Ramadan quando la luce del giorno dura 24 ore. Consumi zero - rifiuti zero?
Come si rispetta la tradizione del Ramadan in quei posti del mondo in cui il giorno dura 24 ore? Il dubbio: si può parlare di consumi zero e, di conseguenza, di rifiuti zero? Le diverse interpretazioni tratte dal The Economist del 10.06.2013
03 July, 2014
traduzione di Amina De Biasio
Il sacro mese islamico di Ramadan inizia con l’avvistamento della luna nuova nel nono mese del calendario lunare. Durante il mese di Ramadan (che quest’anno inizia il 9 luglio) i musulmani osservanti di tutto il mondo si astengono da cibo e bevande (e rapporti sessuali N.d.T.) tra l’alba e il tramonto.
Siccome segue il calendario lunare, il Ramadan si sposta di 11 giorni all’anno rispetto al calendario gregoriano. In alcuni luoghi, come l’Arabia Saudita, c’è una piccola differenza nel numero di ore al giorno in cui i musulmani devono digiunare. Ma cosa succede nei paesi del nord, dove possono esserci 24 ore di buio o di luce a seconda del periodo dell’anno? Cosa dire dell’Antartide, dove periodi di continuo buoi e periodi di continua luce durano per mesi? Come fanno a osservare il Ramadan i musulmano nei luoghi dove il sole non tramonta?
Questa domanda è diventata importante, dato che i musulmani si sono spinti sempre più lontani dalla loro patria araba, dove il giorno più corto dura circa 12 ore e il più lungo ne dura circa 15. Gli studiosi islamici hanno offerto diverse soluzioni. L’interpretazione più rigorosa del Corano, come sostenuto dal Saudi Arabia’s Council of Senior Scholars, sostiene che bisogni sempre osservare gli orari locali anche se ciò dovesse significare il digiuno per più di 23 ore d’estate o per poche ore d’inverno. In quei luoghi in cui il sole non tramonta affatto, bisogna rispettare gli orari del posto più vicino in cui lo fa.
Altri studiosi invece sostengono che ci sia confusione sull’orario di quale città seguire, ma che è irragionevole e non nello spirito dell’Islam chiedere alle persone di digiunare per periodi così lunghi. La moschea di Al Azhar al Cairo, uno degli istituti islamici più rispettati del mondo, ha stabilito che i musulmani non devono digiunare per più di 18 ore al giorno. “Noi non siamo tenuti a morire di fame”, dice Salmam Tamimi, capo dell’Associazione Musulmana d’Islanda. Alcune comunità, come i circa mille musulmani d’Islanda, seguono di conseguenza una fatwa (sentenza islamica) che raccomanda di seguire le tempistiche del 25° (?) parallelo. Altri, in Alaska e in Svezia per esempio, osservano invece gli orari della Mecca, dal momento che è il luogo a cui i versetti coranici facevano riferimento in origine, regola sostenuta dall’European Council of Fatwa and Research.
Un altro gruppo di studiosi sostiene il digiuno di 12 ore a prescindere dal periodo dell’anno, perché il giorno offre una media di 12 ore di luce solare.
E cosa dire di chi osserva il Ramadan dalla bassa orbita terrestre, dove ogni periodo di luce/buio dura appena 45 minuti? Nel 2007, quando lo sceicco Muszaphar Shukor, un astronauta malese, è diventato il primo musulmano osservante ad andare nello spazio durante il Ramadan, il governo della Malesia ha pubblicato un libriccino di 20 pagine contente delle linee guida, confermando che gli astronauti dovrebbero seguire gli stessi orari di digiuno e preghiera del luogo da cui la loro astronave è partita – in questo caso la rampa di lancio di Baikonur. “Non esiste uno standard monolitico”, dice l’imam Abdullah Hasan della moschea di Neeli a Greater Manchester, Gran Bretagna. “La bellezza dell’Islam è la sua flessibilità”.