Taxi contro Uber: la protesta a Barcellona
Nuova giornata di scioperi in tutta Europa contro Uber. Eco dalle Città ha seguito la protesta da Barcellona, fra taxisti infuriati, qualche turista incuriosito e tanti catalani con altri pensieri per la testa...
11 June, 2014
“Lo sa che quasi tutti quelli a cui chiedo se conoscevano Uber mi rispondono No, fino ad oggi?” “E’ vero, la maggior parte della gente non lo conosce ancora. Chi lo conosce di solito è perché ha letto di una protesta di noi taxisti sul giornale… Sono furbi: è una buona strategia di marketing la loro”, ci risponde un manifestante, aggrappato al suo striscione.
Il copione si ripete ormai uguale da mesi in tutta Europa: il colosso californiano arriva, comincia a farsi conoscere quanto basta da una clientela "d’élite" e lascia che siano gli scioperi e le proteste a farli arrivare al grande pubblico, conquistando le prime pagine dei quotidiani senza spendere un soldo.
Barcellona non fa eccezione: Uber è arrivato in città da pochi mesi, la clientela è ancora molto bassa, ma la polemica decisamente vivace. “Può essere che gli stiamo facendo un favore – ammette Sergi, taxista cinquantenne che ci ha fatto da guida tra le fila dei manifestanti – ma non abbiamo scelta: non possiamo lasciare che il servizio dilaghi senza freni, perché a quel punto sarà troppo tardi per risolvere la situazione”. Quando dice “risolvere la situazione” Sergi non intende nessun compromesso alla Maran. “Bisogna impedirgli di esercitare il servizio” chiarisce “Devono proibirlo”.
Le ragioni, le stesse per cui la categoria protesta in Italia: la difficoltà dei controlli fiscali, la pericolosità di affidarsi a uno sconosciuto senza alcun certificato, e poi, ovviamente, la licenza. “Ho investito tutto quello che avevo per comprare la licenza a 100.000 euro – ci racconta un altro taxista - E sono stato fortunato, oggi c’è chi ne paga anche 200.000. In quei soldi c’è il mio appartamento, c’è tutto quello che avevo messo da parte per fare questo investimento. Ora arrivano loro e salta fuori che possono fare il mio stesso mestiere senza pagare un euro. Ditemi se è giusto…”
Di farla finita con le licenze però nessuno vuol sentir parlare. “Finiremmo come nel terzo mondo, sarebbe solo tornare indietro: la licenza garantisce la mia professionalità: devo sottostare a dei controlli periodici, rispettare gli orari e le leggi. Come si fa a mettersi in macchina di uno qualunque, solo perché ha un volante in mano? E’ anche pericoloso”.
Proviamo a chiedere se l’imposizione di una licenza anche a Uber potrebbe avere un senso, ma veniamo quasi inceneriti. “La verità è che siamo già troppi così – ammette Isa, un’altra taxista – non avrebbero mai dovuto concedere così tante licenze”. In effetti il numero di taxi che circolano per la città è impressionante: 10.500, contro i 5.000 di Milano. E nonostante il caso Uber li abbia fatti cantare tutti insieme in corteo un abbastanza improbabile El taxi unido jamás será vencido, la realtà lavorativa oggi assomiglia più a Mors tua vita mea, come ammette Isa.
“La clientela si è dimezzata rispetto al 2008. Per portare a casa lo stipendio di un metalmeccanico dovremmo stare fuori di casa 12 ore al giorno, e perlopiù giriamo a vuoto. Il peggio sono i taxi che fanno il doppio turno. Non dovrebbe essere permesso, perché così si dividono le spese dell’auto e riescono a coprire le 24 ore”. Insomma, l’ultima cosa di cui sentono di aver bisogno i taxisti nella jungla urbana di Barcellona è di un altro grosso animale come Uber. Sulle cui armi però, c’è ancora abbastanza confusione.
Abbiamo provato a chiedere perché un potenziale cliente potrebbe preferire il colosso californiano al taxi tradizionale. “Perché costa meno: è chiaro che se non devono pagare la licenza possono tenere i prezzi più bassi”. “Uber non costa meno: ha fatto prezzi bassi adesso come offerta di lancio, ma alla fine si spenderà anche di più”. “Incassano tutto quello che guadagnano perché non pagano le tasse. Chi va a controllare se evadono o no?”. “Anche perché è più tecnologico” avanza un altro taxista, non a caso, piuttosto giovane: “Si paga tutto dal cellulare, atraverso l’app, è più veloce. Ma non è legale quello che fanno, e con questo sciopero speriamo che la gente lo capisca e ci supporti”. Nel frattempo, la multinazionale non ha perso tempo e twitta “Puede ser difícil moverse hoy por Barcelona, estamos aquí para ayudarte :)”Con tanto di sconto anti sciopero sulle tariffe.
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