The Urban Death Project: l'impianto di compostaggio umano
Katrina Spade, una giovane architetta di Seattle, ha lanciato l'Urban Death Project: un luogo per il compostaggio umano che mira a sposare la sostenibilità ambientale con il rituale e il simbolismo del lutto
31 October, 2015
Che i cimiteri urbani siano sempre in espansione e richiedano sempre più spazi non è una novità. Da quando è stato emanato l'editto di Saint Cloud, il mercato immobiliare dei loculi non è mai entrato in crisi. Le soluzioni che nei secoli le città e le metropoli hanno adottato per far fronte alla continua e incessante richiesta di spazi, sono state sempre problematiche e travagliate.
L'ultima genialata, chiamiamola così, è stata quella del “Cimitero verticale”. L'idea, made in Verona, prevedeva la costruzione di un grattacielo da adibire a cimitero. Una idea semplice che avrebbe risolto per sempre, assicuravano dagli uffici del comune scaligero, i problemi di spazio creati dal caro estinto. L'idea è fortunatamente tramontata, ma il problema resta e ha bisogno di una soluzione seria, perché se è vero che in pochi decenni la popolazione umana supererà i 9 miliardi e i flussi migratori dalle campagne alle città continueranno a rimanere sostenuti, entro pochi anni i cimiteri diventeranno più grandi delle città stesse (o quasi).
La svolta arriva dagli Stati Uniti ma non è la classica americanata, come poteva esserlo quella veronese. Infatti la soluzione a stelle e strisce è semplice e a impatto zero. Non ci sarà più bisogno di espandere le aree di competenza cimiteriale, di costruire palazzine sempre più grandi nei cimiteri dove sistemare loculi per ossari sempre più ingombranti, o strane pratiche come la “sfossatura”, ossia disseppellire i morti dopo dieci anni per infilare quel che resta in piccoli loculi, così da far spazio -sotto terra- ai nuovi arrivati. Dimenticate tutto ciò.
L'idea arriva da Katrina Spade, una giovane architetta di Seattle, che ha proposto un impianto per il compostaggio umano. Nulla di più semplice. Gli scienziati di tutto il mondo concordano sul fatto che gli esseri umani possono essere compostati. Nello Stato di Washington un terzo delle aziende lattiero-casearie produce e vende compost da cadaveri animali. Altro esempio è quello che accade agli animali deceduti sulle strade, dove in alcuni stati (sempre negli Stati Uniti) vengono raccolti e ammassati in un unico luogo in attesa che si decompongano e diventino compost (Composting Road Kill).
Invece l'idea di un impianto di compostaggio umano sta attirando l'interesse di ambientalisti e scienziati, e Katrina, convinta della bontà del suo progetto, ha lanciato l'Urban Death Project, un luogo per il compostaggio umano che mira a sposare l'efficienza di questo processo biologico con il rituale e il simbolismo del lutto.
Il processo è
sorprendentemente semplice: metti in un posto del materiale ricco
di azoto (animali o esseri umani morti), lo copri con materiale ricco
di carbonio (segatura e trucioli di legno), una regolata all'umidità
e all'azoto, e l'attività microbica si avvia in automatico.
I
batteri rilasceranno enzimi che degraderanno i tessuti mentre le
molecole ricche di azoto si legheranno con quelle ricche di carbonio.
La temperatura salirà fino a 60°C uccidendo gli agenti patogeni più
comuni e il gioco è fatto. Il risultato è una sostanza simile al
terreno, forse con qualche ossicino, ma ricchissima di sostanze
nutritive.
Il processo non è immediato, come qualsiasi compostiera che si rispetti ci vuole del tempo; dopo qualche mese di pazienza i familiari del defunto riceveranno un sacco di terriccio (circa un metro cubo) dal quale far nascere nuova vita.
Gli ostacoli che l'Urban Death Project dovrà affrontare saranno tutti di natura etica. Forse durante il dibattito vedremo la nascita di un nuovo carme Dei Sepolcri, ma dal punto di vista ambientale è una rivoluzione. Basta soffermarsi su alcuni dati per comprendere come le attuale metodologie di sepoltura non siano sostenibili. Solo negli Stati Uniti il bilancio annuale dei materiali sepolti nei cimiteri è di circa 71.000 metri cubi di legno, 100.000 tonnellate di acciaio, 1,6 milioni di tonnellate di cemento armato e più di 2,8 milioni di litri di fluido da imbalsamazione (considerato cancerogeno e altamente inquinante per le falde). Ci sarebbe la cremazione, sicuramente più economica della cerimonia tradizionale, ma solo negli Stati Uniti ogni anno produce circa 271 milioni di tonnellate di anidride carbonica, l'equivalente delle emissioni annue di oltre 70.000 automobili.
Foto
di Ryamon Severt