Gli ambientalisti abusivi di Porta Portese
I 900 rigattieri del mercato di Porta Portese a Roma smerciano ogni anno circa 5 tonnellate di merce ognuno, in totale circa 4.500 tonnellate di oggetti che non diventano rifiuti. Fanno un favore all’ambiente, anche se è lecito dubitare che ne siano tutti consapevoli, e il loro statuto è incerto, come quello di molti altri mercati di rigatteria in Italia. Antonio Castagna ne ha incontrato alcuni
03 July, 2014
di Antonio Castagna
Cosa c’entrano i problemi dei rigattieri di Porta Portese con l’ambientalismo? E con la sicurezza? E con l’economia e il fisco? Sono in 900 e ogni domenica da 70 anni circa, rivendono abiti, suppellettili per la casa, mobili, chincaglieria di ogni tipo. Recuperano gli oggetti da cantine, soffitte, appartamenti in procinto di essere ristrutturati, dandogli un’altra chance, allungandogli la vita. Ognuno di loro smercia ogni anno circa 5 tonnellate di merce, in totale fanno circa 4.500 tonnellate di oggetti che evitano la distruzione, in discarica, in inceneritore, o sotto forma di riciclaggio per il recupero della materia. Fanno un favore all’ambiente, anche se è lecito dubitare che ne siano tutti consapevoli. Ognuno dei 900, rivendendo gli oggetti usati consente ai consumatori di risparmiare sull’acquisto del nuovo, anche questo non lo fanno per spirito caritatevole, però è una buona cosa, o no?
Ognuno di loro guadagna quanto gli basta per vivere, anche se a nessuno di loro è consentito pagarsi una pensione, perché vendere oggetti usati in Italia è difficile. Lo si può fare come intermediario, sono quelli delle catene tipo Mercatino o Mercatopoli, ma non come commerciante, la cui figura non è riconosciuta. Ognuno di loro, oltre a non potersi pagare la pensione, non può nemmeno pagare le tasse. È un evasore fiscale. Ma neanche questo lo fa per cattiveria.
A me i rigattieri di Porta Portese mi fanno davvero tenerezza. Sono buoni e cattivi a loro insaputa e senza che possano farci niente. Lo statuto del mercato di Porta Portese, come di molti altri mercati di rigatteria in Italia è incerto. Sono autorizzati a starci per una sorta di tacito accordo, ma è un posto che ha finito per attrarre centinaia di venditori improvvisati, spesso stranieri, magari rovistatori dei cassonetti, in certi casi ricettatori. E la commistione di tante persone provoca tensioni, risse, problemi di sicurezza. Qualcuno dice che sono razzisti. Loro dicono che il problema non sono i rom in sé, ma il mercato, che è diventato un casino.
Secondo Gaetano al Comune di Roma non gliene frega niente di affrontare questo problema. Maurizio Cavalieri, Presidente dell’Associazione Operatori di Porta Portese, mi racconta che l’ultima delibera del Comune di Roma sul mercato risale al 1959. È il mercato più grande d’Europa, conosciuto in tutto il mondo, “pensa – continua Maurizio – che qualche anno fa ho accompagnato per mesi una studentessa canadese che ha fatto la sua tesi di laurea su Porta Portese. Il mercato lo conoscono meglio a Toronto che qua”. Nel 2012, la precedente giunta Alemanno aveva deliberato un progetto di riqualificazione dell’area, sistemazione delle fogne, dei marciapiedi, degli spazi comuni e i lavori sono già iniziati. Nel frattempo nessuno dal Comune di Roma si è fatto vivo per trovare una sistemazione provvisoria agli operatori. Un’altra delibera, sempre del 2012 prevedeva anche la pubblicazione di un bando per affidare a un’associazione la gestione del mercato, sul modello di quello che è accaduto a Torino con il Balon, gestito dall’associazione Vivi Balon. Ma anche del bando non c’è traccia.
Per questo un centinaio di loro si è ritrovato in assemblea venerd' 13 giugno al centro sociale Officine Zero a Roma. Sanno di dover fare qualcosa, anche se è difficile capire cosa.
