Consumi e rifiuti: alcuni dati per avviare una riflessione
C'è sempre una relazione coerente tra consumi e rifiuti? In un contesto in cui si parla di contrazione generalizzata dei consumi come si spiega il fatto che in diverse città i rifiuti crescano anziché diminuire? In realtà secondo diverse fonti, i consumi segnano una leggera ripresa nel 2014, soprattutto per alcune categorie legate alla produzione di rifiuti
29 October, 2014
In un contesto in cui si parla di contrazione generalizzata dei consumi come si spiega il fatto che in diverse città i rifiuti crescano anziché diminuire? E' il caso, come abbiamo visto nelle scorse settimane, di Milano, Firenze e Pisa (ma non di Torino che, al momento, sembra mantenere un seppur contenuto calo della produzione totale di rifiuti). Ma se è vero che i consumi hanno segnato una flessione fino alla fine del 2013, non si può dire altrettanto per il 2014, almeno per alcune fonti e per quanto riguarda alcune voci strettamente legate alla produzione di rifiuti. Vediamo nel dettaglio i dati di Torino e Milano, per poi passare a quelli nazionali forniti dalla Coop.
A Torino, dalla 17° edizione dell’indagine della Camera di Commercio sulle spese di un campione di 250 famiglie torinesi, emerge che i consumi sono tornati a crescere nel 2013, registrando un +2,6% rispetto al 2012, tendenza confermata anche dai dati del primo semestre 2014. Sale la quota destinata agli alimentari, ma anche le spese legate a casa, salute e trasporti. Sono sempre meno le risorse che avanzano per le spese accessorie: l’aggregato alimentari+casa, che in questi anni è stato definito come l’insieme delle “spese irrinunciabili”, torna nuovamente a salire (+6,4%), toccando il 57% della spesa complessiva nel 2013, anche se tale quota sembra fermarsi nel primo semestre 2014, con un 56%. Nel 2008 questo dato era al 46%. La percentuale della spesa alimentare nel primo semestre 2014 (16%) è la più alta mai registrata. In generale le quote maggiori sia nel 2013, sia nel primo semestre 2014, sono destinate a carni e salumi (24% in entrambi i periodi), pane e cereali (rispettivamente 14% e 15%), latte e formaggi (15% in entrambi i periodi), dolci e drogheria (rispettivamente 11% e 12%).
Per Milano prendiamo invece in esame i dati di Unioncamere Lombardia sulle "Tendenze dell'economia locale. La rilevazione congiunturale del commercio al dettaglio", riferiti al secondo trimestre 2014. Dall'indagine emerge che le vendite del largo consumo confezionato dell’area milanese, realizzate attraverso i supermercati e gli ipermercati registrano nel secondo trimestre 2014 una stagnazione su base annua delle vendite in volume (-0,1%), mentre aumentano in percentuale quelle in valore (+1,2%) e il numero di pezzi venduti (+1,7%). Il dettaglio delle vendite per reparto della grande distribuzione, registra una ripresa per i prodotti confezionati di tipo alimentare (pasta, pane, riso, olio, zucchero, prodotti da forno, biscotti, scatolame ecc.) sia in relazione ai volumi sia al valore delle vendite (+0,9% e +5,2% rispettivamente) sia al numero di pezzi venduti (+1,7%). La stagnazione dei volumi non ha, inoltre, intaccato le performance delle vendite di bevande (acque, bibite, vini, birre) che mostrano, infatti, una continuazione della tendenza in crescita sia in rapporto ai volumi (+5,2%) sia al valore complessivo delle vendite realizzate (+4,8%) sia al numero di unità vendute (+2,2%). Analogamente, si riscontra una crescita per i prodotti afferenti al reparto del freddo (surgelati, gelati ecc.) sia in termini di quantità sia di pezzi venduti (+1,1% e +2,1% rispettivamente) sia in relazione al fatturato prodotto (+0,8%). È differente, invece, l’andamento per i prodotti del fresco confezionato: la crescita dei volumi (+1,2%) non si è riverberata in un aumento di entità apprezzabile del valore delle vendite (+0,1%). Dal lato dei reparti non alimentari, i prodotti afferenti alla cura della persona evidenziano, invece, una pesante flessione dei volumi (-2,9%), riscontrabile anche nel numero di pezzi intermediati (-1,1%), e una contrazione ancora più consistente si verifica per i valori monetari da essi generati (-3,5%). La performance negativa, soprattutto in termini di incidenza sul totale dei volumi del largo consumo confezionato (30,5% del totale) ha influenzato in misura determinante le vendite della GDO nel corso del secondo trimestre 2014. Un andamento analogo è riscontrabile per i prodotti per la cura della casa: accanto a una stagnazione sostanziale dei volumi, si è assistito a un netto ridimensionamento sia del fatturato realizzato dal reparto (-5,1%) sia del numero di pezzi venduti (-3,7%).
