Taxi contro Uber, intervista a Dario Balotta: “Il problema non è Uber: sono i 90 euro Milano-Malpensa”
"Su un aspetto i taxisti hanno ragione: bisogna impedire che questi nuovi servizi si trasformino in abusivismo ed evasione fiscale. Per il resto, c’è spazio per tutti. Ma i taxi devono fare due cose: ricordarsi delle periferie e abbassare le tariffe” Parla il presidente ONLIT Dario Balotta
21 May, 2014
Hanno ragione i taxisti a protestare contro Uber o no?
Hanno poche ragioni, diciamo così. Il servizio offerto da Uber è strutturalmente un distruttore di monopoli. I taxisti hanno sempre protestato e fatto pressioni contro le misure del governo, che fosse la svendita o l’aumento delle licenze, o la liberalizzazione, e questa è la prima volta in cui lo fanno contro la forza progressista delle nuove tecnologie. Del resto i taxisti devono farsi perdonare i 90 euro per andare da Milano a Malpensa, che è un’andata e ritorno di un volo low-cost… Forse qualche responsabilità ce l’hanno anche loro. Oltre al profilo economico però, c’è anche quello ambientale: si stanno sviluppando nuove forme di trasporto in diretta concorrenza con i taxi, come il car sharing e car pooling, che fanno sì che oltre al risparmio economico ci sia anche un’ottimizzazione dell’uso delle automobili, e un conseguente decongestionamento del traffico urbano, una questione alla quale i taxisti invece non sanno rispondere.
Il fatto che Uber non debba pagare licenze è concorrenza sleale?
Aver sempre avuto una rendita di posizione monopolista non significa che tutto debba continuare a girare attorno a te. Il mondo gira attorno alle cose che hanno più forza rivoluzionaria della tua. Le cose cambiano e i taxisti devono prenderne atto. Tu fai un investimento e speri che tutto vada per il meglio, ma non puoi averne la certezza. Se io apro una fabbrica di bicchieri di vetro e poi tutti cominciano a comprare solo quelli di plastica cinesi, cosa faccio? In tutti gli investimenti c’è un margine ampio di rischio, e non c’è nessuno a proteggere chi ha messo i propri soldi in un’impresa che non funziona come avrebbe voluto.
Oltre alla licenza c’è l’aspetto tecnologico. Se servizi come Uber piacciono di più è perché sono più immediati e rapidi nella prenotazione e nel pagamento. Se i taxi colmassero questa distanza il mercato si riequilibrerebbe o no?
Ecco, qui arriva quella che secondo me è la parte in cui i taxisti hanno ragione. I taxisti svolgono un servizio di trasporto che è in una certa maniera pubblico, ausiliario, se non quasi complementare dei servizi di trasporti urbani. Il limite dei servizi come Uberpop, in cui i privati grazie all’applicazione si offrono trasportatori, è che c’è una possibile evasione fiscale. Se io ti accompagno e ti chiedo una cifra superiore rispetto al costo vero che io ho per darti questo passaggio, questi soldi che fine fanno? Questa non è la logica del car pooling, in cui ci si limita a dividere le spese di un viaggio comune. Bisogna dividere nettamente tra ciò che è lavoro e ciò che non lo è, per non lasciare spazio all’abusivismo. E in questo sì, i taxisti hanno ragione.
Nei cinque punti della proposta fatta dall’Assessore Maran c’è anche quella di obbligare Uber a far decorrere 90 minuti tra la prenotazione e l’inizio della corsa. Di fatto spazza via ogni possibilità di concorrenza con i taxi, per quanto riguarda le emergenze, e limita Uber a mero servizio di noleggio auto per occasioni già predeterminate.
E’ una clausola che neutralizza questa nuova offerta. I casi in cui uno prenota un taxi con largo anticipo saranno il 3% del mercato, o poco di più. E oltretutto per questo tipo di spostamenti programmati, la vera minaccia competitiva per i taxi è piuttosto il car sharing. Lo ripeto, il problema vero non è la concorrenza, è piuttosto il rischio di evasione fiscale e abusivismo. (NdR: si veda in proposito quanto dichiarato dagli assessori Maran e Granelli Al Corriere della Sera: «Questa novità espone tutte le persone che decideranno di farsi pagare per fare il tassista abusivo, magari in buona fede – il monito degli assessori - alla confisca del veicolo, a una sanzione amministrativa (da 1.761 a 7.045 euro) e alla sospensione della patente da quattro a dodici mesi, così come previsto dal Codice della Strada. Bisogna distinguere in maniera chiara un’organizzazione di car pooling, che porta a un’equa condivisione delle spese tra i passeggeri anche tramite app, da iniziative a fini di lucro (sia per la app, sia per l’autista), che nulla hanno a che vedere con la sharing economy».)
La clientela dei taxi è destinata a restare la fetta di popolazione senza smartphone?
Una fetta decisamente ampia, per quanto progressivamente destinata a calare. Ma non solo. Non dimentichiamo che le applicazioni come Uber in una città normale, con una struttura solida di trasporto pubblico e di servizio taxi con offerte economiche valide, non come quelle di Milano insomma, per quanto importanti non metteranno mai in crisi il mercato dei trasporti. Il mercato si ripartirà naturalmente e ci sarà spazio perché ciascuno assolva le proprie funzioni. I taxi però devono fare due passi importanti: il primo è la disponibilità a posizionarsi anche in periferia, non solo nel centro storico; e il secondo è abbassare le tariffe. Torniamo alla realtà di cui si parlava all’inizio: 90 euro per andare a Malpensa? Non dico altro.