Ecco perchè la proprietà dell'auto e - forse - del frigorifero diventa anticaglia da rottamare
da Huffington Post del 28.07.2014
28 July, 2014
di Claudio Giua
La frase esatta di Henry Ford era "any customer can have a car painted any colour that he wants so long as it is black", ossia "i (nostri) clienti possono avere la macchina del colore che preferiscono, basta che sia il nero". L'auto in questione era la Model T, prodotta dal 1908 al 1928 in quindici milioni di esemplari grazie alle prime catene di montaggio: per non interrompere il flusso industriale era solo nera e senza optional, come si sarebbe detto settant'anni più tardi. Vettura simbolo del trasporto privato che avrebbe segnato per un secolo le società e le culture popolari prima occidentali e poi globali, la Model T potrebbe ora essere sostituita nell'immaginario collettivo da SuperHub, l'acronimo di SUstainable and PERsuasive Human Users moBility con il quale è stato battezzato il sistema di integrazione del trasporto urbano che renderà inutile e antieconomico possedere un'auto a Helsinki, città di 1,3 milioni di residenti (come suppergiù Milano, che infatti è stata scelta dalla UE insieme a Barcellona per un'analoga sperimentazione).
Il progetto parte dall'ipotesi che entro una decina d'anni tutti i cittadini della capitale finlandese, compresi i bambini in età scolare, disporranno di uno smartphone o un tablet con un'applicazione digitale premontata che consentirà di deviare fin sotto casa il bus pubblico, di pedalare in sella alla bicicletta del Comune trovata all'angolo dell'ufficio, di salire sul traghetto o sul treno urbano senza abbonamento o biglietto cartacei, di raggiungere il centro commerciale a bordo di una piccola auto dei servizi privati di sharing , di tornare la sera da teatro con un taxi a prezzo controllato. Esperimenti al via nel quartiere di Valilla già nei prossimi mesi.
Fin qui la notizia apparsa qui e là nei giorni scorsi e rubricata come la conferma che si sta realizzando l'utopia della smart city totale almeno per quanto riguarda gli spostamenti. Ma quel che impressiona è il cambiamento delle abitudini e delle aspirazioni che SuperHub sottintende ed esemplifica: dall'auto di proprietà - uguale per tutti all'epoca del fordismo, di prestazioni e rifiniture infinite negli ultimi decenni - si passa alle opportunità di facile spostamento senza più possedere il mezzo di trasporto; l'auto - status symbol per definizione - diventa un costoso orpello che ti prosciuga il conto in banca, se ancora ce l'hai, che si deprezza immediatamente e che resta ferma in strada per il 97 per cento del suo arco di vita. Che senso ha?
Chi ha figli o nipoti in età da patente o un po' più grandi sa peraltro come l'auto personale non sia più il primo oggetto del desiderio alla raggiunta maggiore età. In alcune realtà la proprietà di una vettura significa scarsa attenzione all'ambiente, predisposizione a una triste stanzialità regionale, poca fantasia negli spostamenti: insomma, un residuato degli anni Cinquanta e successivi, dunque da rottamare renzianamente. Non parlo della West Coast o dell'Australia. Parlo di casa nostra, dove per fortuna la proprietà (dell'auto, per ora) continua a non essere un furto ma certo è una notevole rottura di scatole. Da evitare.
Anche per questi motivi molti italiani apprezzano i servizi di trasporto alternativi. Il nostro paese è quello dove sta avendo più successo il car sharing della Daimler, che ha qui 110mila dei 750mila iscritti nel mondo: quasi il doppio dei tedeschi, per dire. A Roma, Milano e Firenze funziona così: t'iscrivi online, ritiri una tessera sociale in uno dei centri convenzionati, scarichi la app, trovi sulla mappa digitale quale è la Smart biancoblu più vicina e la raggiungi, dopo averla aperta con la scheda ti metti alla guida, vai dove vuoi e parcheggi ovunque nel perimetro cittadino. Si paga a minuto, costa molto meno del taxi se sai qual è il percorso più agile. A Roma, Milano e presto Torino è attivo anche un servizio con Fiat 500 rosse lanciato da Eni insieme a Fiat e Trenitalia, con modalità d'uso ancora più semplici.
In qualche misura, si tratta di un ritorno alle origini, al "...basta che sia il nero" di Henry Ford perché le Smart e le 500 sono tutte uguali, senza alcuna possibilità di personalizzazione. Usarle regolarmente - è il mio caso - serve anche a lanciare un messaggio sottotono del tipo: l'auto è un servizio per andare da A a B in tempi brevi e senza alcuna preoccupazione. Punto.
Se la vendita della musica su supporto rigido sta via via scomparendo a favore di iTunes o Spotify; se nessuno compra più per i DVD o i Blu-Ray per i film, fruiti on demand; se gli editori proporranno tablet gratuiti per far leggere i loro libri e giornali da pagare in abbonamento o a consumo, forse presto arriveremo a metterci in cucina frigoriferi o lavatrici sofisticati gentilmente offerti dei supermercati in cambio della nostra fidelizzazione pluriennale. Parafrasando Ford: quel che vale è il servizio, non lo strumento "che può essere di chiunque, basta che sia il mio (di chi fornisce il servizio)".