?”. Archinà conferma ma subito si corregge. «E' certo! (Si corregge, ndr) Embè. Non lo puoi quantificare. Devi diminuire la produzione in relazione alle concentrazioni».
Il disegno di legge, in realtà, non aveva il fine di definire direttamente, come pensa Lospinuso, il nesso di causalità tra Ilva e tumori (questo sarà dichiarato per la prima volta con la sentenza della magistratura nel luglio del 2012), piuttosto, fatto ben più grave per Ilva, introdurrà uno strumento prescrittivo che di fatto al pari dell’Autorizzazione integrata ambientale, andrà a limitare la produzione, e cioè il “Piano per il risanamento dell'aria nell'area di Taranto e Statte promulgato dalla Regione Puglia”. Tutto ciò significa dunque - intuisce Archinà - limitare la produzione di acciaio, a causa delle restrizioni operative obbligatorie durante “i wind days”, così come è accaduto a Hamilton nell’Ontario in (Canada).
Ilva, durante i giorni di vento climaticamente avversi per il quartiere Tamburi, dovrà limitare determinate movimentazioni secondo un crono-programma. Tutto questo è riportato nella recente e dettagliata risposta in quattro pagine che Assennato (Dg Arpa Puglia) ha fornito alla giornalista Sabrina Giannini di Report, che chiedeva se il piano di rientro sul benzo(a)pirene fosse stato efficace. Risposta che, seppur rilevante, durante la trasmissione della Gabanelli è stata omessa, molto probabilmente perché è in corso una indagine, e riconoscere pubblicamente l’efficacia di una legge regionale significherebbe in qualche modo indebolire le accuse, avanzate dalla magistratura, di favoreggiamento da parte della Regione e di Arpa Puglia nei confronti di Ilva.
Gran parte degli ambientalisti tarantini, tuttavia, non ha mai riconosciuto il valore di quella legge, definita anche dal Partito dei Verdi come “legge di propaganda”.
Piuttosto, questo avrebbe voluto che la Regione Puglia avesse ricorso contro la prima legge salva Ilva, che aveva rimandato al 2013 il raggiungimento dell'obiettivo di un nanogrammo per metrocubo di benzo(a)pirene in aria. Il 20 ottobre 2010 i Verdi avevano annunciato l’intenzione, di portare l’Italia di fronte alla Corte di Giustizia Europea, per il tramite del segretario Angelo Bonelli primo firmatario della petizione. Ricorso che però, ancora oggi non ha portato frutti, a causa di un prolungamento dei tempi. La Commissione Europea, infatti, ha accolto il ricorso dei Verdi sul D.lgs. n. 155/10 solo otto mesi più tardi (nel febbraio del 2011, cioè nello stesso mese in cui veniva approvata la legge pugliese sul benzo(a)pirene), e il Governo Italiano non ha motivato la difformità del decreto legislativo di recepimento della direttiva rispetto ad essa, lasciando di fatto che si arrivasse al 1 gennaio 2013, quando è entrata in vigore una volta per sempre il limite di legge dell’inquinante.