Ilva, diossina. Polemica Vendola - Ronchi. Il parere di un giurista «Sino alla legge pugliese, emissioni a go go»
La Gazzetta del Mezzogiorno il 23 novembre 2013 ha intervistato il giurista Marcello Cecchetti per fare chiarezza sulla polemica tra Ronchi e Vendola. L'esperto Marcello Cecchetti «Sino alla legge pugliese, emissioni a go go. Paghiamo i ritardi dello Stato, la prima Aia solo dopo l'inchiesta. Se ora può far meglio, si cambi l'Aia».
02 December, 2013
Articolo del 23 novembre 2013 da la Gazzetta del Mezzogiorno mezzo carta «Sino alla legge pugliese, emissioni a go go». L'esperto Marcello Cecchetti: «Paghiamo i ritardi dello Stato, la prima Aia solo dopo l'inchiesta. Se ora può far meglio, si cambi l'Aia».
Il decreto Ronchi del 1999 era solo una legge quadro, la prima vera disciplina con limiti europei sulle emissioni di diossina è la legge regionale pugliese del 2008. A fare chiarezza sulle polemiche che hanno visto contrapposti il subcommissario dell'Ilva Edo Ronchi e il presidente della Puglia Nichi Vendola è Marcello Cecchetti, docente di diritto costituzionale dell'Ambiente all'Università di Sassari.
Professore, come stanno davvero le cose?
«Tutta la normativa nazionale sino al decreto n.50 del 2005, compreso il decreto Ronchi del 1999, risultava applicabile solo a condizione che vi fosse il rilascio dell'Autorizzazione integrata Ambientale. Nel 1999, il decreto Ronchi rinviava all'emanazione di un decreto ministeriale per l'individuazione delle BAT (Best Avalaible Tecnlogy) cioè le migliori tecnologie disponibili, decreto emanato. A partire dal 2005, è finalmente cominciata ad esistere una disciplina per il rilascio dell'AIA e per l'uso delle BAT, ma i limiti per le emissioni di diossina erano sempre condizionati al rilascio dell'Aia, che per l'Ilva è arrivata solo nel 2011».
Tempi lunghi non crede?
«La direttiva comunitaria sull'Aia è del 1996, ma in Italia recepita con grave ritardo. Sino al 2005 le grandi industri come l'Ilva sono state assoggettate al limiti delle singole autorizzazioni (atmosferica, rifiuti, etc.), suddivise per tipologia di inquinamento. E tutto, o quasi, si è basato sulle autocertificazioni».
E non doveva essere lo Stato a monitorare?
«Anche su questo l'Italia paga gravi ritardi. Il sistema dei monitoraggi e controlli è affidato alle Agenzie regionali e all'Ispra. Ma quando fu introdotto, nel 1993, le Arpa - nate dai vecchi presidi multizonali - non avevano nè il know-how, nè il personale necessario a svolgere le nuove funzioni. Prima della metà del Duemila non abbiamo avuto un sistema pubblico di monitoraggio sulle perfomance ambientali che controllasse non solo i singoli impianti ma anche l'ambiente circostante».
Arriviamo così alla legge pugliese del 2008
«Un'innovazione. Da giurista ritengo vi siano forti dubbi di costituzionalità, trattandosi di competenze dello Stato, ma di certo il governo non solo l'ha impugnata, l'ha fatta propria recependola nella prima Aia sull'Ilva. E' evidente che la Puglia è stat più attiva dello Stato in questa prtita, visto che il Ministero dell'Ambiente ha rilasciato la prima aia solo quando è stato costretto dalle vicende, l'inchiesta sulla mortalità a Taranto».
Che ne pensa dell'Aia in vigore, quella di Clini?
«E' un risultato enorme, che ha reso i tempi per l'adeguamento dell'Ilva più cogenti di quelli europei. Ma se ora Ronchi, ovvero l'azienda, annuncia di poter realizzare performance migliori, portando le emissioni a 0, nanogrammi a metrocubo, è una disponibilità che va colta».
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