LETTI PER VOI - «Batteremo l’effetto serra»
L'analisi controcorrente di Sir David King, il consigliere scientifico di Blair - da La Stampa del 27.09.2005
27 September, 2005
Le catastrofi ambientali si moltiplicheranno, ma non moriremo di CO². Chi ha 40 anni farà in tempo a vedere la fine dell’era del petrolio e un nuovo inizio con un pianeta più pulito. L’essenziale è agire subito e Tony Blair è deciso a convincere tutti, dagli Usa alla Cina.
Per alcuni neoconservatori americani è il «Torquemada dell’ambientalismo», ma per gli altri Sir David King è uno dei maggiori studiosi di cambiamenti climatici al mondo: consigliere scientifico del premier britannico e capo dell’ente per la ricerca - l’Office of Science and Technology - ripete per tre volte di essere «ottimista»: «Non sono “Mr. Doomsday”, il Signor Apocalisse, come qualcuno vorrebbe. Proprio un anno fa si dava il Protocollo di Kyoto per morto. Ora la situazione è cambiata - spiega prima della sua lezione all’Università di Torino - dobbiamo solo mantenere il passo».
Professor King, lei, però, è famoso anche per una frase: che l’effetto serra è la minaccia peggiore per il mondo e che quindi dovremmo avere più paura del CO² che di Osama bin Laden. Come si conciliano l’ottimismo e questo allarme?
«Dopo l’11 settembre l’Occidente si è reso conto della necessità di combattere, unito, il terrorismo. Nel caso del riscaldamento globale, invece, ci sono due problemi: ogni nazione è colpita in modo diverso e tende a reagire in modo differente e, inoltre, i nostri sistemi democratici - che restano i migliori! - rispondono meglio ai problemi di breve periodo rispetto a quelli di lungo periodo. L’effetto serra è uno di questi».
Allora, perché ritiene che, nonostante i disastri che si susseguono, la lotta ai gas serra sia in una fase favorevole?
«Perché il nuovo “mercato delle emissioni” - nel quale le aziende che si mantengono al di sotto delle quote assegnate di gas inquinanti possono vendere ad altre le percentuali in eccesso - funziona. E’ entrato in vigore a gennaio, con valori di 8 euro per ogni tonnellata di CO², e dopo 8 mesi si è già saliti a 30 euro. Londra è diventata il centro nevralgico del business e ora New York e Chicago cercano di farle concorrenza. Ecco la prova che smentisce i pessimisti».
L’amministrazione Bush, tuttavia, volta le spalle al Protocollo di Kyoto sulle riduzioni di CO² e restano fuori le supereconomie di Cina e India. Che cosa può fare l’Europa?
«Ecco la mia risposta ufficiale: il governo britannico sarebbe felicissimo se Washington ratificasse il Protocollo! Non dimentichiamo che già 20 Stati Usa, a cominciare dalla California, pensano di aderire al mercato europeo delle emissioni. Quanto a Cina e India, l’intenzione britannica è coinvolgerle sempre di più in vista dell’adesione al Protocollo per il 2020. L’obiettivo è convincere queste nazioni che in futuro potranno svilupparsi ai tassi attuali solo a patto di adottare tecnologie pulite. Cinesi e indiani sono stati invitati con i rappresentanti di Brasile, Messico e Sud Africa al prossimo meeting sull’ambiente: discuteremo a Londra, il 1° novembre».
Intanto le catastrofi si aggravano. Gli uragani Katrina e Rita, per esempio. Si aggiungono ai Poli che si riducono, ai ghiacciai che si sciolgono, ai mari che si alzano, a desertificazioni e alluvioni...
«I dati dicono che Katrina e Rita sono figlie dell’effetto serra: l’intensità degli uragani è legata all’aumento delle temperature dei mari. Si scatenano quando ai Caraibi si è sopra la soglia dei 28 gradi. Ora siamo a 30. Quindi nei prossimi mesi dobbiamo aspettarci tempeste ancora più violente. Il problema è nei tempi: i cambiamenti climatici non sono graduali, sono improvvisi. E avvengono adesso. Ecco perché è così importante che la politica agisca subito. Se le nazioni ricche riusciranno comunque ad adattarsi, quelle povere pagheranno un prezzo altissimo. L’Africa ha perso il 2% delle precipitazioni e per l’agricoltura è un danno enorme, mentre India e Bangladesh sono esposte a inondazioni gravissime che trasformeranno milioni di persone in profughi. La linea della malaria, poi, continua a salire dai Tropici verso il Nord».
E’ sicuro che i processi legati all’accumulo del CO² non siano ormai irreversibili?
«Certo che non lo sono! L’obiettivo che il G8 si è dato al summit di Gleneagles dello scorso luglio è investire adesso e sempre di più nelle energie alternative e pulite, perché sono quelle che, mentre abbattono le emissioni, garantiscono la maggiore crescita».
Qual è più promettente? Idrogeno, eolico, solare, fusione nucleare?
«La Gran Bretagna investe in ciò che la circonda: l’acqua. E’ l’energia di onde e maree. L’Italia e i Paesi mediterranei hanno il sole. In Francia è partito il programma internazionale “Iter” per la fusione termonucleare. La ricerca deve lavorare su tutto, poi sarà il mercato a decidere».