Ma è il "Rapporto Coop 2014 Consumi e distribuzione" a fare un quadro nazionale dei consumi degli italiani. Secondo questa ricerca la spesa per generi alimentari delle famiglie si è fermata nel 2013 a 461 euro, in lieve calo rispetto ai 468 euro del 2012. Un dato che se si considera anche l’aumento dei prezzi, rivela come le famiglie abbiano accentuato tutti quei comportamenti a tutela della qualità e del potere d’acquisto già sperimentati negli ultimi anni: lo spostamento verso beni di prezzo inferiore, il ricorso alle promozioni, il nomadismo della spesa, la riduzione degli sprechi e da ultimo anche l’utilizzo di internet per pianificare la missione d’acquisto e sfruttare al meglio tutta l’informazione social disponibile. Diminuisce le spesa per carne, bevande e persino quella per pane e cereali; cresce moderatamente la spesa per frutta e ortaggi. Continua a crescere la percentuale di famiglie che ha dovuto cambiare qualità o quantità dei generi alimentari per esigenze di risparmio (che sale dal 62,3% del 2012 al 65% nel 2013), sia quella che si reca abitualmente presso i discount (dal 12,3% del 2012 al 14,4% nel 2013). Il 2014, invece, si apre con un consolidamento del Largo Consumo Confezionato nelle Gdo italiane. Dopo un 2013 ancora in negativo, il bilancio torna di segno debolmente positivo. Nei comportamenti di acquisto persistono sobrietà, razionalità, attenzione agli sprechi: un approccio dal quale difficilmente si tornerà indietro. Con un giro d’affari di 57 miliardi di euro, la filiera del Largo Consumo Confezionato negli ultimi anni ha sofferto di una riduzione prima dei volumi e poi addirittura dei fatturati. Negli ultimi dodici mesi, invece, il fatturato della Gdo è tornato in territorio positivo mettendo a segno una variazione marginalmente superiore allo zero (+0,3%). Ancora in calo le quantità vendute, a segnalare che, nonostante un piccolo miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie, i consumatori hanno maturato un approccio alla spesa alimentare che risulta strutturalmente votato ad una maggiore prudenza. In linea con gli andamenti recenti, le performance intra canale mostrano andamenti sensibilmente differenziati: a marcare i risultati più favorevoli sono i superstore, che riescono efficacemente ad intercettare le esigenze dei consumatori coniugando ampiezza di assortimento e servizio di prossimità (+4,5%), ed i discount (+4,7%), che grazie al più basso livello dei prezzi e all’ampliamento dell’offerta, si impongono all’attenzione dei consumatori che puntano al risparmio. Sopravvive la tendenza a privilegiare prodotti che garantiscano praticità all’acquisto, facilità di conservazione e minimizzazione degli sprechi: sono tratti che spiegano le performance in crescita di carni, pesci e salumi offerti nei banchi e nelle confezioni a peso imposto. Contrariamente a quanto registrato a Milano da Unioncamere, cedono a livello nazionale ulteriori posizioni i surgelati (-1,8% e -0,2% rispettivamente per i volumi di carne e pesce surgelati). Le famiglie tornano a concedersi qualche piccolo peccato (risultati apprezzabili per dolci, snack, prodotti di pasticceria), ma sono più rigorose, ad esempio, nei confronti delle bevande, sia quelle alcoliche, come vini, aperitivi e distillati, sia le analcoliche, acqua, cole e succhi di frutta.