TTIP, una minaccia transatlantica
“…Un accordo la cui intenzione sarebbe di eliminare gli ostacoli al libero commercio. Tuttavia gli ostacoli al libero scambio sono le regole per la tutela dell’ambiente, della salute, dei consumatori, dei lavoratori”.Così il Premio Nobel Joseph Stiglitz sul TTIP da La Stampa dell' 08/10/2014
20 October, 2014
di Alessandro Gianni
Al di fuori di ogni controllo democratico, procede il minaccioso negoziato tra la Commissione Europea e gli Stati Uniti sulla proposta di un accordo su investimenti e commercio (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP). Lo scopo è liberalizzare il commercio e gli investimenti tra UE e USA, due blocchi economici che generano assieme oltre il 40 per cento del Pil mondiale, mentre l’interscambio commerciale e finanziario è stimato in 2,2 miliardi di dollari al giorno (circa 1,67 miliardi di euro).
Secondo il Premio Nobel Joseph Stiglitz si tratta di “…un accordo la cui intenzione sarebbe di eliminare gli ostacoli al libero commercio. Tuttavia gli ostacoli al libero scambio sono le regole per la tutela dell’ambiente, della salute, dei consumatori, dei lavoratori”. Il TTIP non è solo una minaccia quindi per le politiche ambientali in Europa ma anche per i benefici globali ad esse associati e potrebbe indebolire le future norme di tutela dell’ambiente su entrambe le sponde dell’Atlantico.
Per la Commissione Europea, questo accordo dovrebbe aumentare il Pil dell’UE di un importo annuo compreso tra i 70 e i 120 miliardi di euro l’anno (ovvero l’un per cento del Pil dell’Unione), ma l’European Environmental Bureau sottolinea giustamente che “queste stime sono il risultato di un esercizio limitato che utilizza assunzioni estremamente poco realistiche sui livelli di rimozione delle barriere non tariffarie – senza valutare i benefici di tali barriere in termini di protezione della salute pubblica, dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori”.
Greenpeace ha già documentato come il negoziato sul TTIP abbia influito negativamente sul negoziato comunitario per la Direttiva sulla qualità dei carburanti che infatti è stata da poco presentata dalla Commissione, e non prevede che i petrolieri ci dicano se il carburante che vogliono venderci deriva da fonti, come le sabbie bituminose, con enormi emissioni di gas serra. Alla faccia degli obiettivi di riduzione delle emissioni per proteggere il clima, si prevede che dagli attuali 4.000 barili al giorno, l’import europeo di petrolio da sabbie bituminose arrivi a 700.000 barili al giorno. Come aggiungere sei milioni di auto al traffico stradale europeo!
Ci sono altri dossier scottanti sul tavolo, come la questione della sicurezza alimentare, dagli OGM alle etichettature, fino al bando europeo della carne con antibiotici. Al momento manca però una discussione trasparente con le associazioni della società civile e ci sono diversi motivi di preoccupazione.
Viene ventilata, ad esempio, la proposta di un Consiglio di Cooperazione sui Regolamenti (ci facciamo dettare dagli Stati Uniti i regolamenti comunitari?) come l’idea di un sistema di conciliazione delle dispute tra Stati e imprese. La pretesa di una “approfondita cooperazione” sulle norme in settori nei quali le politiche ambientali possono essere ulteriormente indebolite e marginalizzate rispetto a quelle del commercio è inaccettabile. Corriamo il rischio di far svanire i migliori standard ambientali e sanitari, compresa l’etichettatura obbligatoria di ingredienti e sistemi di produzione, per tutte le merci. Lo stesso dicasi per le “certificazioni di origine o di qualità” legate a produzioni e territori specifici (le famose DOP, DOC ecc.) che sono un vanto del made in Italy. Potrebbe addirittura svanire l’applicazione del Principio di precauzione, previsto dal Trattato di Maastricht per tutelare la salute umana e l’ambiente. Invece dell’attuale cortina di fumo serve trasparenza e una piena approvazione parlamentare per un progetto che avrebbe così ampie ricadute in Europa e negli Stati Uniti.