Giornata mondiale dell'alimentazione. Wwf: "Il cibo è la prima causa di emissioni gas serra"
Il 35% delle emissioni globali di anidride carbonica, metano e protossido di azoto, deriva dalla produzione alimentare a sua volta minacciata dal surriscaldamento del Pianeta favorito dai gas serra
16 October, 2015
(ansa ambiente)
La produzione alimentare è la prima causa delle emissioni di gas a
effetto serra, rappresentando il 35% delle emissioni globali di anidride
carbonica, metano e protossido di azoto, mentre il surriscaldamento del
Pianeta favorito dai gas serra minaccia proprio la produzione
alimentare. A dipingere l'immagine di un serpente che si morde la coda
per descrivere il circolo vizioso che lega il cibo al cambiamento
climatico è il Wwf, in occasione della Giornata mondiale
dell'alimentazione che ricorre il 16 ottobre.
Nel nuovo report
"Il clima nel piatto", il Wwf ricorda che, secondo l'International Food
Policy Research Institute, per il solo effetto del cambiamento climatico
sulle produzioni il numero globale di persone che soffre la fame
potrebbe aumentare del 20% entro il 2050, con incrementi del 65%
nell'Africa subsahariana. La lotta contro la fame, avverte
l'associazione, tornerà indietro di decenni a causa dei cambiamenti
climatici se non si interviene urgentemente. Rispetto a un mondo senza
alterazioni del clima, nel 2050 potrebbero esserci 25 milioni in più di
bambini malnutriti di età inferiore ai 5 anni. Nel report si evidenziano
le responsabilità dei consumi legati al cibo, soprattutto quello di
carne, visto che dalla zootecnia proviene il 18% delle emissioni globali
di gas serra. Il consumo di carne è in crescita in tutto il mondo: in
Italia è passato dai 31 kg all'anno pro capite del 1961 a 90 kg nel
2011, mentre il maggiore consumatore mondiale è la Cina con 71 milioni
di tonnellate nel 2012. Su questo fronte il Wwf ha stilato un decalogo
dell'alimentazione "salvaclima", che va dall'acquisto di prodotti locali
alla riduzione degli sprechi. Oltre ai consumatori - sottolinea
l'associazione - devono però intervenire i governi, incentivando anche
fiscalmente il passaggio dagli attuali sistemi di produzione alimentare,
con un alto consumo di risorse naturali, all'agroecologia e alla pesca
sostenibile.