Paolo Pileri: ci vuole più coraggio per stroncare gli interessi di comuni e costruttori
Consumo di suolo. Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano, spiega a REPUBBLICA perché in Italia gli amministratori scelgono di danneggiare l’ambiente per salvare le finanze - da REPUBBLICA del 06.04.2014
08 April, 2014
di Zita Zazzi
È tutta solo e sempre una questione di scelte e di priorità. La città ha fame di cemento, ma per costruire è più facile che venga preferita un’area verde a un’area dismessa.
Perché professore Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano?
«Manca una legge nazionale che imponga il riuso delle aree costruite e abbandonate, e questo riduce un po' le responsabilità degli amministratori locali».
I Comuni non hanno autonomia di scelta in campo urbanistico?
«Certo che ce l’hanno, ma per fare diversamente da come si fa oggi, ci vorrebbe grandissimo coraggio e disponibilità a spendere di più. Costruire dove c’era una volta un’industria o una ferrovia comporta costi di bonifica e di demolizione. Ovviamente questo spinge gli amministratori locali, in tempi di bilanci risicati, a fare le scelte più economiche. Si danneggia l’ambiente ma si salvano le finanze».
Quindi, si continuerà a costruire consumando terreno agricolo o spazi che potrebbero diventare verde pubblico?
«Per ora va così, diversamente da quanto succede a Berlino, Londra, Parigi. Da noi manca una visione urbanistica centrata sulla conservazione del suolo, una visione nuova di quel che potrebbe essere il futuro aspetto della città».
Anche a Milano?
«Questa giunta ha smagrito il piano urbanistico fatto da quella precedente, questo va riconosciuto. Però rimangono centinaia di aree dismesse abbandonate al loro destino, mentre aree ex agricole diventano edificabili: si chiama consumo del suolo. Ci vorrebbe più coraggio».
Che cosa dovrebbe fare il Comune?
«Dovrebbe fare sentire di più la sua voce con Regione e Governo per avere una legge nazionale contro il consumo del suolo. Nessuno fa pressione su questo argomento, manca proprio una cultura in questo senso. In Gran Bretagna non si può costruire un centimetro quadrato se il 60 per cento delle aree dismesse non viene utilizzato».
Perché da noi prevale un’altra logica? Non sarà solo una questione di miopia culturale?
«Naturalmente c’è anche un intreccio perverso fra interessi economici di costruttori e proprietari di aree, intreccio combinato con la paura degli amministratori a opporsi».
I Comuni non hanno soldi. Realizzare nuovi parchi rende meno che lasciare costruire grattacieli e residenze di lusso?
«I Comuni guadagnano oneri di urbanizzazione per ogni nuovo quartiere che nasce e la legge permette di usare questi soldi anche per pagare le spese correnti, dagli asili nido agli stipendi degli assessori. È un circolo vizioso. Le aree edificabili sono diventate un assegno in bianco. E solo deboli voci si levano per cambiare rotta».