Che poi ci hanno provato a fare qualcosa. Ad esempio, sono tra i fondatori, nel 2011 dell’associazione Operatori Nazionali dell’Usato, con la quale hanno chiesto allo Stato di fare una legge di riordino del settore, così almeno potranno pagare le tasse. Ma i continui cambi di ministri e tanta disattenzione non li hanno aiutati a raggiungere l’obiettivo. Nel frattempo continuano a fare il mercato con lo status di abusivi ma censiti, dato che nel 2008 furono censiti in vista di una regolarizzazione che non è mai arrivata. Mi viene un dubbio e chiedo a Maurizio, se voi siete abusivi, che diritti in più avete rispetto agli abusivi che arrivano ogni domenica a centinaia?
“E che diritti abbiamo. Che te devo dì, le conclusioni te le puoi pure tirare da solo”
Il Comune di Roma va a rilento. Finalmente, dopo l’assemblea del 13 giugno, il 17, alcuni esponenti dell’associazione hanno incontrato la dirigente dell’Assessorato al Commercio, dott.ssa Cresta, che ha promesso di dar vita a un tavolo in assessorato, almeno per garantire una sistemazione provvisoria. L’abusivismo involontario ha conseguenze paradossali. Beppe, ad esempio, mi racconta, che “se io devo andare a buttare in un ecocentro dei mobili di sgombero, oggetti ingombranti, che so di non poter rivendere, non ci posso andare”. Perché altrimenti dovresti pagare, chiedo io, come un’azienda? “E no, mi dice, io non posso pagare perché io non sono autorizzato a essere un’azienda. Ma non posso nemmeno andare gratuitamente come un qualsiasi cittadino, perché il mio furgone è oltre i 35 quintali, e quindi per gli addetti all’ecocentro io sono un’azienda, ma siccome non sono un’azienda, non mi fanno entrare lo stesso”. L’Italia è un paese meraviglioso, mi dico. Ma allora come fai? “Nun te lo dico, me vergogno”.
Beviamo una birra e cambio discorso, mi giro verso Gaetano e gli chiedo cosa gli piace del suo lavoro. Gli si illumina lo sguardo e mi dice che è “trovare le cose” e a me sembra la stessa magia di quando da bambino si raccontava di favolose truvature, quei tesori nascosti dentro anfratti, grotte, dimenticati e magicamente ritrovati. Solo che poi, diventando grande pensavo di aver capito che non esistono e sono solo favole di bambini. “L’altro giorno sono andato a svuotare la casa di una vecchia che era morta. M’hanno fatto trovare tutto messo nei sacchi, pronto da buttare. Ma io non butto mai niente senza prima controllare. È così che dentro una tasca nascosta in un vestito ho trovato un rolex d’oro, catenine, bracciali, anelli”. “Capita - aggiunge Beppe - come capita di scucire le imbottiture delle sedie e trovarci dentro dei soldi”. E che hai fatto, le hai restituite?
“Ma sei matto? Me le so’ tenute, eh, quello è il mio mestiere, trova’ le cose”. Beppe, ma me lo dici come fai a buttare le cose dopo che hai svuotato una cantina? “Io me porto la sega elettrica. Taglio tutti a pezzetti piccoli e poi butto tutto nei cassonetti. Che devo fa’?" E così, in chiusura di chiacchierata scopro che Gaetano, Beppe, Maurizio e gli altri, oltre a essere ambientalisti, abusivi, evasori fiscali e razzisti sono pure inquinatori. “Il punto è, mi dice Maurizio, ognuno di noi è qualcosa a seconda di come si scrivono le leggi. Se scrivessero che siamo commercianti di roba usata e ci permettessero di pagare le tasse, di svuotare i furgoni agli ecocentri, magicamente diventeremmo cittadini modello. Fino quando questo non succede però, stiamo così, e a seconda di come ci guardi, siamo ambientalisti, razzisti, inquinatori, e tutte le cose che hai detto tu. A ognuno gliè pare una cosa diversa”.
(foto 06blog.it)