Prospettive su riutilizzo degli oggetti e riduzione dei rifiuti. Intervista a Gianfranco Bongiovanni di Occhio del Riciclone
Alla vigilia dell'incontro pubblico di Milano sul riuso, organizzato sabato 12 aprile da Temporiuso ed Eco dalle Città, abbiamo intervistato Gianfranco Bongiovanni, Responsabile Sociale e Lavoro di Occhio del Riciclone e Segretario della Rete ONU (Operatori Nazionali Usato)
10 April, 2014
Voi occhio del riciclone siete una sorta di sindacato dei rigattieri?
No, occhio del riciclone è un network che mette in sinergia un gruppo di onlus regionali in Italia e lavora per la promozione del settore del riutilizzo e dell'inclusione delle economie popolari nella gestione ufficiale del ciclo dei rifiuti. Il nostro Centro di Ricerca economica e sociale è presente anche in America Latina dal 2008, dove lavoriamo con i reciclatores de calle, pepenadores, cartoneros per trovare delle soluzioni tecniche operative all'inclusione delle attività informali nello sviluppo della raccolta differenziata nei sud del mondo. ODR ha contribuito alla nascita della rete nazionale operatori dell'usato (Rete ONU) e dal 2011 dirige il comitato scientifico dell'associazione che oggi rappresenta circa 10 mila lavoratori del settore dell'usato. tra rigattieri, operatori e organizzatori di fiere e mercati delle pulci e mercati storici (Balon di Torino, Porta Portese di Roma, Fiera del Baratto e dell'usato di Napoli etc), network e franchising conto terzi dell'usato (Mercatopoli, Mercatino srl), associazioni, coop ed enti di solidarietà che lavorano sulle tematiche del riutilizzo
Ad oggi che rapporto c'è tra il recupero e il riutilizzo degli oggetti e la riduzione dei rifiuti?
Nel corso degli anni si sono moltiplicate le iniziative che hanno visto al centro il riutilizzo. Con buoni risultati dal punto di vista culturale e dell'aggregazione sociale, e anche in termini di rifiuti risparmiati e del conseguente impatto reale in termini di riduzione della produzione dei rifiuti da destinare in discariche ed inceneritori si sono cominciati a raggiungere risultati significativi.
Una recente ricerca effettuata su 210 negozi in conto terzi di un operatore economico dell'usato, realizzata dal nostro centro di ricerca in collaborazione con la Mercatino srl, ci ha dato la possibilità di misurare l'impatto ambientale del riutilizzo (prima ricerca di questo genere sul settore dell'usato con l'applicazione del metodo LCA- Life Cycle Assessment). È venuto fuori che ogni anno un negozio conto terzi medio riesce a restituire a seconda vita oltre 100 tonnellate all'anno di beni, che senza la loro presenza sarebbero finiti con ogni probabilità nelle discariche cittadine.
Quando si parla di riutilizzo bisogna tenere a mente la complessità di una filiera che conta al suo interno realtà molto variegate, molte delle quali proprio grazie al riutilizzo consentono l'inclusione sociale di soggetti a rischio di marginalità economica e sociale. Penso alle cooperative sociali e di produzione lavoro che lavorano nel sociale, ai mercatini multietnici dell'usato, alla virtuosa esperienza torinese delle aree di libero scambio del mercato storico del Balon, all'azione informale ma onesta delle migliaia di raccoglitori informali che grazie alla funzione di ammortizzatore sociale naturale costituita dal settore dell'usato riescono a sostentare se stessi e i propri nuclei familiari.
Invece in termini di peso tutti assieme i centri di riuso del centro Italia che non mettono in sinergia l'attività d'intercettazione dei beni riutilizzabili con il settore dell'usato e che applicano la modalità dello scambio gratuito non riescono a raggiungere queste cifre. Se consideriamo che il solo comparto dei negozi conto terzi conta oltre 3000 attività si può intuire quale possa essere il contributo ambientale, occupazionale e sociale di queste attività.
Ma quindi per un recupero e un riutilizzo che realmente riduca i rifiuti l'unica soluzione è il mercato dell'usato? Le iniziative gratuite come i banchi del riuso e “negozi passamano” non vanno bene?
Ben vengano iniziative che possano avvicinare il maggior numero di cittadini possibile all'utilizzo efficiente delle risorse e all'allungamento del ciclo di vita dei prodotti, ma basta osservare la realtà già preesistente per comprendere che non c'è molto da inventare su questo terreno, ma da riorganizzare, ristrutturare, far emergere, promuovere. La stesso Piano Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti del Ministero dell'Ambiente riconosce che “per incrementare i volumi di riutilizzo occorre pianificare azioni che rimuovano o contribuiscano a rimuovere gli ostacoli che inibiscono lo sviluppo del settore dell’usato. Oltre al problema logistico e strutturale rappresentato dall’assenza di flussi certi di approvvigionamento, l’usato soffre di gravi problemi legati a sommersione, fiscalità e concessione di spazio pubblico”.
Solo rimuovendo questi ostacoli si potrà fare in modo che il riutilizzo in Italia rappresenti un vero e proprio progetto di vita per le oltre 80 mila persone coinvolte oggi in questa attività e consentire che il valore sociale, ambientale, culturale e occupazionale della filiera del riutilizzo possa dispiegarsi pienamente.