Led a Milano, l'esperto Bonata: «Manca un progetto, e occhio alla luce bianca»
Diego Bonata, esperto di inquinamento luminoso e di progettazione di impianti di illuminazione pubblica, dice la sua sul restyling in salsa LED dell'illuminazione pubblica milanese
06 October, 2014
«Stando ai documenti diffusi dal Comune di Milano ed a quanto ci è stato riferito, non risulta che, prima di avviare la conversione a LED dell'illuminazione stradale della città, sia stato commissionato un progetto unitario ad un progettista abilitato (e non solo perché prescritto per legge), né sembra che, al di là delle considerazioni sui costi e sui consumi elettrici, ci sia stata anche una valutazione di carattere estetico e di valorizzazione». Così l'ingegnere Diego Bonata, considerato uno dei massimi esperti italiani in materia di inquinamento luminoso e progettazione di impianti di illuminazione pubblica ecosostenibili, che interviene a proposito del restyling milanese in salsa LED.
I documenti che illustrano l'intervento, in pratica, fanno ampio riferimento alle prospettive di risparmio energetico e al taglio dei costi permesso dall'installazione a tappeto dei LED. Dal punto di vista dell'inquinamento luminoso, invece, l'amministrazione milanese parla di «migliore concentrazione del fascio luminoso verso la zona da illuminare, marciapiedi e strade» e di «nessuna emissione di intensità luminosa verso l’alto».
È proprio questo a far nascere le perplessità dell'esperto, in quanto l’intervento appare una «mera sostituzione di apparecchi di una tecnologia con un altra», e se effettivamente non ci fosse un progetto come prescritto da norme e leggi - che non solo impongono di non illuminare verso l’alto e di modulare la luce nel corso della notte, ma più in generale di riorganizzare l’illuminazione sia dal punto di vista estetico che di valorizzazione - il risultato potrebbe risultare anche non coerente con le attese. «Sicuramente “energeticamente risparmioso” - precisa l'ingegnere - ma con possibili problemi dal punto di vista della sicurezza, della disuniformità della luce e dell’incremento dei fenomeni di abbagliamento».
Rimane poi la questione del colore delle lampade, di cui al momento non si conoscono tutti i dettagli. A proposito di colore della luce e inquinamento, anche Fabio Falchi, esperto di inquinamento luminoso e presidente dell'associazione Cielo Buio, esprime la sua preoccupazione. «Andando ad installare LED, si tratterà in ogni caso di luce bianca, quindi ad elevato contenuto di blu, la luce con maggiori effetti sull’uomo. Anche se la scelta dovesse ricadere su LED a 3000 K e non a 4000 K - spiega - si tratta comunque di dispositivi che, rispetto al sodio ad alta pressione, inquinano il triplo per quanto riguarda gli effetti sulla produzione di melatonina, addirittura il quadruplo per i LED a 4000K. Per non aumentare l’inquinamento della parte blu dovrebbero quindi prevedere livelli di illuminazione di un quarto rispetto agli attuali oppure dovrebbero utilizzare particolari LED come i PC Amber LED».
Dal punto di vista del risparmio economico, non disponendo di dati più esaustivi, Bonata non ha particolari obiezioni sulle cifre fornite dal Comune di Milano (un taglio della spesa pubblica del 31% l'anno a partire già dal 2016 e una riduzione dei consumi energetici superiore al 51%, con un risparmio annuo di emissioni di CO2 pari a 23.650 tonnellate). L'unico dubbio riguarda l'annunciato azzeramento pressoché totale delle spese di manutenzione ordinaria, oggi pari a circa 5 milioni di euro l’anno. «La manutenzione ordinaria si ridurrà effettivamente a zero, ma solo per il fatto che l'eventuale sostituzione degli alimentatori elettronici, dispositivi che costano dieci volte più di una lampadina ma muoiono altrettanto rapidamente, è considerata manutenzione straordinaria – spiega l'esperto – Il rischio è che nel giro di tre o quattro anni ci si ritrovi a dover fronteggiare una vera e propria “moria” di questi alimentatori, con la conseguenza di affrontare costi superiori dalle 5 alle 10 volte rispetto a quelli attuali». In Italia, osserva Bonata, esistono già molti esempi illustri di situazioni analoghe e di comuni che sono tornati per il momento alle vecchie tecnologie.
«Chi si sobbarcherà questi costi? - si chiede il tecnico – Se dovesse farsene carico il Comune, la spesa legata alla manutenzione straordinaria potrebbero lievitare fino a 4 volte rispetto a quella ordinaria».